Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.23030 del 17/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 18015-2020 r.g. proposto da:

I.E., alias I.E. (cod. fisc. *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Ivana Calcopietro, presso il cui studio è

elettivamente domiciliato in Reggio Calabria, Via Reggio Campi Rione A;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro, depositata in data 21.10.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6/7/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

RILEVATO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto da H.E. alias I.E., cittadino della Nigeria, nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 18 maggio 2018 dal Tribunale di Catanzaro, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato e vissuto in *****, a *****; ii) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese per questioni legate a contese ereditarie con il fratello e per ragioni economiche e lavorative.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sub D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a e b, in ragione dell’estraneità delle ragioni allegate al paradigma applicativo dell’invocata protezione internazionale, avendo in realtà riferito il richiedente di essersi trasferito per ragioni di difficoltà economica e per il disagio psicologico legato alla notizia di non essere figlio biologico dei suoi genitori; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito all'*****, stato ***** di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che non esisteva in ***** una situazione di emergenza sanitaria né la compromissione dei diritti fondamentali.

2. La sentenza, pubblicata il 21.10.2019, è stata impugnata da H.E. alias I.E. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 14 e 17 e nullità della sentenza per omessa pronuncia, difetto di istruttoria e falsa motivazione. Si evidenzia che le fonti di informazioni consultate dalla corte di appello – per le valutazioni in ordine al grado di pericolosità interna della ***** D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c – non erano aggiornate, risalendo – in un caso – al mese di marzo 2016, e comunque non riportavano, l’indicazione temporale del loro aggiornamento, così impedendo un corretto esercizio del potere di cooperazione istruttoria previsto dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 8, comma 3.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, dell’art. 115 c.p.c., del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, e del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 14 e 17 sempre in relazione al diniego della richiesta protezione sussidiaria e al mancato aggiornamento delle fonti consultate.

2.1 I primi due motivi – da trattarsi congiuntamente, riguardando la medesima doglianza – sono in realtà fondati.

Sul punto, la giurisprudenza espressa da questa Corte ha precisato che – in tema di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c – una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice è tenuto, a prescindere dalla valutazione di credibilità delle sue dichiarazioni, a cooperare all’accertamento della situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri officiosi di indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate, le cui fonti dovranno essere specificatamente indicate nel provvedimento, al fine di comprovare il pieno adempimento dell’onere di cooperazione istruttoria (Sez. 3, Ordinanza n. 262 del 12/01/2021; cfr. anche: Sez. 2, Ordinanza n. 9230 del 20/05/2020, secondo cui expressis verbis “Nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche, di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione; il giudice del merito non può, pertanto, limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo in tale ipotesi la pronuncia, ove impugnata, incorrere nel vizio di motivazione apparente”, v. anche N. 13897 del 2019).

2.2 Ciò posto, rileva il Collegio come in realtà il provvedimento impugnato, per argomentare il giudizio di non pericolosità interna del paese di provenienza del richiedente – nel senso precisato dalla giurisprudenza Euro unitaria e di legittimità (cfr. Corte di giustizia UE-Grande Sezione, 18 dicembre 2014; C-542/13, par. 36; C-285/12; C-465/07; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13858 del 31/05/2018) – indica, invero, alcune fonti informative consultate, senza tuttavia precisarne la datazione, e dunque il grado di aggiornamento rispetto alla decisione adottata, con la sola esclusione di una fonte (“*****”) per la quale tuttavia si indica l’aggiornamento al mese di marzo 2016 e di cui, pertanto, non può dubitarsi dell’inidoneità a costituire una valida fonte di conoscenza, nel senso richiesto dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3,. Ne’ può valere in tal senso il riferimento alla fonte Easo Country report June 2017, che non si occupa, in realtà, dell’approfondimento circa l’esistenza di un conflitto armato generalizzato, nel senso già sopra chiarito.

Risulta allora evidente la fondatezza della lamentata violazione di legge, proprio in ragione della mancata indicazione nel provvedimento impugnato delle informazioni aggiornate, le cui fonti devono essere sempre specificatamente precisate nella motivazione, al fine di comprovare il pieno adempimento dell’onere di cooperazione istruttoria.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, commi 10 e 11, nonché degli artt. 1016 direttiva 2013/327ue, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3 e del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 8, comma 3, e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 27, in relazione alla mancata audizione del ricorrente, con violazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c. e travisamento di fatto decisivo ed omessa pronuncia.

3.1 Il motivo è inammissibile.

Sul punto qui da ultimo in discussione, giova ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, nel procedimento, in grado d’appello, relativo ad una domanda di protezione internazionale, non è ravvisabile una violazione processuale sanzionabile a pena di nullità nell’omessa audizione personale del richiedente, atteso che il rinvio, contenuto nel D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35, comma 13, al precedente comma 10 che prevede l’obbligo di sentire le parti, non si configura come un incombente automatico e doveroso, ma come un diritto della parte di richiedere l’interrogatorio personale, cui si collega il potere officioso del giudice d’appello di valutarne la specifica rilevanza (cfr. Sez. 6, Ordinanza n. 3003 del 07/02/2018, cfr. anche: Sez. 6, Ordinanza n. 24544 del 21/11/2011).

Alla luce della giurisprudenza già espressa da questa Corte (e che qui si intende riaffermare) non risulta ricevibile la richiesta di rivalutazione della domanda di audizione in appello sia perché la doglianza non precisa il grado di decisività del mezzo istruttorio di cui si lamenta la pretermissione sia perché non è in alcun modo configurabile un diritto della parte ad essere audito in sede di giudizio di appello, nel senso richiesto e preteso dall’odierno ricorrente nel motivo qui in esame.

4. Il quarto motivo – articolato in relazione al diniego della reclamata protezione umanitaria – rimane assorbito.

Si impone pertanto la cassazione del provvedimento impugnato con rinvio alla Corte di Catanzaro anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il primo e secondo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il terzo ed assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2021

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