Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.23036 del 17/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24522-2020 r.g. proposto da:

M.D., (cod. fisc. *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Ivana Calcopietro, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Reggio Calabria, Via Reggio Campi Rione A;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore il Ministro;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro, depositata in data 12.12.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6/7/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

RILEVATO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto da M.D., cittadino del *****, nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 2.7.2018 dal Tribunale di Catanzaro, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato e vissuto in *****; ii) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese di origine perché perseguitato per motivi politici, motivi per i quali era stato anche tratto in arresto.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sub D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava, per molti aspetti, non plausibile e lacunoso e perché non ricorrevano neanche i presupposti applicativi dell’invocata tutela; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito al *****, stato africano di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che il ricorrente non aveva dimostrato una condizione di soggettiva vulnerabilità e perché nel paese di provenienza non si assiste ad una deprivazione dei diritti fondamentali dei cittadini.

2. La sentenza, pubblicata il 12.12.2019, è stata impugnata da M.D. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di omesso esame di fatti decisivi e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 11 in relazione ai presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, e violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, nonché degli artt. 112,115 e 116 c.p.c.

1.1 Il motivo è fondato.

Si denuncia invero la natura meramente apparente della motivazione resa dalla corte territoriale in relazione al giudizio di non credibilità del racconto.

2.1 La doglianza – articolata anche in relazione al giudizio di credibilità del racconto (sulla cui base la corte ha respinto le richieste di protezione maggiore) – è fondata in quanto la motivazione impugnata si esprime solo apparentemente su tale giudizio, non specificando il percorso argomentativo attraverso il quale si è giunti a tale scrutinio negativo ed affidando tale valutazione al mero rilievo che il racconto non era stato sufficientemente circostanziato e che appariva “poco plausibile che lo stesso (il ricorrente) sia stato prima arrestato, torturato e poi liberato su cauzione dopo 7 giorni” (cfr. fol. 6 della sentenza impugnata).

Sul punto giova ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U., Sentenza n. 22232 del 03/11/2016; N. 8053 del 2014; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019).

Occorre dunque che la corte territoriale ripeta il giudizio di credibilità esprimendo una motivazione articolata sul punto e, all’esito di tale giudizio (e qualora lo stesso sia positivo), è necessario che la corte di merito acquisisca anche informazioni sul fenomeno delle persecuzioni politiche e del regime di carcerazione nel *****.

A ciò va aggiunto che la motivazione impugnata è incorsa anche nell’ulteriore violazione di legge denunciato dal ricorrente, posto che, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte di merito, anche l’arresto per motivi politici può integrare l’atto di persecuzione descritto dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 7, comma 2.

2. Con il secondo mezzo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di omesso esame di fatti decisivi e violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, ed infine D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, e degli artt. 112,115 e 116 c.p.c..

2.1 Il secondo motivo è fondato, quanto alla denunciata violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. b, perché, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte territoriale, l’arresto integra il presupposto applicativo di cui all’art. 14, lett. b, D.Lgs., qualora si associ a condizioni di “trattamento inumano o degradante”, condizione quest’ultima che avrebbe dovuto essere accertata anche tramite l’attivazione dei necessari poteri istruttori officiosi, in caso di esito positivo del giudizio di credibilità del racconto.

3. Il terzo motivo – articolato in riferimento al diniego della richiesta protezione umanitaria – rimane invece assorbito.

Si impone pertanto la cassazione del provvedimento impugnato con rinvio alla Corte di Catanzaro anche per le spese del presente giudizio.

PQM

accoglie il primo e secondo motivo di ricorso; dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2021

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