LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Angelo – rel. est. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8993/2016 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
CEMAT S.p.A., in persona del procuratore speciale Dott. M.F., rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dagli Avvocati Pietro Palandri, Marco Lenti e Anselmo Carlevaro, ed elettivamente domiciliata in Roma alla via G.B. Porro n. 7;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4302/2015 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, depositata in data 5/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’8 aprile 2021 dal Dott. Angelo Napolitano, tenutasi mediante collegamento da remoto.
Con avviso di liquidazione n. *****, l’Ufficio di Milano rideterminò una somma a titolo di imposta di registro su di un decreto ingiuntivo a carico della società odierna controricorrente (d’ora in poi anche “contribuente”), sottoponendo a tassazione, oltre al decreto ingiuntivo, il contratto in esso enunciato ed il riconoscimento del debito posto a base della richiesta del provvedimento monitorio.
Su ricorso della contribuente, la CTP di Milano annullò in parte l’avviso impugnato ritenendo che la ricognizione del debito non appartenesse al novero delle scritture private la cui enunciazione all’interno di un decreto ingiuntivo è tassabile.
Su appello dell’Ufficio, la CTR della Lombardia, pur riqualificando come ricognizione del debito l’atto enunciato nel decreto ingiuntivo, confermò la sentenza di primo grado che ne aveva escluso l’autonoma tassabilità, ritenendo che l’avvenuta tassazione in misura fissa, oltre che del decreto, del contratto in esso enunciato escluderebbe, in base al divieto di doppia imposizione, che l’Ufficio possa tassare anche la ricognizione di debito, relativa allo stesso rapporto giuridico sorto dal contratto.
Avverso la sentenza d’appello l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione articolato in un solo motivo.
La società contribuente resiste con controricorso, depositando anche una memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c..
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato “Violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22 e art. 3 della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, l’Agenzia censura la sentenza impugnata per non avere considerato che, ai sensi dell’art. 22 Tur, la ricognizione di debito è un atto diverso dal contratto da cui origina il rapporto obbligatorio, con la conseguenza che esso è autonomamente tassabile.
1.1. La censura è fondata.
1.2. L’imposta di registro è un’imposta d’atto, come si deduce agevolmente leggendo l’art. 21 Tur: quanti sono gli atti contenenti singole disposizioni soggette a tassazione, tante volte sarà applicata l’imposta di registro. Per gli atti tassabili che enunciano altri atti tassabili, poi, ex art. 22 Tur, vi è un’eccezione al principio suddetto, quella ricavabile dall’art. 22, comma 2 Tur: non è tassabile il contratto verbale enunciato non soggetto a registrazione in termine fisso, quando i suoi effetti sono già cessati al tempo del compimento dell’atto che contiene l’enunciazione, o quando tali effetti cessano proprio in virtù dell’atto che ne contiene l’enunciazione (come, ad esempio, nell’ipotesi della novazione oggettiva).
Il contratto, poi, è un atto giuridico diverso dall’atto di ricognizione del debito: il primo è un negozio giuridico; il secondo rientra nel novero degli atti giuridici in senso stretto, e produce un effetto di “astrazione processuale”, esonerando, ex art. 1988 c.c., colui a favore del quale è compiuto dall’onere di provare il rapporto fondamentale.
Orbene, nel caso che ci occupa, il decreto ingiuntivo enuncia sia il contratto da cui origina il rapporto obbligatorio, sia un atto di ricognizione del debito derivante da quel contratto, e la diversità di tali atti, sebbene relativi allo stesso rapporto, riverbera anche nella loro diversa utilità processuale: le prove documentali dell’esistenza del contratto hanno consentito al creditore di ottenere il decreto ingiuntivo; la ricognizione di debito ha consentito al creditore di ottenere la concessione della provvisoria esecutività, ai sensi dell’art. 642 c.p.c., comma 2.
1.3. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata con rinvio alla CTR a quo che, in diversa composizione, esaminerà gli altri motivi di impugnazione proposti dalla contribuente, ritualmente riproposti in appello e non decisi in quanto rimasti assorbiti nella (erroneamente) ritenuta non tassabilità della ricognizione di debito.
1.4. La CTR regolerà anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2021