Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.2303 del 02/02/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1982-2019 proposto da:

AT TRANSPORT SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ANGELO CURCIULLO;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ REALE MUTUA DI ASSICURAZIONI, CURATELA FALLIMENTO *****

SRL;

– intimate –

avverso la sentenza n. 2466/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 22/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI MARZIO.

RILEVATO

Che:

1. – ***** S.r.l. ricorre per sette – parrebbe – mezzi, nei confronti di Società Reale Mutua di Assicurazioni e Fallimento ***** S.r.l., contro la sentenza del 22 novembre 2018 con cui la Corte d’appello di Catania ha respinto il reclamo dell’odierna ricorrente avverso la sentenza dichiarativa di fallimento.

2. – Non spiegano difese gli intimati.

CONSIDERATO

Che:

3. – Il primo mezzo è rubricato: “Violazione degli artt. 77 e 100 c.p.c. – della legitimatio ad processum – Della inammissibilità/improcedibilità del ricorso per la dichiarazione di fallimento”, censurando la sentenza impugnata per aver erroneamente ritenuto valida la procura alle liti rilasciata per il ricorso per dichiarazione di fallimento da Società Reale Mutua di Assicurazioni.

Il secondo mezzo, non numerato, è rubricato: “Della violazione dell’art. 163 c.p.c. – Della nullità del ricorso introduttivo del procedimento di primo grado Della nullità della procura alle liti”, censurando la sentenza impugnata per non aver rilevato la nullità del ricorso per dichiarazione di fallimento a cagione della mancata indicazione dell’organo o dell’ufficio che aveva la rappresentanza in giudizio della Società Reale Mutua di Assicurazioni.

Il terzo mezzo è rubricato: “Della illegittimità della sentenza per la violazione del divieto di indagini d’ufficio e del dovere di terzi età del giudice”, censurando la sentenza impugnata, parrebbe, per avere chiesto informazioni in esito alle quali Riscossione Sicilia aveva comunicato di aver iscritto a ruolo la somma di 3.006.469,02.

Il quarto mezzo è rubricato: “Della inesistenza/nullità della notificazione del ricorso per la dichiarazione di fallimento e del decreto di convocazione del debitore”, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto valida la notificazione menzionata in rubrica, che, secondo la ricorrente, avrebbe dovuto essere eseguita nel rispetto della previsione dell’art. 145 c.p.c..

Vi è quindi una successiva rubrica, “Del contrasto con la norma costituzionale di cui agli artt. 3,24 e 41 Cost.”, che sembrerebbe introdurre un ulteriore censura avente ad oggetto la “dubbia costituzionalità” dell’art. 15 L. Fall..

Il sesto mezzo è rubricato: “Della inesistenza della notificazione del precetto in rinnovazione”, ed è riferito al precetto di pagamento della somma portata da un decreto ingiuntivo posto poi a base del ricorso per dichiarazione di fallimento.

Il settimo mezzo è rubricato: “Della insussistenza del debito o della mancanza di prova”, censurando la sentenza impugnata per aver omesso di accertare l’effettiva sussistenza del credito allegato da Riscossione Sicilia S.p.A..

Ritenuto che:

4. – Il ricorso è inammissibile.

4.1. – L inammissibile il primo motivo, che si può presumere spiegato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, sebbene la ricorrente non si sia fatta carico di individuare la previsione normativa invocata, quantunque ciò sia espressamente richiesto dall’art. 366 c.p.c., n. 4.

A fronte dell’eccezione di invalidità della procura alle liti perchè depositatà da persona fisica che non risultava titolare del relativo potere, la Corte d’appello ha osservato che “la creditrice reclamata ha depositato l’atto notarile del 25 maggio 2012 con cui è stata conferita, per i rapporti in questa sede rilevanti, la rappresentanza sostanziale e processuale della Reale Mutua di Assicurazioni a P.R., firmatario della procura ad litem di cui si discute. Deve, pertanto, ritenersi sussistente in capo a quest’ultimo la legittimazione processuale con conseguente potere di conferimento, in nome della società rappresentata, della procura alle liti”.

A ciò la società ricorrente ha replicato che “gli atti comprovano che al smetto firmatario della procura alle liti, non soltanto non è stata conferita la rappresentanza sostanziale in relazione al rapporto di causa, estraneo al settore di cui è direttore il Dott. P. che ha rilasciato la procura, ma, addirittura, comprova che quest’ultimo in relazione alla, fattispecie non ha neppure la rappresentanza processuale”.

Ora, una simile censura non è idonea a sostenere la denuncia di vizio di attività in essa contenuta.

Sarebbe occorso, difatti, che la ricorrente anzitutto spiegasse a quali atti abbia inteso riferirsi e quindi chiarisse perchè mai in tali atti, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’appello, non potesse individuarsi il conferimento al P. dei poteri sostanziali e processuali concernenti il rapporto in discorso.

Di guisa che, in definitiva, il motivo è totalmente generico.

4.2. – E’ inammissibile il secondo motivo.

Dalla sentenza impugnata emerge che la ricorrente aveva lamentato non già la nullità della citazione introduttiva del giudizio di primo grado per mancata indicazione del requisito di cui all’art. 163 c.p.c., comma 3, n. 2, bensì semplicemente la nullità della procura perchè conferita da persona fisica non titolare dei relativi poteri.

Sicchè trova applicazione il principio secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675).

Le indicazioni richieste nel caso di specie sono totalmente mancanti.

4.3. – inammissibile il terzo motivo ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1.

La decisione di merito è difatti conforme al principio secondo cui: “il limite di fallibilità di cui all’art. 15 L. Fall., comma 9, nell’esigere che alla data di decisione sull’istanza di fallimento consti un’esposizione debitoria complessiva superiore ad Euro trentamila, è finalizzato ad esentare dal concorso le crisi d’impresa di modeste dimensioni oggettive, e si configura alla stregua di condizione per la declaratoria fallimentare e non già quale fatto impeditivo, sicchè non è oggetto di un onere probatorio posto a carico del fallendo ex art. 2697 c.c., comma 2, dovendo il superamento del limite, piuttosto, essere riscontrato d’ufficio dal tribunale sulla base degli atti dell’istruttoria prefallimentare” (Cass. 25 giugno 2018, n. 16683).

4.4. – E’ inammissibile il quarto motivo.

Non riesce difatti esattamente ad intendersi dalla sua lettura in che cosa la notifica del ricorso per la dichiarazione di fallimento e del decreto di convocazione del debitore sarebbe stato afflitta da nullità, se non addirittura inesistenza: par di comprendere che la ricorrente si dolga del fatto che l’ufficiale giudiziario, in mancanza di notificazione via Pec, una volta tentata senza successo la notificazione presso la sede legale, trovata chiusa, ed avere effettuato il deposito presso la casa comunale, avrebbe effettuato il deposito “senza provvedere ad alcun avviso dall’avvenuto deposito alla debitrice convocata”.

Ma se così è la censura è totalmente fuori centro, tenuto conto della considerazione che l’art. 15 L. Fall. non prevede tale adempimento. Ed in definitiva la ricorrente ha invocato una previsione normativa che non c’è.

4.5. – E’ inammissibile il quinto motivo.

La ricorrente non spiega in qual modo l’art. 15 L. Fall. si porrebbe in contrasto con le norme costituzionali richiamate e tantomeno si fa carico di contrastare il giudizio della Corte costituzionale che ha giudicato costituzionalmente legittima la notifica presso la casa comunale (Corte Cost. 16 giugno 2016, n. 146).

4.6. – E’ inammissibile il sesto motivo.

Ivi si discorre dell’invalidità della notificazione di un precetto per ragioni che emergerebbero da non meglio identificati “atti di causa”.

Il motivo è perciò generico e non autosufficiente.

4.7. – E’ inammissibile il settimo motivo.

Non è difatti censurata la ratio decidendi secondo cui “in sede di reclamo, la debitrice, ai fini della valutazione della sussistenza dei presupposti del fallimento, avrebbe dovuto dedurre (provare) l’insussistenza dei debiti iscritti a ruolo da Riscossione Sicilia S.p.A.” (così a pag. 6 della sentenza impugnata).

5. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, dando atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2021

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