LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21281/2020 proposto da:
M.E., difeso e rappresentato dall’avv. Clementina Di Rosa, domiciliato presso la Cancelleria della I sezione civile della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso la sentenza n. 838/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 05/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/05/2021 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza depositata il 5.3.2020, ha dichiarato inammissibile per tardività l’appello proposto da M.E., cittadino del *****, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.
E’ stato evidenziato dal giudice d’appello che, come risultava dal verbale di causa dell’udienza del 10.12.2018, celebrata nel giudizio di primo grado, il provvedimento del Tribunale di Venezia era stato pubblicato mediante lettura in udienza, e, come tale, doveva ritenersi “comunicato” ai sensi degli artt. 134 e 176 c.p.c. Ne conseguiva che, decorrendo il termine per l’impugnazione proprio dal giorno in cui l’ordinanza resa in udienza era stata inserita nel verbale, l’appello depositato in data 11.1.2019 doveva ritenersi tardivo. Ne’, peraltro, la successiva comunicazione dello stesso provvedimento da parte della cancelleria valeva a determinare un differimento del termine per l’impugnazione, trattandosi di adempimento ulteriore non necessario.
Ha proposto ricorso per cassazione M.E. affidandolo a cinque motivi. Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 702 c.p.c. e dell’art. 176 c.p.c..
Il ricorrente – come già aveva fatto la Corte d’Appello – ha, in primo luogo, menzionato il principio di diritto enunciato da questa Corte, secondo cui, in caso di ordinanza ex art. 702 c.p.c. pronunciata in udienza o inserita nel verbale, il termine per proporre impugnazione decorre dalla stessa pronuncia, equivalendo a “comunicazione ex artt. 134 e 176 c.p.c. (Cass. n. 22241/2019), con la conseguenza che, ove l’ordinanza sia pronunciata fuori udienza, la cancelleria deve provvedere alla comunicazione.
In secondo luogo, il ricorrente ha dedotto che l’ordinanza del giudice di primo grado è stata comunicata al precedente difensore con p.e.c. di cancelleria in data 13.12.2018, con conseguente tempestività dell’appello proposto entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione della predetta ordinanza.
2. Il motivo è inammissibile.
In primis, va osservato che l’affermazione della Corte d’Appello secondo cui il provvedimento di primo grado è stato pubblicato mediante lettura in udienza (con conseguente presunzione di conoscenza dello stesso a norma dell’art. 176 c.p.c., comma 2), non è stata specificamente censurata dal ricorrente.
In ogni caso, al cospetto dell’assunto della Corte d’Appello secondo cui dalla lettura del verbale dell’udienza 10.12.2018, celebrata nel giudizio di primo grado, il provvedimento del Tribunale di Venezia risultava pubblicato mediante lettura in udienza, il ricorrente – se avesse contestato tale affermazione – avrebbe comunque dovuto non limitarsi alla mera contestazione di tale affermazione, ma provvedere a trascrivere nel ricorso il verbale della predetta udienza del 10.12.2018, onde consentire a questa Corte di cogliere la portata ed il significato di tale censura, senza dover procedere all’immediato esame degli atti del giudizio di primo grado.
In proposito, va osservato che, come anche recentemente affermato da questa Corte (vedi Cass. n. 23834 del 25/09/2019), in tema di ricorso per cassazione, l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla Suprema Corte, ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell'”iter” processuale senza compiere generali verifiche degli atti.
Come detto, il ricorrente non ha adempiuto a tale onere di allegazione.
3. Gli altri motivi del ricorso concernenti il merito, con cui era stata denunciata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3,5,6,7,8,2 e 14 (secondo motivo), D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 (terzo motivo), D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1 bis (quarto motivo), l’omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (quinto motivo), sono assorbiti.
Non si liquidano le spese di lite, non avendo il Ministero svolto difese.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 12 maggio 2020.
Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2021