Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.23164 del 20/08/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 30218/2018 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., elett.te domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

S.M.E.B., (c.f. *****);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1674/05/2018 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, depositata in data 15/3/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’8 aprile 2021 dal Dott. Angelo Napolitano, svoltasi mediante collegamento da remoto.

Con l’avviso di liquidazione n. *****, l’Ufficio territorialmente competente recuperò l’imposta di registro proporzionale al 3% in tesi dovuta ai sensi del combinato disposto del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22 e art. 9 della Tariffa Parte Prima allegata al medesimo decreto, con riferimento al verbale di assemblea della società Studio Link s.r.l. del 6 dicembre 2012.

In tale atto, secondo la prospettazione dell’Ufficio, sarebbe contenuta l’enunciazione di un finanziamento precedentemente concesso in favore della società dal socio di maggioranza Evercom S.p.A., dalla cui parziale rinuncia, esposta nel verbale assembleare, conseguì l’apporto per l’aumento di capitale deliberato.

Avverso l’avviso di liquidazione citato in narrativa propose ricorso alla CTP di Roma il contribuente, che risultò soccombente La CTR del Lazio, su appello del contribuente, riformò la sentenza di prime cure, annullando l’atto impositivo impugnato.

Contro la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi.

Il contribuente è rimasto intimato.

1.Con il primo motivo, rubricato “Violazione/falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., commi 1 e 2, in una con il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 22, comma 1, nonché in combinato disposto con l’art. 115 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4”, l’Agenzia si lamenta che la CTR non abbia fatto buon governo delle regole in tema di riparto di onere della prova, in quanto avrebbe dovuto rigettare l’appello sulla base della considerazione che il contribuente non ha dato prova che il credito oggetto di parziale rinuncia al fine di eseguire l’aumento di capitale deliberato non derivava da un pregresso finanziamento operato in favore della società conferitaria.

2. Con il secondo motivo, rubricato “Omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, l’Agenzia delle Entrate si lamenta che la CTR non avrebbe valorizzato l’espressione “debito verso controllanti”, utilizzata nel verbale assembleare per indicare il credito oggetto di rinuncia del socio al fine di eseguire il deliberato aumento di capitale.

3. I motivi proposti sono strettamente connessi e possono essere decisi congiuntamente.

3.1. Il ricorso è inammissibile.

3.2. L’Agenzia ricorrente, in realtà, pur deducendo la violazione delle regole di riparto dell’onere della prova e l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso tra le parti, tende ad offrire a questa Corte una interpretazione alternativa a quella data dalla CTR dell’espressione “debito verso controllanti”: per l’Agenzia delle Entrate questa espressione non potrebbe che riferirsi, in assenza di una prova contraria offerta dal contribuente, ad un debito da restituzione di un finanziamento operato dal socio in favore della società; per la CTR, invece, l’espressione “debito verso controllanti” sarebbe causalmente neutra, non identificando essa necessariamente un debito derivante da un finanziamento soci.

Orbene, così ritenendo la CTR non è incorsa in alcuna violazione di norma di legge, né ha omesso di esaminare fatti decisivi per il giudizio e controversi tra le parti, anzi: ha plausibilmente inteso l’espressione sopra riportata come indicativa di un debito (e di un corrispondente credito del socio) non individuato nella sua radice causale, e su questa base ha correttamente preteso che l’Agenzia delle Entrate, sulla quale incombe sempre la prova del presupposto impositivo, fornisse ulteriori elementi probatori a sostegno che il credito oggetto di parziale rinuncia derivasse da una operazione di finanziamento soci.

4. Il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del contribuente intimato esonera dal regolamento delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi mediante collegamento da remoto, il 8 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472