LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15735/2020 proposto da:
Y.A., rappresentato e difeso dall’avvocato Monica Castiglioni, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso l’avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 729/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 25/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/04/2021 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 729/2020 depositata il 25-2-2020, la Corte d’appello di Venezia ha rigettato l’appello proposto da Y.A., cittadino del *****, avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia che, a seguito di rituale impugnazione del provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva respinto le sue domande di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il richiedente riferiva di essere fuggito dal suo Paese per timore di essere incarcerato in quanto ingiustamente accusato di aver commesso un omicidio. La Corte territoriale ha ritenuto non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente e che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione del *****, descritta nella sentenza impugnata con indicazione delle fonti di conoscenza.
2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente denuncia, con entrambi i motivi, sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la nullità del decreto (rectius sentenza) per omessa e contraddittoria motivazione, in relazione al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, per non avere la Corte di merito applicato i criteri legali e non aver svolto istruttoria ufficiosa, ad esempio sulla corruzione della Polizia nel suo Paese, al fine di verificare l’attendibilità del narrato, e per non avere la Corte d’appello indicato gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento, oppure per avere rimarcato contraddizioni e incongruenze, circa l’avvenuta scarcerazione su pagamento della cauzioni da parte del nonno, che erano, invece, insussistenti.
2. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono in parte manifestamente infondati e in parte inammissibili.
2.1. Le censure sono manifestamente infondate nella parte in cui riguardano il vizio di motivazione omessa e di omesso esame di fatti decisivi. La Corte di merito ha espresso il proprio convincimento sul giudizio di credibilità con motivazione adeguata e senz’altro superiore al “minimo costituzionale” (pag. n. 7 sentenza impugnata; cfr.Cass. S.U. 8053/2014). Inoltre tutti i fatti allegati sono stati esaminati compiutamente, anche quello relativo alla scarcerazione del richiedente dopo il pagamento della cauzione da parte di suo nonno.
Il percorso logico della motivazione è chiaramente comprensibile e non ricorre la denunciata violazione dei parametri di legge. Infatti, secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intendere dare continuità, il giudice del merito, nel valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, in base ai parametri dettati dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, lett. c), deve attenersi anche a comuni canoni di ragionevolezza e a criteri generali di ordine presuntivo, non essendo di per sé solo sufficiente a fondare il giudizio di credibilità il fatto che la vicenda narrata sia circostanziata. L’art. 3 citato, infatti, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (da ultimo Cass. n. 21142/2019; Cass. n. 20580/2019). La suddetta verifica, in quanto costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, è sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e detto vizio non ricorre nella specie, per le considerazioni già esposte.
Inoltre, una volta accertata dai Giudici di merito l’inattendibilità della vicenda dedotta come ragione causativa del rischio di danno grave ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b), non vi è ragione di attivare il dovere di cooperazione istruttoria ufficiosa, neppure in ordine alla protezione delle Autorità statali (tra le tante Cass. n. 3340/2019 e Cass. n. 27336/2018).
2.2. Le censure sono inammissibili nella parte in cui concernono la valutazione degli elementi istruttori acquisiti, sempre in ordine al pagamento della cauzione da parte del nonno, che, tra l’altro, è solo uno dei dati richiamati dalla Corte d’appello a supporto del convincimento di inattendibilità del narrato, e ciò in quanto si risolve in una sostanziale richiesta di rivisitazione del merito.
3. Nulla deve disporsi circa le spese di lite del presente giudizio, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 29 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2021