Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.23084 del 18/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22346-2019 proposto da:

E.J., rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE MIGALE RANIERI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BOLOGNA;

– Intimati –

avverso il decreto DI RIGETTO N. CRONOL. 2597/2019 del – TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il 05/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/11/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Il sig. E.J., cittadino *****, ha proposto ricorso, sulla scorta di tre motivi, per la cassazione della sentenza della corte di appello di Bologna che ha rigettato la sua domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente aveva chiesto protezione affermando di essere stato costretto ad espatriare per non dover succedere al padre nelle funzioni di sacerdote del rito juju. Con il primo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3 il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 14 e dell’art. 5, comma 6 T.U. Imm., censurando la valutazione del tribunale di inattendibilità del racconto del richiedente.

Con il secondo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 5, si lamenta la mancata valutazione circa l’integrazione del richiedente nel tessuto italiano in riferimento al suo impegno lavorativo ed al suo sforzo di inserimento. Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

La causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 17 novembre 2020, per la quale non sono state depositate memorie.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché si risolve in una critica dell’apprezzamento dell’attendibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente in ordine alle ragioni del suo espatrio; apprezzamento che la corte d’appello ha motivatamente svolto con puntuale riferimento al disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5. Il secondo motivo è inammissibile perché la sua formulazione si discosta dal paradigma fissato dall’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo risultante dalla modifica recata dal D.L. n. 83 del 2012, in quanto non indica alcun fatto storico decisivo che abbia formato oggetto di discussione tra le parti ma si risolve in una richiesta di riesame dell’apprezzamento delle risultanze di causa operato dalla corte territoriale, non consentito nel giudizio di legittimità. Il ricorso è inammissibile.

Non vi è luogo a regolazione di spese, in difetto di attività difensiva dell’Amministrazione.

Deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 agosto 2021

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