LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 9234-2016 proposto da:
D.D.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Caio Mario 27, presso lo studio dell’avvocato Vincenzo Cuffaro, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Flavio Rocchio;
– ricorrente –
contro
D.P.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Degli Scipioni 110, presso lo studio dell’avvocato Marco Machetta, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Luciano Infelisi;
– controricorrente –
nonché contro D.D.G.V., D.D.F.P., T.A., D.D.C., DE.DI.GI., H.D., D.D.A.L.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1603/2015 della Corte d’appello di Roma, depositata il 10/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/03/2021 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.
RILEVATO
che:
– D.D.A. impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Roma che ha respinto il di lui gravame nei confronti della pronuncia del Tribunale di Roma che lo aveva condannato in solido con D.D.G. al pagamento in favore di D.P.M. della complessiva somma di Euro 154.256,31;
– il tribunale aveva così concluso all’esito del giudizio introdotto nel 2003 da D.P.M. nei confronti di D.D.G.V. e D.D.A. al fine di sentirli condannare alla restituzione della somma di Euro 308.492,62 pari al 50% della somma esistente sul conto corrente presso la filiale della banca UBS al momento dell’apertura della successione del padre D.P.G., sposato in seconde nozze con D.D.M. e defunto il ***** lasciando quali eredi legittimi l’attore e la moglie M.;
– a sostegno della domanda deduceva di avere scoperto l’esistenza di un conto corrente bancario acceso dal de cuius presso la filiale di ***** della UBS e cointestato alla moglie M., conto che alla data del 31/12/1998 presentava un saldo attivo ad Euro 616.985,24; aggiungeva che recatosi presso la filiale apprendeva dell’avvenuta estinzione del conto corrente suddetto da parte di D.D.G. il quale il 28 febbraio del 2000 in forza di procura speciale generale ricevuta dalla madre aveva estinto il conto corrente trasferendo il ricavato in proprio favore ed in favore di D.D.A.;
– evidenziava il sig. D.P. che l’estinzione del conto lo aveva privato della quota a lui spettante di eredità paterna considerando che il cespite doveva essere diviso tra i due eredi legittimi in ragione del 50% ciascuno;
– all’esito del giudizio il tribunale aveva ritenuto fondata l’azione recuperatoria nella quale si estrinsecava la petizione ereditaria spiegata dall’attore D.P. mentre respingeva la domanda riconvenzionale proposta dal sig. D.D.G. con condanna dei convenuti G. e D.D.A. in solido alla restituzione all’attore della somma di 154.246,31 oltre interessi legali dalla domanda al saldo.
– D.D.A. impugnava detta statuizione deducendo la violazione del disciplina sulla petizione ereditaria che, a suo dire, non potrebbe esercitarsi nei confronti di chi possieda beni ereditari a titolo di proprietà, peraltro dovendosi escludere le azioni volte al recupero di somme di danaro;
– con il secondo motivo d’appello si deduce la violazione della norma sulla collazione avendo a, a suo dire, il tribunale disatteso la domanda riconvenzionale spiegata da D.D.G. ed intesa all’accertamento della sussistenza di un negozio indiretto sotteso all’acquisto dell’appartamento di ***** da parte dell’attore con la condanna a conferire tale bene collazione;
– il tribunale aveva al riguardo sostenuto che la collazione si inserisce nello scioglimento della comunione ereditaria e presuppone che si ricostruisca l’intero asse ereditario;
– tuttavia, il giudice di prime cure aveva osservato che domande in tal senso non erano state avanzate dal convenuto D.D.G. che neppure aveva depositato la documentazione ipocatastale necessaria ed aveva, di contro, dedotto che i beni presenti nel patrimonio ereditario erano già stati divisi fra il D.P. e la signora D.D.M.;
– inoltre il giudice di prime cure aveva dichiarato la domanda riconvenzionale infondata alla luce della produzione documentale dell’attore che aveva depositato oltre l’atto pubblico di compravendita, le quietanze del pagamento delle rate del mutuo acceso per l’acquisto dell’appartamento de quo;
– la corte d’appello statuendo sul gravame l’ha respinto evidenziando l’infondatezza dell’assunto dell’appellante secondo il quale non poteva esercitarsi la petizione ereditaria nei suoi confronti per avere egli ricevuto il danaro richiesto in restituzione da D.D.G. in proprio e non nella qualità di procuratore di D.D.M. dal momento che detto versamento era stato effettuato dopo la morte di quest’ultima, con conseguente estinzione della procura già rilasciata a D.D.G..
– secondo la corte territoriale, infatti, la petizione di eredità può avere ad oggetto distintamente sia degli immobili che beni mobili e tra questi anche beni fungibili valendo la regola possesso vale titolo disciplinata dall’art. 1153 c.c.;
– nel caso di specie la corte territoriale ha ritenuto che l’appellante non abbia allegato un titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà, con la conseguenza che deve escludersi che l’appellante sia divenuto proprietario, acquistando a non domino, del danaro sottratto a D.P.M. solo perché ricevuto per un titolo ignoto da D.D.G. che se n’era illegittimamente appropriato;
– inoltre la corte territoriale ha respinto la doglianza riguardante la collazione chiesta in via riconvenzionale da D.D.G. evidenziando come il giudice di prime cure aveva osservato che il D.P. aveva acquistato l’immobile di ***** pagando il relativo mutuo, con ciò smentendo la tesi che il trasferimento costituisse una donazione indiretta;
-la cassazione della sentenza d’appello è chiesta dal D.P. sulla base di due motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso, pure illustrato da memoria, D.P.M.;
– non hanno svolto attività difensiva gli intimati D.D.G.V., D.D.F.P., T.A., D.D.C., De.Di.Gi., H.D..
CONSIDERATO
che:
– con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli art. 533 e 534 c.c. per avere la corte territoriale accolto ad avviso del ricorrente inammissibilmente l’azione di petizione ereditaria proposta dal sig. D.P.M., erede di D.P.G. e volta al recupero di danaro nei confronti di un terzo, D.D.A., avente causa dell’accipiens di quel danaro;
-con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 n. 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1292 c.c. e dell’art. 112 c.p.c. per avere erroneamente la corte d’appello condannato il ricorrente in solido con D.D.G. nonostante l’insussistenza dei presupposti di un’obbligazione solidale;
– ritiene il Collegio che i motivi di ricorso ineriscano a questioni interpretative delle disposizioni sulla natura, ammissibilità ed oggetto dell’azione di petizione dell’eredità che rendono opportuna la trattazione in pubblica udienza e pertanto provvede in conformità.
P.Q.M.
La Corte dispone la trattazione del ricorso in pubblica udienza.
Si comunichi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 25 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2021
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