LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26950-2019 proposto da:
O.S., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico 38, presso lo studio dell’avvocato Marco Lanzilao, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, ope legis domiciliato in Roma, Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso la sentenza n. 2922/2019 della Corte d’appello di Venezia, depositata il 12/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/10/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.
RILEVATO
che:
– il presente giudizio trae origine dal ricorso che il sig. O.S., cittadino nigeriano, ha presentato avverso il provvedimento di diniego reso dalla Commissione Territoriale competente per il riconoscimento della protezione internazionale di Verona;
– il ricorrente ha impugnato il predetto rigetto chiedendo al Tribunale di Venezia di riconoscere la protezione internazionale e le eventuali forme gradate;
– a sostegno delle domande il richiedente ha dichiarato di essere fuggito dalla Nigeria perché minacciato da appartenenti a un culto a cui non aveva voluto aderire;
– il tribunale ha rigettato la domanda e l’ordinanza è stata impugnata avanti la Corte di appello di Venezia che ha dichiarato inammissibile l’impugnazione ai sensi dell’art. 342 c.p.c.;
– la cassazione del provvedimento è chiesta con ricorso del richiedente asilo ed affidata a quattro motivi;
– l’intimato Ministero resiste con costituzione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, secondo periodo, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
CONSIDERATO
che:
– con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 342 c.p.c. nonché l’omessa valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese di provenienza per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto l’atto di appello privo di elementi di specificità previsti dal codice di rito; inoltre, si contesta il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria ed umanitaria per essersi la corte territoriale limitata a ritenere non credibile il racconto del richiedente, senza procedere alla verifica della situazione generale del paese di provenienza;
– con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione della condizione personale del ricorrente;
– il ricorrente censura, in particolare, l’omessa considerazione della circostanza che anche ove si ritenesse che egli non avesse ancora subito minacce o torture ma provenisse comunque da una zona di violenza generalizzata, sarebbe perciò stesso meritevole di protezione;
– con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e l’omessa applicazione dell’art. 10 Cost., per la mancata concessione della protezione sussidiaria cui il richiedente aveva diritto in ragione delle attuali condizioni socio-politiche della Nigeria;
-con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, il mancato riconoscimento delle condizioni per ammettere il richiedente alla protezione umanitaria violando il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese d’origine o che ivi possa correre gravi rischi; si denuncia, altresì, l’omessa applicazione dell’art. 10 Cost. nonché l’omesso esame della condiziona personale raggiunta in Italia rispetto a quella del Paese di provenienza; si denuncia, infine, l’omesso esame delle fonti relativamente alle condizioni socio-economiche della Nigeria;
-i motivi possano essere esaminati congiuntamente e sono infondati per quanto di seguito precisato;
– in tema di ricorso per cassazione, ove il ricorrente denunci che la sentenza d’appello ha erroneamente dichiarato inammissibile l’impugnazione sul rilievo che il ricorrente aveva impugnato la decisione di primo grado sulla base di motivi non attinenti alle argomentazioni del primo giudice, è necessario per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che l’atto di appello sia trascritto in modo completo (o quantomeno nelle parti salienti) nel ricorso, così da dimostrare che nel suddetto atto di impugnazione non erano ravvisabili gli errori e la mancata attinenza dei motivi di appello alle motivazioni del giudice di primo grado indicati dal giudice del gravame, dovendosi ritenere, in mancanza, che la Corte non sia posta in grado di valutare la fondatezza e la decisività delle censure alla pronuncia di inammissibilità in quanto non abilitata a procedere all’esame diretto degli atti del merito, con conseguente rigetto del ricorso (cfr. Cass. 11477/2010; id. 86/2012);
– in tale prospettiva, il ricorso in esame, pur formulando il motivo di impugnazione della statuizione di inammissibilità dell’appello statuita dalla corte territoriale, non indica quali elementi di specificità avrebbe l’appellante posto a fondamento della critica formulata nei confronti della decisione del primo giudice, sì da poter confutare la valutazione di genericità delle deduzioni su cui si fondava l’appello e di mancanza di riferimento alla vicenda dell’appellante (cfr. pag. 3 e 4 della sentenza impugnata) con le quali è motivata l’inammissibilità;
– peraltro, la declaratoria di inammissibilità a causa della mancanza di detta indicazione non contrasta con quanto chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 27199 del 16 novembre 2017 circa la necessità della chiara individuazione dei punti e delle questioni contestate, affiancata dalla relativa doglianza, non essendo, tuttavia, richiesto l’uso di forme sacramentali ovvero l’elaborazione di un progetto alternativo di sentenza;
– nel caso di specie, ciò che manca è l’indicazione delle parti dell’appello che consentono di procedere alla verifica, anche mediante l’esame degli atti, della correttezza o meno della statuizione di inammissibilità;
– poiché tale verifica è preliminare ed assorbente rispetto all’esame degli altri enunciati motivi di impugnazione e poiché il primo motivo e’, per quanto sin qui osservato, infondato, il ricorso va respinto nel suo complesso;
– nulla va disposto sulle spese in considerazione del mancato svolgimento di effettiva attività difensiva da parte dell’intimato Ministero;
– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Seconda sezione civile, il 9 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2021