LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso gli uffici dell’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è
rappresentata e difesa;
– ricorrente –
contro
PROCOGE s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via della Mercede n. 11 presso lo studio dell’Avv. Luigi Ragno e rappresentata e difesa, per procura a margine del ricorso con ricorso incidentale, dall’Avv. Gianfilippo Ceccio;
– controricorrente – ricorrente incidentale –
per la cassazione della sentenza n. 2511/2/14 della Commissione tributaria regionale della Sicilia-Sezione staccata di Messina, depositata in data 8 agosto 2014;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 23 giugno 2021 dal relatore Cons. Crucitti Roberta.
RILEVATO
che:
nella controversia originata dall’impugnazione da parte della PROCOGE s.p.a. dell’avviso di accertamento, con il quale si contestava l’omessa contabilizzazione di rimanenze finali tra i componenti positivi di reddito e l’indebita deduzione di costi ai fini dell’IRES, dell’IRAP e dell’IVA dell’anno di imposta 2005, la Commissione tributaria regionale della Sicilia-sezione distaccata di Messina (d’ora in poi, per brevità, C.T.R.), con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale accoglimento dell’appello proposto dalla Società e rigettando quello proposto dall’Agenzia delle entrate, confermava la decisione di primo grado (che aveva, in parziale accoglimento del ricorso, annullato i rilievi relativi al reddito non dichiarato relativo al contratto “cantiere ex Feltrinelli” e all’indeducibilità dei costi portati da sette fatture), ad eccezione dell’iva relativa alla fattura n. 67/2005 che dichiarava non dovuta.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso, affidandolo a quattro motivi, l’Agenzia delle Entrate.
PROCOGE S.p.A. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, su unico motivo, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Il ricorso è stato avviato, ai sensi dell’art. 380 bis-1 c.p.c. alla trattazione in Camera di Consiglio.
RILEVATO
che:
1. Con il primo motivo del ricorso principale, l’Agenzia delle entrate denuncia la sentenza impugnata di nullità per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. In particolare, con riferimento all’annullamento del recupero di reddito non dichiarato, relativo al contratto “ex Feltrinelli”, la ricorrente deduce come la C.T.R. abbia fornito una motivazione contraddittoria e priva dell’esposizione delle ragioni per le quali i riepiloghi della produzione e dei costi dei cantieri, esibiti e confermati (essendo da essi redatti) dai tecnici della Società nella fase iniziale della verifica ai verbalizzanti fossero stati privati di qualsiasi attendibilità.
1.1 La censura è infondata. Dalla lettura della sentenza impugnata emergono chiaramente le ragioni, date da riscontri oggettivi diversi per i due cantieri e doviziosamente argomentate, che hanno determinato il Giudice di appello ad una diversa valutazione degli elementi probatori ad esso offerti rispetto ai due cantieri. Non sussiste, pertanto, né contraddittorietà né mancanza di motivazione, risolvendosi in definitiva il mezzo di impugnazione, sotto quest’ultimo profilo, nella richiesta di inammissibile rivalutazione dei fatti come accertati dal Giudice di merito.
2. Con il secondo motivo – rubricato: violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 93, nonché con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente principale evidenzia l’errore in cui sarebbe incorsa la C.T.R. nel condividere integralmente il ragionamento operato dai consulenti del G.I.P. presso il Tribunale di Messina, i quali avevano escluso l’evasione di imposta, rilevando che l’eventuale sottovalutazione delle rimanenze non dava luogo a sottrazione di imponibile senza avvedersi che, nella specie, dette conclusioni, valevoli a escludere il reato di evasione fiscale non valevano ad escludere la violazione del TUIR, art. 93 e, più, in generale la violazione dei principi inderogabili in materia di reddito di impresa, relativi all’imputazione temporale degli elementi positivi e negativi del reddito.
2.1 La censura è inammissibile. In primo luogo, va rilevato che, ove il motivo fosse rivolto al capo di sentenza con il quale è stato annullato il rilievo concernente i lavori “cantiere ex Feltrinelli”, dal rigetto del primo motivo conseguirebbe anche il rigetto di questo motivo di censura. Ancor prima, però, deve rilevarsi l’assoluta carenza di specificità laddove non vengono riportate le argomentazioni con le quali la C.T.R. avrebbe perpetrato le dedotte violazioni di legge. Al contrario, anzi, va rilevato che la C.T.R. (pagg.14 e 15 della sentenza impugnata) ha rigettato il corrispondente motivo di appello della Società espressamente affermando che la preventiva richiesta di autorizzazione all’Agenzia delle Entrate è sancita come obbligatoria dalla legge e la diversa contabilizzazione comporta non solo lo spostamento nel tempo dei ricavi che così rischiano di sfuggire alla tassazione, ma non consente all’Agenzia di esercitare il controllo sui contribuenti. A completamento di ciò si deve rilevare che il contribuente per quanto formalmente richiesto dai militari verbalizzanti, durante la verifica, non ha mai esibito il relativo prospetto relativo a ciascuna opera pluriennale che il contribuente aveva l’obbligo di istituire e conservare.
3. Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, lamentandosi, con riferimento alla conferma della sentenza di primo grado, in ordine all’annullamento di alcuni costi indebitamente dedotti, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Secondo la prospettazione difensiva, infatti, il Giudice di appello non aveva speso alcuna parola in ordine ai circostanziati motivi di appello con i quali si chiedeva, evidenziato l’errore in cui era incorsa la CTP, la conferma del recupero a tassazione di vari costi indebitamente dedotti.
3.1. La censura è fondata. La C.T.R. ha del tutto omesso di valutare, non esplicitando le ragioni dell’implicito rigetto, le specifiche deduzioni prospettate dall’Agenzia in ordine alla indeducibilità di costi non riconoscibili, attesa la mancanza dei necessari prospetti di cui al disposto del TUIR, art. 93, e dell’erroneo inserimento degli acconti di natura finanziaria tra i componenti negativi di reddito.
4. Con il quarto motivo -rubricato: violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 93 e 109, nonché con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente si evidenzia come, in ogni caso, l’annullamento del recupero dei superiori costi, operato dalla C.T.P. e confermato dalla C.T.R., era in ogni caso errato perché fondato su motivazione attinente all’IVA, mentre il recupero era stato effettuato ai fini delle imposte dirette. Trattandosi di pagamenti eseguiti dalla società a titolo di acconto o anticipazione, gli stessi non potevano concorrere, ai sensi delle norme invocate, alla formazione del reddito di esercizio, costituendo una semplice movimentazione finanziaria fino a quando la prestazione non fosse stata ultimata e fosse stato corrisposto il saldo.
4.1 L’esame del mezzo di impugnazione è assorbito dall’accoglimento del terzo motivo.
5. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, la Società deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4. La Società, premesso che, con riferimento agli elementi di reddito non dichiarati, i verificatori prima e l’Ufficio, poi, avevano posto a base dell’accertamento dei “riepiloghi della produzione e dei costi dei cantieri” reperiti in loco ritenuti attendibili perché confermati da informazioni assunte da dipendenti del settore tecnico della PROCOGE s.r.l., deduce l’inutilizzabilità di tali dichiarazioni, in primo luogo, non essendo ammessa nel processo tributario la prova testimoniale, assumendo le stesse solo valore di mero indizio; in secondo luogo perché “specificate” o meglio rettificate dagli stessi dichiaranti in una successiva relazione esibita ai verificatori. Contesta, infine, il giudizio di attendibilità dato dai verificatori ai “riepiloghi” in quanto smentito dalle risultanze della consulenza tecnica disposta dal GIP del Tribunale di Messina.
5.1.La censura è inammissibile. Per consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 16700 del 05/08/2020, Cass. n. 24298 del 2016) il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione. Tale principio è stato, di recente, ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 23745 del 28/10/2020: “In tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa”.
5.2 Nel caso in esame, nell’illustrazione del mezzo, che peraltro si dilunga anche su una questione diversa da quella indicata in rubrica con riferimento alla norma ivi indicata, ovvero l’inutilizzabilità dei riepiloghi, non viene mai riportata l’argomentazione del Giudice di appello che avrebbe comportato la dedotta violazione di legge.
6. In conclusione, in accoglimento del solo terzo motivo del ricorso principale, assorbito il quarto e rigettati gli altri e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata, nei limiti del motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, che regolerà le spese del giudizio di legittimità.
PQM
Accoglie il terzo motivo del ricorso principale, assorbito il quarto e rigettati gli altri.
Dichiara inammissibile il ricorso incidentale.
Cassa, nei limiti del motivo accolto, la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia-sezione di Messina, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 23 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2021