Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.23001 del 17/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9502/2015 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ F. SNC DI F.A. & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché F.M., C.I., F.A. e FE.MA., rappresentati e difesi dall’avv. SABINA CICCOTTI, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Lucrezio Caro n. 62, giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1566/26/14 della Commissione tributaria regionale del Veneto, depositata in data 13 ottobre 2014;

udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 5 luglio 2021 dal Consigliere Fraulini Paolo.

RILEVATO

che:

1. La Commissione tributaria regionale del Veneto, in riforma della decisione di primo grado, ha accolto l’impugnazione proposta dalla Società F. s.n.c. di F.A. & C., nonché dei soci F.M., C.I., F.A. e Fe.Ma. avverso gli avvisi di accertamento n. T6501GV03979/2011, T6501GV03980/2011, T6501GV03981/2011, T6501GV03982/2011 e T6501GV03983/2011, contenenti ripresa a tassazione di maggiori ricavi non dichiarati dalla società a fini Irap e Iva, estesi per trasparenza ai soci a fini Irpef, in relazione all’anno di imposta 2006.

2. Ha rilevato il giudice di appello come il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, che prevede il novero dei poteri presuntivi riconosciuti all’erario in tema di verifiche fiscali, andava nella fattispecie necessariamente coordinato con il citato D.P.R., art. 39, comma 2, che onera l’amministrazione di fornire riscontri assai più precisi e concordanti, vieppiù in una fattispecie in cui gli studi di settore risultavano rispettati, atteso che le somme accertate non superavano il 40% del reddito dichiarato dalla società.

3. Per la cassazione della citata sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso affidato a un motivo, resistito dalla Società F. s.n.c. di F.A. & C., nonché dai soci F.M., C.I., F.A. e Fe.Ma. con controricorso.

CONSIDERATO

che:

1. Il ricorso lamenta: “1. Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 146 del 1998, art. 10 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, deducendo l’erroneità della sentenza laddove ha ritenuto preclusa la possibilità di esperire l’accertamento per effetto della congruità dello studio di settore.

2. I controricorrenti eccepiscono l’inammissibilità dell’avversa impugnazione, di cui chiedono comunque il rigetto.

3. Il ricorso è fondato e va accolto.

4. L’accertamento impugnato scaturisce pacificamente da indagini bancarie. A tale tipologia di accertamento, contrariamente a quanto sostenuto dalla sentenza impugnata, non si applica il disposto di cui alla L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 4-bis, che riguarda solo ed esclusivamente gli accertamenti di tipo analitico-induttivo, estranei al caso di specie (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 17990 del 04/07/2019, in motivazione). Tanto si deduce dalla chiara lettera del comma 4-bis, che prevedeva prima della sua abrogazione nel 2011 – che “le rettifiche sulla base di presunzioni semplici di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), e al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2, ultimo periodo, non possono essere effettuate nei confronti dei contribuenti che dichiarino, anche per effetto dell’adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori al livello della congruità, ai fini dell’applicazione degli studi di settore di cui al D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, tenuto altresì conto dei valori di coerenza risultanti dagli specifici indicatori, di cui alla presente L., art. 10-bis, comma 2, qualora l’ammontare delle attività non dichiarate, con un massimo di Euro 50.000,00, sia pari o inferiore al 40% dei ricavi o compensi dichiarati”. L’univoco ed esclusivo riferimento alle presunzioni semplici di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), esclude che la norma, di stretta interpretazione come tutte quelle nella materia tributaria, possa trovare applicazione a ipotesi non previste, quale quella in esame, ove l’accertamento si fonda su indagini bancarie sui conti correnti della società e su un’omessa fatturazione ai fini delle imposte indirette.

5. La sentenza va, pertanto, cassata, e le parti rinviate innanzi alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, che provvederà, altresì, alla regolazione delle spese della presente fase di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza; rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese della presente fase di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2021

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