Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.23033 del 17/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 21302-2020 r.g. proposto da:

O.M., (cod. fisc. *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Ivana Calcopietro, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Reggio Calabria, Via Reggio Campi Rione A;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro, depositata in data 28.11.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6/7/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

RILEVATO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto da O.M., cittadino della *****, nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 20.7.2018 dal Tribunale di Catanzaro, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato e vissuto in *****, nell'*****; ii) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese perché perseguitato dalla setta degli ***** del quale il padre era stato un sacerdote, il cui ruolo avrebbe dovuto essere, ora, ricoperto dal richiedente dopo la morte del genitore.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sub D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava, per molti aspetti, non plausibile e lacunoso e perché comunque non ricorrevano i presupposti applicativi della normativa dettata per il rifugio; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito alla *****, stato africano di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che la valutazione di non credibilità escludeva tale possibilità e perché non si riscontrava una situazione di emergenza né di compressione dei diritti fondamentali in *****.

2. La sentenza, pubblicata il 28.11.2019, è stata impugnata da O.M. con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, cui il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 14 e 17, nonché vizio di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e violazione dell’art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione al diniego della richiesta protezione sussidiaria. Si evidenzia che il giudizio, in ordine al grado di pericolosità interna del paese di provenienza collegato alla domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c non era maturato sulla base di fonti informative aggiornate.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, dell’art. 115 c.p.c., del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, e del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 14 e 17 sempre in relazione al diniego della richiesta protezione sussidiaria e al mancato aggiornamento delle fonti consultate.

2.1 I primi due motivi – da trattarsi congiuntamente, riguardando la medesima doglianza – sono in realtà fondati.

Sul punto, la giurisprudenza espressa da questa Corte ha precisato che – in tema di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c – una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice è tenuto, a prescindere dalla valutazione di credibilità delle sue dichiarazioni, a cooperare all’accertamento della situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri officiosi di indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate, le cui fonti dovranno essere specificatamente indicate nel provvedimento, al fine di comprovare il pieno adempimento dell’onere di cooperazione istruttoria (Sez. 3, Ordinanza n. 262 del 12/01/2021; cfr. anche: Sez. 2, Ordinanza n. 9230 del 20/05/2020, secondo cui expressis verbis “Nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche, di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione; il giudice del merito non può, pertanto, limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo in tale ipotesi la pronuncia, ove impugnata, incorrere nel vizio di motivazione apparente”, v. anche N. 13897 del 2019).

2.2 Ciò posto, rileva il Collegio come in realtà il provvedimento impugnato, per argomentare il giudizio di non pericolosità interna del paese di provenienza del richiedente – nel senso precisato dalla giurisprudenza Euro unitaria e di legittimità (cfr. Corte di giustizia UE-Grande Sezione, 18 dicembre 2014; C-542/13, par. 36; C-285/12; C-465/07; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13858 del 31/05/2018) – indica, invero, alcune fonti informative consultate, senza tuttavia precisarne la datazione, e dunque il grado di aggiornamento rispetto alla decisione adottata, con la sola esclusione di una fonte (“Alto Commissariato delle Nazione unite per i rifugiati”) per la quale tuttavia si indica l’aggiornamento al 2015 e di cui, pertanto, non può dubitarsi dell’inidoneità a costituire una valida fonte di conoscenza, nel senso richiesto dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3. Ne’ può valere in tal senso il riferimento alla fonte Easo Country report June 2017, che non si occupa, in realtà, dell’approfondimento circa l’esistenza di un conflitto armato generalizzato, nel senso già sopra chiarito.

Risulta allora evidente la fondatezza della lamentata violazione di legge, proprio in ragione della mancata indicazione nel provvedimento impugnato delle informazioni aggiornate, le cui fonti devono essere sempre specificatamente precisate nella motivazione, al fine di comprovare il pieno adempimento dell’onere di cooperazione istruttoria.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 14 e art. 17 nonché per omesso esame di fatti decisivi, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e per violazione dell’art. 111 Cost., dell’art. 132c.p.c., n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione alla sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria. Si denuncia inoltre violazione e falsa applicazione di legge in relazione D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 5 laddove il provvedimento impugnato aveva evidenziato che i soggetti persecutori devono essere esclusivamente soggetti statali o parastatali o organizzazioni che controllano il territorio, e non invece, come nel caso in esame, persone fisiche.

3.1 Anche il terzo motivo è fondato quanto alle doglianze articolate in relazione al diniego dell’invocata protezione sussidiaria, sub D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. b.

3.1.1 La doglianza – articolata anche in relazione al giudizio di credibilità del racconto (sulla cui base la corte ha respinto le richieste di protezione maggiore) – è fondata in quanto la motivazione impugnata si esprime solo apparentemente su tale giudizio, non specificando il percorso argomentativo attraverso il quale si è giunti a tale giudizio negativo ed affidando tale scrutinio al mero rilievo che il racconto era stato “superficiale e poco credibile” (cfr. fol. 6 della sentenza impugnata).

3.1.2 Sul punto giova ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U., Sentenza n. 22232 del 03/11/2016; N. 8053 del 2014; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019).

3.1.3 Occorre dunque che la corte territoriale ripeta il giudizio di credibilità esprimendo una motivazione articolata sul punto e, all’esito di tale giudizio (e qualora lo stesso abbia un esito positivo), è necessario che la corte di merito acquisisca anche informazioni sul fenomeno della setta degli *****, proprio in omaggio al principio di cooperazione istruttoria richiamato dallo stesso ricorrente a sostegno della sua domanda.

4. I restanti motivi di censura rimangono assorbiti.

Si impone pertanto la cassazione del provvedimento impugnato con rinvio alla Corte di Catanzaro anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il primo, secondo e terzo motivo di ricorso; dichiara assorbito il quarto ed il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2021

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