Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.23035 del 17/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24518-2020 r.g. proposto da:

S.S., (cod. fisc. *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Ivana Calcopietro, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Reggio Calabria, Via Reggio Campi Rione A;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore il Ministro;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro, depositata in data 24.1.2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6/7/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

RILEVATO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto da S.S., cittadino del *****, nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 27.12.2018 dal Tribunale di Catanzaro, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato e vissuto in *****; ii) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese perché responsabile di un sinistro stradale nel quale erano morti due bambini e per il quale si era dato alla fuga, temendo di essere arrestato.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sub D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a e b, perché non ricorrevano i presupposti applicativi dell’invocata tutela; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito al *****, stato africano di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che non era stata dimostrata una condizione di soggettiva vulnerabilità.

2. La sentenza, pubblicata il 24.1.2020, è stata impugnata da S.S. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatti decisivi, nonché, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14 e art. 3, comma 5, nonché degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., con conseguente nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia.

1.1 Il motivo è fondato.

1.1.1 Il motivo è fondato, già in relazione alle doglianze sollevate in riferimento al diniego di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. a e b.

Sul punto va infatti subito evidenziato che la corte territoriale non ha espresso una valutazione negativa in ordine al profilo di credibilità del racconto che fondava le ragioni dell’espatrio sulla vicenda del duplice omicidio stradale per il quale il richiedente temeva di essere sottoposto ad una pena disumana e degradante, nel sistema giudiziario e carcerario *****, e comunque anche al rischio della pena di morte.

Ebbene, va ricordato che, come anche chiarito da Cass. n. 16295/2018, in tema di valutazione della credibilità soggettiva del richiedente e di esercizio, da parte del giudice, dei propri poteri istruttori officiosi rispetto al contesto sociale, politico e ordinamentale del Paese di provenienza del primo, la valutazione del giudice deve prendere le mosse da una versione precisa e credibile, benché sfornita di prova (perché non reperibile o non richiedibile), della personale esposizione a rischio grave alla persona o alla vita: tale premessa è indispensabile perché il giudice debba dispiegare il suo intervento istruttorio ed informativo officioso sulla situazione persecutoria addotta nel Paese di origine (cfr. Cass. nn. 21668/2015 e 5224/2013). Principio analogo è stato, peraltro, ribadito dalle più recenti Cass. nn. 17850/2018 e 32028/2018.

Ne consegue che a fronte di una valutazione di credibilità del racconto – nei termini già sopra ricordati – la corte di merito aveva l’obbligo istruttorio, ai sensi del sopra richiamato D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, di approfondire sia la questione dell’eventuale pena di morte irrogabile per l’omicidio stradale nel sistema penale del ***** sia il profilo delle condizioni del sistema carcerario *****no, in relazione ai pericoli di danno grave di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 14, lett. a e b.

Tale approfondimento istruttorio, da eseguirsi officiosamente (e comunque stimolato, nel caso in esame, anche dai motivi di gravame del ricorrente), è stato completamente pretermesso dalla corte territoriale, integrando ciò la denunciata violazione di legge e determinando l’inevitabile cassazione della sentenza impugnata.

1.1.2 Ma la censura è fondata anche in relazione al profilo di doglianza denunciato D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c.

Sul punto, la giurisprudenza espressa da questa Corte ha precisato che – in tema di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c) – una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice è tenuto, a prescindere dalla valutazione di credibilità delle sue dichiarazioni, a cooperare all’accertamento della situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri officiosi di indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate, le cui fonti dovranno essere specificatamente indicate nel provvedimento, al fine di comprovare il pieno adempimento dell’onere di cooperazione istruttoria (Sez. 3, Ordinanza n. 262 del 12/01/2021; cfr. anche: Sez. 2, Ordinanza n. 9230 del 20/05/2020, secondo cui expressis verbis “Nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche, di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione; il giudice del merito non può, pertanto, limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo in tale ipotesi la pronuncia, ove impugnata, incorrere nel vizio di motivazione apparente”, v. anche N. 13897 del 2019).

2.2 Ciò posto, rileva il Collegio come in realtà il provvedimento impugnato, per argomentare il giudizio di non pericolosità interna del paese di provenienza del richiedente – nel senso precisato dalla giurisprudenza Eurounitaria e di legittimità (cfr. Corte di giustizia UE-Grande Sezione, 18 dicembre 2014; C-542/13, par. 36; C-285/12; C-465/07; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13858 del 31/05/2018) – indica, invero, alcune fonti informative consultate, senza tuttavia precisarne la datazione, e dunque il grado di aggiornamento rispetto alla decisione adottata.

Risulta allora evidente la fondatezza della lamentata violazione di legge, proprio in ragione della mancata indicazione nel provvedimento impugnato delle informazioni aggiornate, le cui fonti devono essere sempre specificatamente precisate nella motivazione, al fine di comprovare il pieno adempimento dell’onere di cooperazione istruttoria.

Il secondo motivo – articolato in relazione al diniego della richiesta protezione umanitaria – rimane assorbito.

Si impone pertanto la cassazione del provvedimento impugnato con rinvio alla Corte di Catanzaro anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2021

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