Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.23355 del 24/08/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24211-2019 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL CASALE STROZZI, 31 sc. B, presso lo studio dell’avvocato LAURA BARBERIO, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO TARTINI, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto di rigetto n. cronol. 6276/2019 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il 26/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/11/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

PREMESSO CHE:

1. C.M., cittadino della Repubblica di ***** (*****), adiva il Tribunale di Venezia, sezione specializzata in materia di immigrazione, a seguito del rigetto da parte della Commissione territoriale di Verona, sezione di Treviso, della sua domanda di protezione internazionale, chiedendo il riconoscimento della protezione c.d. umanitaria. A sostegno della domanda aveva dichiarato di avere lasciato il proprio paese per il timore di ammalarsi di ebola, essendosi ammalato di tale malattia il cugino.

Il Tribunale, con decreto 26 luglio 2019, n. 6276, ha rigettato il ricorso.

2. Avverso la decisione del Tribunale di Venezia propone ricorso per cassazione C.M..

Il Ministero dell’interno resiste con controricorso.

CONSIDERATO

CHE:

I. Il ricorso è articolato in tre motivi:

a) i primi due motivi, unitariamente trattati dal ricorrente, denunciano il primo erronea applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e il secondo omesso esame di un fatto decisivo, in relazione ai presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria; i due motivi contestano al Tribunale, sotto il profilo dell’erronea applicazione di legge e dell’omesso esame di un fatto decisivo, di non avere considerato la grave emergenza umanitaria, e la situazione socio-economica, in cui si è venuta a trovare la ***** a seguito dell’epidemia di ebola;

b) il terzo motivo fa valere “violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5, comma 6 e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 2, lett. h) bis, D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 17, D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3 e 3-bis per la dedotta irrilevanza dell’esperienza subita in Libia dal ricorrente, il mancato riconoscimento della sua vulnerabilità e il mancato accertamento delle effettive conseguenze, sul piano psico-fisico delle violenze subite”.

Il terzo motivo è fondato. A fronte dell’allegazione da parte del ricorrente delle torture subite durante l’incarcerazione in Libia, provate dall’esistenza di cicatrici, cicatrici descritte da un certificato medico, il Tribunale ha negato la rilevanza delle vicende “vissute in Libia, in assenza di conseguenze attuali sulla salute e sulla persona del ricorrente”, avendo questi “esclusivamente delle cicatrici”.

In tal modo il Tribunale non ha considerato che il richiamato del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, lett. h) bis (nella formulazione introdotta dal D.Lgs. n. 142 del 2015) definisce quali persone vulnerabili quelle per le quali è accertato che hanno subito torture o altre forme gravi di violenza (v. pure il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 17). La giurisprudenza di legittimità ha d’altro canto precisato che il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari costituisce una misura atipica e residuale, volta ad abbracciare situazioni in cui non può disporsi l’espulsione e deve provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in condizioni di vulnerabilità, da valutare caso per caso, anche considerando le violenze subite nel Paese di transito e di temporanea permanenza del richiedente, potenzialmente idonee, quali eventi in grado di ingenerare un forte grado di traumaticità, a incidere sulla condizione di vulnerabilità della persona (v. Cass., n. 13096 del 2019).

L’accoglimento del terzo motivo comporta l’assorbimento dei primi due.

Il provvedimento impugnato va pertanto cassato in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata al Tribunale di Venezia; il giudice di rinvio provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rimette la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Venezia, sezione specializzata in materia di immigrazione, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472