LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3849-2019 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente a debito –
contro
R.F., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE PASTEUR, 49, presso lo studio dell’avvocato GIORGIA FALZONE, rappresentati e difesi dall’avvocato MARTA BOCCI;
– controricorrenti –
avverso il decreto n. cronol. 316/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositato il 26/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/10/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.
PREMESSO CHE:
1. La Corte d’appello di Firenze, con decreto n. 448/2015 ha respinto la richiesta dei controricorrenti indicati in epigrafe (o dei loro danti causa, essendo nel frattempo alcune parti decedute) di equo indennizzo per l’irragionevole durata della procedura fallimentare della società Sai Ambrosini Società Aeronautica Italiana spa, procedura che, aperta nel 1993, si è chiusa con decreto del 18 marzo 2015. I controricorrenti (o i loro danti causa), dipendenti della società, si erano insinuati al passivo della procedura e, a seguito di quattro riparti parziali disposti nel novembre 1993, nel settembre 1995, nel novembre 1996 e nel maggio 1998, avevano ricevuto il pagamento di circa il 94,6% dei loro crediti di lavoro.
I controricorrenti (o i loro danti causa) hanno proposto opposizione e l’opposizione è stata rigettata dalla medesima Corte d’appello con decreto n. 1197/2016, in quanto la protrazione della procedura non aveva arrecato loro alcuna apprezzabile sofferenza, atteso che la procedura fallimentare aveva liquidato in loro favore quasi tutto il credito da loro vantato in tempi ragionevoli.
I controricorrenti hanno allora proposto ricorso per cassazione, che è stato accolto da questa Corte con ordinanza n. 7864/2018, sulla base del principio per cui il c.d. criterio della posta in gioco rileva ai fini della possibile riduzione dell’indennizzo, ma non anche ai fini della sua esclusione.
2. Il processo è stato riassunto innanzi alla Corte d’appello di Firenze che, con decreto 26 ottobre 2018, n. 316, ha accolto l’originario ricorso e liquidato il danno in Euro 4.464 per ciascun ricorrente, distinguendo poi la posizione degli eredi degli originari ricorrenti.
Il Ministero della giustizia ricorre in cassazione avverso il decreto.
I controricorrenti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO
CHE:
1. Il ricorso è articolato in un motivo che denuncia “violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, comma 3”: la Corte d’appello ha violato la disposizione richiamata e il principio di diritto posto dall’ordinanza n. 7864/2018 di questa Corte, secondo cui “il criterio della posta in gioco, e cioè l’entità della pretesa patrimoniale azionata, rileva unicamente ai fini della possibile riduzione dell’importo dell’indennizzo”, valorizzazione del tutto pretermessa dal giudice del rinvio, in quanto i resistenti avevano ricevuto soddisfazione pressoché integrale entro il termine di ragionevole durata e la somma liquidata dalla Corte d’appello per ciascun resistente supera di gran lunga la lievissima entità dei crediti residui.
Il motivo non può essere accolto per difetto di specificità. Il ricorrente deduce infatti la violazione del disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, comma 3 secondo cui “la misura dell’indennizzo (..)non può in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice”, ma non specifica quale fosse per ciascuno degli originari ricorrenti il credito residuo alla data di chiusura del fallimento, limitandosi genericamente e parlare di “poche centinaia di Euro”, così non ponendo questa Corte in grado di valutare la violazione di quanto prescritto dal richiamato comma 3 dell’art. 2-bis.
2. Il ricorso va quindi rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore dei controricorrenti che liquida in Euro 1.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge, con distrazione in favore dell’avvocato Marta Bocci, che si è dichiarata antistataria.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, il 22 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2021