Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.23055 del 17/08/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13262-2015 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CONCA D’ORO 184/190, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO DISCEPOLO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA OSPEDALI RIUNITI “UMBERTO I – G.M.

LANCISI – G. SALESI”;

– intimata –

avverso la sentenza n. 56C/2014 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 24/11/2014 R.G.N. 373/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/02/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI.

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Ancona ha accolto il gravame della Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedali Riuniti Umberto I-G.M. Lancisi – G. Salesi ed ha rigettato la domanda proposta dal Dott. B.M. il quale aveva chiesto che venisse accertato e dichiarato il suo diritto alla maggiorazione della retribuzione di posizione di cui all’art. 40, comma 9, del c.c.n.l. dell’area della dirigenza sanitaria professionale tecnica ed amministrativa del servizio sanitario nazionale, parte normativa del quadriennio 1998-2001 e parte economica del biennio 1998-2000 nonché l’indennità dipartimentale per il periodo compreso fra il 1.3.2005 ed il 31.1.2010.

2. Il Dott. B. aveva dedotto che, risultato vincitore di concorso pubblico, aveva stipulato con l’Azienda sanitaria in data 28.2.2005 un contratto a tempo determinato avente ad oggetto l’incarico triennale di Dirigente Sanitario – Direttore del Dipartimento Aziendale delle professioni sanitarie a decorrere dal 1.3.2005 e che era stato confermato nell’incarico con determina del 19.3.2008 (n. 95/DG) per il periodo dal 29.2.2008 al 28.2.2011 sottoscrivendo il relativo contratto il 18.4.2008. Aveva poi evidenziato che tale rapporto si era protratto fino al 1.2.2010 quando era definitivamente cessato per essere stato il Dott. B. assunto da altra azienda ospedaliera.

3. Il giudice di appello, nel riformare la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso, ha evidenziato che il D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 17 bis (aggiunto dal D.Lgs. n. 229 del 1999, art. 15) disciplina l’organizzazione dipartimentale e le modalità di nomina dei capi dipartimento attribuendo loro i compiti di gestione, organizzazione e programmazione. La norma, poi, demanda alla legge regionale la composizione e le funzioni del Comitato di dipartimento e le modalità di partecipazione dello stesso alla nomina dei direttori di dipartimento. Al riguardo ha poi evidenziato che con la L.R. Marche n. 13 del 2003, applicabile al caso in esame, all’art. 8, era istituito il dipartimento aziendale ed i dipartimenti di zona delle professioni sanitarie ed era stato stabilito che il direttore era nominato dal direttore generale dell’ASUR e dai direttori generali delle aziende provinciali dei quali erano definiti dettagliatamente i compiti.

3.1. Quanto alla richiesta retribuzione di posizione il giudice di appello ha posto in rilievo che la sua erogazione presuppone l’effettivo esercizio delle funzioni attribuite ed è collegata al livello di responsabilità conseguente alla natura dell’incarico, all’impegno richiesto, alla rilevanza ed alla collocazione istituzionale dell’ufficio. Ha evidenziato che l’indennità si compone di una parte fissa (disciplinata dall’art. 36 del c.c.n.l. del 1997) e di una parte variabile (di cui all’art. 37 del c.c.n.l. del 2001) tra di loro inscindibili sottolineando che l’erogazione incontra il limite dato dalle risorse disponibili e dai vincoli di finanza pubblica e che, comunque, non può prescindere dall’effettivo conferimento dell’incarico evidenziando che questo non può avere efficacia giuridica da data antecedente l’istituzione del relativo Dipartimento avvenuta, nel caso di specie, solo con la Delib. Giunta 27 dicembre 2008, n. 1931. Ha quindi accertato in concreto che non era stata acquisita la prova dell’effettivo svolgimento delle mansioni dirigenziali rivendicate ed ha evidenziato che ai fini dell’accoglimento della domanda proposta dal Dott. B. – relativa al pagamento di differenze retributive e non al risarcimento del danno – non poteva rilevare l’accertamento di una responsabilità dell’Azienda con riguardo alla mancata istituzione del Dipartimento. Ha ritenuto infine assorbite le altre questioni poste dall’appellante relativamente all’avvenuta percezione di compensi diversi.

4. Per la cassazione della sentenza ricorre B. con due motivi. La Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedali Riuniti “Umberto I – G.M. Lancisi G. Salesi” è rimasta intimata.

CONSIDERATO

CHE:

5. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione degli art. 115 e 421 c.p.c. e l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Sostiene il ricorrente che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che il Dott. B. non avrebbe dimostrato di aver effettivamente svolto le funzioni di capo dipartimento in relazione alle quali aveva rivendicato il pagamento delle somme per i titoli azionati.

5.1. Il ricorrente, nel ricordare quali sono le attività proprie demandate al Direttore di Dipartimento dalla L.R. Marche n. 13 del 2003, art. 8 e dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 17 bis ha rammentato di aver prodotto in giudizio la documentazione rilasciata dalla stessa Azienda Ospedaliera attestante, sin dall’intestazione dei documenti, la funzione rivestita e l’attività svolta dal Dott. B. quale capo Dipartimento.

5.2. Ha dedotto che la Corte di merito non ha tenuto conto di tale documentazione, riprodotta nel corpo del ricorso, e che, viceversa, se l’avesse esaminata sarebbe pervenuta all’accoglimento delle domande avanzate confermando la sentenza di primo grado atteso che ne avrebbe ritenuta accertata l’attività di gestione del personale e l’attività di definizione dei modelli gestionali e organizzativi delle risorse dipartimentali anche in relazione alla presenza dei pazienti ed alle esigenze correlate. Sostiene che il giudice era tenuto ad esaminare tutte le prove offerte, a valutarne l’utilizzabilità e che l’omesso esame della documentazione offerta in comunicazione integrerebbe la violazione denunciata in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

5.3. Inoltre ad avviso del ricorrente la Corte di appello avrebbe dovuto assumere le prove testimoniali articolate sin dal primo grado, la cui richiesta era stata reiterata in appello, il cui contenuto, se confermato, avrebbe avvalorato la fondatezza della domanda proposta. Tale approfondimento sarebbe stato ancor più necessario essendosi la Corte discostata dalla conclusione a cui era pervenuto il Tribunale sulla base dello stesso materiale probatorio.

6. Con il secondo motivo di ricorso, poi, è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 40 del c.c.n.l. quadriennio 1998-2001 dell’area della dirigenza sanitaria. Sostiene il ricorrente che erroneamente la Corte di merito ha negato il diritto alla retribuzione di posizione atteso che la norma collettiva citata ne prevede l’erogazione non solo nel caso di conferimento dell’incarico di direttore di dipartimento ma anche nell’ipotesi di incarichi “che pur non configurandosi con tale denominazione, ricomprendano (…) più strutture complesse (…)” e dunque anche al dirigente che, a prescindere dalla denominazione data all’incarico e senza che rilevi la formale attribuzione e l’istituzione effettiva del dipartimento con la Delib. della giunta, svolga le relative mansioni.

7. Le censure, da esaminare congiuntamente, non possono essere accolte.

7.1. Va rammentato che nel procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento (cfr. Cass. 08/08/2019 n. 21187, 10/06/2014n. 13054).

7.2. Tanto premesso rileva il Collegio che la sentenza della Corte di merito nella sua ricostruzione da atto di aver preso in esame “gli altri documenti prodotti dal ricorrente” e valutatili ha osservato che nessuno di essi “da contezza del compimento di atti inquadrabili nell’attuazione delle funzioni e degli obiettivi di cui all’art. 17 bis e art. 8”.

7.3. Si tratta di ricostruzione del materiale probatorio che, pur sinteticamente, da conto di aver preso in esame proprio i documenti che oggi il ricorrente pretende che siano stati trascurati. Ne’ d’altronde è sindacabile, in sede di legittimità, la valutazione data dalla Corte territoriale al materiale probatorio che può essere censurata solo nei limiti in cui è ancora ammissibile il vizio di motivazione che, come è noto, per effetto delle modifiche apportate all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, è consentito quando sia denunciato l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) (cfr. per tutte Cass. sez. U. 07/04/2014 n. 8053) ovvero nel caso che nella specie pacificamente non ricorre, di un’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

7.4. La mancata ammissione delle prove testimoniali sarebbe poi rilevante ove ne fosse stata allegata l’idoneità a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito investendo un punto decisivo della controversia di tal che, ma tale evenienza non ricorre nel caso in esame, ove non ammessa o non esaminata in concreto la “ratio decidendi” ne risulti priva di fondamento (cfr. Cass. 17/06/2019 n. 16214). In sostanza fuori dai limiti sopra tracciati è rimesso al giudice di merito la valutazione delle prove acquisite e tale valutazione non è censurabile da questa Corte sebbene, in base ad esse, il giudice di secondo grado sia pervenuto a un giudizio diverso da quello formulato dal primo giudice purché risulti esente da vizi di motivazione nei termini sopra ricordati. 7.5. Una volta confermata la sentenza nella parte in cui, in fatto, ha accertato che l’insussistenza dei presupposti oggettivi per il riconoscimento della indennità chiesta a nulla rileva l’ulteriore accertamento oggetto del secondo motivo di ricorso.

8. In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Non occorre provvedere sulle spese poiché l’Azienda ospedaliera non ha opposto difese restando intimata. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato D.P.R., art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, citato D.P.R. n., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472