Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.23200 del 20/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19183/2020 proposto da:

I.H., elettivamente domiciliato in Roma Via Del Casale Strozzi n. 31, presso lo studio dell’avvocato Laura Barberio, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Maurizio Veglio;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, *****;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1862/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 19/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/03/2021 dal cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

FATTI DI CAUSA

1.- I.H., originario del *****, sito nella parte nel nord-est della *****, ha presentato ricorso avverso la decisione della Commissione territoriale di Novara, di diniego del riconoscimento delle protezioni internazionale e umanitaria, chiedendo l’accertamento dello status di persona ammissibile alla protezione sussidiaria ovvero, in subordine, la dichiarazione di sussistenza dei “seri motivi” di carattere umanitario di cui all’art. 5, comma 6 T.U.I.

Con provvedimento emesso in data 23 gennaio 2019, il Tribunale di Torino ha respinto il ricorso.

Il richiedente ha allora proposto ricorso avanti alla Corte di Appello di Torino. Questa lo ha respinto con sentenza depositata in data 19 novembre 2019.

2.- Ritenuta non sussistente l’esigenza di procedere all’apposita audizione invocata dal richiedente, “a motivo delle allegazioni e produzioni documentali acquisite agli atti”, la Corte di Appello ha per il merito ritenuto che le argomentazioni svolte dall’appellante si manifestavano “non sufficienti a consentire di riconoscere né la protezione sussidiaria, né quella umanitaria”.

Per il primo profilo, la pronuncia ha in specie osservato che “i fatti narrati dall’appellante nelle difese di primo grado, e ribaditi in questa sede, sono rimasti del tutto sforniti di prova, non essendo stato dato alcun nuovo elemento di carattere spazio temporale atto a dimostrare la veridicità del racconto. Ne’ l’appellante ha minimamente superato le contraddizioni rilevate dal Tribunale nell’ordinanza impugnata”. D’altra parte – si è altresì segnalato -, “la situazione della sicurezza del nord-est della ***** continua a migliorare grazie ai successi ottenuti dall’esercito *****no nella controffensiva nei confronti di *****, come risulta dal più recente rapporto rilasciato dall’Alto Commissario per i rifugiati delle Nazioni Unite nel luglio 2016 (*****; *****: UNH Regional Update n. 24; 1 – 31 may 2016).

Per l’altro profilo, la Corte territoriale ha poi annotato che “anche le affermazioni relative alla protezione umanitaria si caratterizzano per essere soltanto ipotetiche e prive di prova e non costituiscono, comunque, ragioni sufficienti per l’accoglimento della domanda, in considerazione del minimo grado di radicamento e di inserimento sociale del richiedente sul nostro territorio”.

3.- Avverso questo provvedimento I.H. ha presentato ricorso per cassazione, articolandolo in cinque motivi.

Il Ministero non si è costituito nel presente grado del giudizio, essendosi limitato, con foglio datato 14 agosto 2020, a chiedere di potere eventualmente partecipare all'”udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1", ove fissata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- I motivi di ricorso sono stati rubricati nei termini qui di seguito riportati.

Primo motivo: “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, commi 3 e 5,; D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, commi 2 e 3, e art. 27, comma 1 bis,; D.P.R. n. 21 del 2015, art. 6, comma 6; art. 16, Direttiva 2013/32/UE – falsa applicazione di norme di diritto – violazione dei criteri legali per la valutazione della credibilità del richiedente”.

Secondo motivo: “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, commi 3 e 5; D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, commi 2 e 3 e art. 27, comma 1 bis; D.P.R. n. 21 del 2015, art. 6, comma 6; art. 16, Direttiva 2013/32/UE – falsa applicazione di norme di diritto – omessa audizione personale del richiedente”.

Terzo motivo: “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8 e art. 32, comma 3 – nullità della sentenza motivazione apparente”.

Quarto motivo: “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, art. 32, comma 3; D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio – omessa considerazione della “vita privata e familiare” del ricorrente in Italia – omessa valutazione della documentazione prodotta”.

Quinto motivo: “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, art. 32, comma 3; D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, – violazione dei criteri legali per il riconoscimento della protezione umanitaria – omessa valutazione comparativa tra le condizioni vita del ricorrente in Italia e in *****”.

Il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso riguardano il tema della protezione sussidiaria. Gli ultimi due quello della protezione umanitaria.

5.- Con i primi tre motivi, il ricorrente assume che la decisione della Corte torinese ha “ignorato i parametri normativi di valutazione della credibilità delle dichiarazioni del richiedente, nonostante la previsione di un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, disancorato dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario, mediante l’esercizio di poteri-doveri d’indagine officiosi”.

Sottolinea, altresì, che la decisione ha “omesso di esaminare i motivi di censura avanzati dalla difesa del ricorrente” nei confronti della decisione del primo grado: cosa già grave in sé stessa e tanto più grave, nel caso di specie, perché, a ben vedere, la Corte di Appello torinese si è limitata, sul punto della valutazione di (non) credibilità del narrato dal ricorrente, a rinviare a quanto ritenuto dal giudice del primo grado.

In luogo di appiattirsi sul provvedimento preso dal primo giudice, la Corte torinese avrebbe dovuto – così si riscontra – dare corso all’istanza di audizione specificamente formulata dal richiedente; e questo proprio allo scopo di dipanare i dubbi, le supposte contraddizioni e le apparenti incoerenze rilevate dal Tribunale. In particolare, l’audizione avrebbe potuto chiarire, secondo le richieste del richiedente, natura e portata dei timori espressi dal richiedente per il caso di un suo eventuale rimpatrio; fugare ogni residuo dubbio sulla specifica zona di provenienza; acclarare numero e tipologia degli idiomi conosciuti e parlati dal ricorrente: “lo scopo dell’ascolto” – si nota – “non è la ricerca delle contraddizioni, ma la raccolta accurata e qualitativa delle informazioni”.

Per contro – si incalza ancora -, la Corte torinese si è limitata a ripetere “semplici formule di stile”, prive di un qualunque riferimento al narrato e alla storia personale del richiedente, dando così vita a una mera apparenza di motivazione. E questo – si aggiunge – non solo per la tematica inerente alla valutazione di (non) credibilità: in punto di esame della situazione che nel presente palesano i territori *****, infatti, la sentenza impugnata si è ridotta alla “citazione di un’unica fonte, peraltro risalente al 2016, senza dare conto delle specifiche informazioni contenute negli atti della difesa”, che riportavano, per l’anno 2017, l’emergere di un ben diverso contesto per la specifica zona ***** da cui il richiedente proviene.

6.- Il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso sono fondati e vanno quindi accolti.

In proposito, va prima di tutto evidenziato il vizio motivazionale che affligge l’impugnata pronuncia. Nella specie, la Corte territoriale si è limitata – per il tema della (non) credibilità del racconto del richiedente – ad “appoggiarsi” alla decisione del primo grado del giudizio: senza riportarne termini e contenuti e prescindendo, altresì, da ogni riferimento ai fatti allegati nel racconto. E senza neppure dare conto delle ragioni per cui – nel giudizio della sentenza – i rilievi apportati nel giudizio di appello non erano comunque in grado di “superare le contraddizioni rilevate dal Tribunale”.

Sul punto, dunque, la motivazione si manifesta in sé stessa assente. Ne’, per altro verso, la sentenza può essere intesa come legittimamente motivata “per relationem”, nel senso cioè di riflettere (e così replicare) la decisione resa dal giudice del primo grado.

Ancora di recente questa Corte ha ribadito – proprio con riferimento alla materia della protezione internazionale – l’inidoneità del puro e semplice rinvio motivazionale: “nell’assenza di un comprensibile richiamo ai contenuti dagli atti cui si rinvia, ai fatti allegati dall’appellante e alle ragioni del gravame”; ché ciò si risolve in “una acritica adesione si provvedimenti soltanto menzionati, senza che emerga una effettiva valutazione, propria del giudice dei appello, dell’infondatezza dei motivi di gravame” (Cass., 3 febbraio 2021, n. 2397).

D’altra parte, per completezza va anche osservato che la sentenza della Corte torinese risulta viziata pure in relazione al profilo del processo formativo della decisione. Così, in particolare, per non avere dato ingresso all’audizione del richiedente, pur in presenza di una sua richiesta specifica in tal senso e orientata verso circostanze determinate (Cass., 7 ottobre 2020, n. 21584). Come pure, per avere limitato la ricerca delle fonti, da cui trarre la valutazione relativa alle eventuali criticità del Paese di provenienza, a un report risalente a più di tre anni rispetto al tempo di assunzione della decisione: per di più ignorando le divergenti risultante contenute nella – più recente documentazione prodotta in proposito dal richiedente.

7.- L’accoglimento dei primi tre motivi comporta l’assorbimento del quarto e del quinto motivo di ricorso, relativi, come detto, alla materia della protezione umanitaria.

8.- In conclusione, vanno accolti i primi tre motivi di ricorso, con assorbimento degli ultimi due. Di conseguenza, va cassata la sentenza impugnata e rinviata la controversia alla Corte di Appello di Torino che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, con assorbimento del quarto e del quinto motivo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di Appello di Torino che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 22 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2021

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