LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27999-2017 proposto da:
ENGIE SERVIZI SPA IN PERSONA DEL PROCURATORE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE 97, presso lo studio dell’avvocato LEOPOLDO DE’ MEDICI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ROMANO VACCARELLA, ALESSANDRO RICCIONI;
– ricorrente –
Nonché da:
IRCCS I.F.O.-I.R.E., nella qualità di DIRETTORE GENERALE E LEGALE RAPP.TE PRO-TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZZA GRAZIOLI 5, presso lo studio dell’avvocato MARIA ROSARIA RUSSO VALENTINI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANGELO TUZZA;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 6375/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/03/2021 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.
FATTI DI CAUSA
La spa Engie Servizi, quale capogruppo di ATI e mandataria della spa Natura, ebbe ad avviare giudizio arbitrale nei riguardi dell’Istituto di Ricerca Istituti Fisioterapici Ospedalieri per accertare l’inadempimento dell’Ente sanitario rispetto ai patti previsti dal contratto d’appalto, stipulato il 7.6.2000, intercorrente tra le parti ed ottenere il pagamento del dovuto ed il ristoro dei danni patiti.
Resistette l’Istituto di ricerca ed ebbe avvio il giudizio arbitrale, che venne definito con lodo non definitivo del 2.12.2013 e definitivo del 14.7.2015, provvedimenti che furono impugnati dall’Ente pubblico ospedaliero avanti la Corte d’Appello di Roma, la quale, all’esito, ebbe a rigettare l’impugnazione avverso il lordo non definitivo e ad accogliere parzialmente quella relativa alle statuizioni portate nel lodo definitivo.
Osservava il Collegio romano come il rapporto tra le parti aveva natura eminentemente privatistica e valida era la clausola compromissoria pattuita originariamente tra l’ATI e la srl *****, cui l’Ente pubblico era subentrato, sicché rigettava l’impugnazione avverso il lodo non definitivo. Quanto al merito della contesa, la Corte capitolina – per quanto ancora interessa – ha rilevato nullità del lodo definitivo per difetto di motivazione da parte dei Collegio arbitrale in ordine all’ammontare del risarcimento dei danni riconosciuto alla ATI appaltante ed, in sede rescissoria, ha quantificato la somma dovuta a tale titolo in misura minore.
La Corte capitolina ha, pure, accolto il motivo di nullità afferente la mancata applicazione della speciale norma di riduzione del prezzo d’appalto portata nella L. n. 135 del 2012, riducendo di conseguenza in sede rescissoria il prezzo del servizio reso dall’ATI secondo la percentuale prevista da detta legge.
La spa Engie Servizi, quale capogruppo dell’ATI ma mandataria in causa solo per la spa Natura, ha proposto ricorso per cassazione, avverso la sentenza resa dalla Corte romana, fondato su tre motivi ed illustrato con nota difensiva.
L’Ente Istituti Fisioterapici Ospedalieri si è costituito ritualmente con controricorso, portante anche impugnazione incidentale condizionata articolata su sette motivi, illustrato anche con nota difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto dalla spa Engie Servizi nella sua qualità di mandatario della spa Natura s’appalesa privo di fondamento e va rigettato, con conseguente assorbimento dell’impugnazione incidentale condizionata.
Con il primo mezzo d’impugnazione la società ricorrente denunzia violazione dell’art. 829, n. 5 in relazione all’art. 823 c.p.c., n. 5 posto che il Collegio romano ebbe a ritenere la nullità parziale del lodo definitivo in punto liquidazione del riconosciuto danno per omessa motivazione.
Ad opinione della parte ricorrente, invece, la motivazione al riguardo esisteva ed era puntuale, poiché indicate le fonti di prova a sostegno del convincimento ed indicato come il danno ristorato era collegato ai compensi, cui la spa Natura aveva rinunziato in forza degli accordi transattivi, ed agli inadempimenti da parte dell’Ente pubblico sanitario.
Ad opinione della società ricorrente, pertanto, la Corte capitolina ha inteso sovrapporre propria motivazione a quella esposta dagli Arbitri poiché non condivisa nel merito.
La censura svolta appare priva di pregio posto che la Corte distrettuale ha partitamente ritrascritto nella sentenza il passo della decisione sul punto – adottata a maggioranza dagli arbitri – che appunto operava bensì riferimento alle pretese rinunziate in sede di transazione ma per evidenziare – genericamente – come tali perdite ebbero ad incidere sulla stabilità economica della spa Natura, ma non già individuava – anche per quanto infra illustrato – quali specifici pregiudizi dette rinunce provocarono e furono dagli Arbitri ritenuti poste di danno risarcibile.
Inoltre la Corte capitolina ha posto in evidenza come nel lodo gli Arbitri non ebbero ad indicare i specifici riscontri probatori offerti dalla società ricorrente a conferma dei pregiudizi incidenti sulla sua “solidità” – di cui chiedeva il ristoro – neppure operando rinvio a preciso punto dell’elaborato peritale, siccome significativamente fatto in relazione ad altre poste – e come gli Arbitri nemmeno ebbero in effetti ad indicare quali specifici pregiudizi intendevano ristorare con a somma di Euro 9 milioni apoditticamente fissata.
Nel suo argomento critico la spa Engie si limita ad esporre il proprio ragionamento per dimostrare come quanto scritto nel lodo era motivazione sufficiente, poiché – a sua opinione – individuate le fonti probatorie a sostegno dei pregiudizi ristorati ed anche indicati gli stessi mediante il cenno operato alle rinunzie fatte nel 2010.
Pertanto la critica svolta con il mezzo d’impugnazione appare quale elaborazione di propria opzione esegetica dei medesimi dati giuridico-fattuali meramente contrapposta alla statuizione adottata sul punto dal Collegio romano, così sollecitando a questa Corte di legittimità inammissibile valutazione circa la migliore tra due tesi ugualmente ragionevoli.
Con la seconda doglianza la società ricorrente lamenta – con relazione alla posta di danno siccome liquidata dai Giudici nella fase rescissoria – violazione delle norme ex artt. 1218,1223,1225 e 1226 c.c. in tema di liquidazione del danno da inadempimento contrattuale.
Rileva la spa Engie Servizi come la liquidazione del danno, siccome operata nella sentenza impugnata, non tiene conto delle emergenze istruttorie acquisite al procedimento, specie le indicazioni fornite dalla consulenza tecnica e le rinunzie operate dalla spa Natura in relazione al corrispettivo dovutole nell’ambito della transazione del 2010, che il consulente ha dichiarato esistenti e liquidabili in via equitativa.
L’argomentazione critica svolta si compendia in un riesame del merito della questione, formulando propria opzione valutativa dei dati probatori acquisiti in atti e contrapponendolo all’apprezzamento di detti dati operato dalla Corte territoriale.
Difatti il Collegio romano ha messo in evidenza come a sostegno della domanda di ristoro del danno da perdita di chance, di compromissione del buon nome commerciale con Istituti di credito e mancato sviluppo di mercato, non risulta versata in causa prova alcuna e come nemmeno l’elaborato peritale al riguardo soccorra la pretesa della spa Natura.
In particolare il Collegio capitolino ha puntualizzato come il ragionamento al riguardo formulato dal consulente – e richiamato a sostegno della censura ancora in questa sede – sia mera risposta al conteggio dei danni elaborato dai consulente della parte, sicché – come sottolineato dal Consulente – rappresenta solo “un’analisi di ragionevolezza” posto che “non risultano agli atti del procedimento arbitrale elementi che consentano di verificare le ipotesi poste a fondamento delle stime da parte del CT di ATI”.
Dunque il Collegio romano ha puntualmente esaminato il tessuto probatorio esistente in atti e concluso motivatamente che non supportava la liquidazione della posta creditoria nella misura pretesa dalla società ricorrente.
Inoltre i Giudici romani hanno anche valutato la pretesa fondata sulle rinunzie conseguite all’accordo transattivo del 2010 e puntualizzato come detto accordo non risulta risolto, in quanto rigettata la relativa domanda da parte degli Arbitri, sicché detto accordo transattivo era ancora in vigore tra le parti ed alcun titolo consentiva alla spa Natura di superare le rinunce fatte.
Con il terzo mezzo d’impugnazione la spa Engie Servizi denuncia violazione del disposto D.L. n. 95 del 2012, ex art. 15 convertito con la L. n. 135 del 2012, in quanto il Collegio romano ha ritenuto, bensì il contratto d’appalto servizi intercorso tra le parti disciplinato dalle norme del codice civile e, non già, soggetto al Codice degli Appalti di natura pubblicistica, ma, ciò nonostante, lo ha ritenuto soggetto alla decurtazione stabilita dalla norma indicata in rubrica, siccome violata.
Opina la società ricorrente che, invece, una corretta esegesi della norma de qua lumeggiava come la detrazione era applicabile solo ai contratti di appalto conclusi secondo la speciale normativa del Codice degli appalti della P.A., posto che i contratti di locazione – cui opera riferimento la Corte distrettuale – erano sempre conclusi dalle Amministrazioni jure privatorum, mentre il richiamo alla disciplina D.L. n. 98 del 2011, ex art. 17 chiariva come la detrazione opera con relazione alla tipologia dei contratti pubblici da tale norma disciplinati.
La censura proposta appare priva di fondamento giuridico posto che enfatizza l’erroneità del cenno operato dalla Corte laziale al contratto di locazione – effettivamente non di rilievo nella specie – e si limita ad apodittica affermazione circa l’incidenza nella questione del richiamo al D.L. n. 98 del 2011, art. 17 presente nel D.L. n. 95 del 2012, art. 17, comma 3.
In effetti il Collegio romano ha bene interpretato la disposizione di legge in tema di riduzione ope legis del prezzo degli appalti stipulati con Enti pubblici, quale pacificamente è l’Istituto resistente.
Difatti le due norme interessate operano su piani diversi e non si sovrappongono, come ipotizzato nell’esegesi offerta dalla parte ricorrente, in quanto la disposizione in D.L. n. 95 del 2012, art. 15, comma 13 – al dichiarato fine di immediato contenimento della spesa sanitaria siccome palesato nel comma 1 medesimo articolo -, dispone la riduzione del prezzo di qualsiasi contratto di appalto servizi – caso di specie – in essere con Enti del S.S.N. – quale è l’I.F.O. resistente – con effetto dalla sua entrata in vigore.
Mentre il richiamo alla norma D.L. n. 98 del 2011, ex art. 17, comma 1 ha l’evidente scopo di evitare l’interazione della riduzione immediata – “contratti… in essere – disposta con la disciplina organica di programmazione della spesa sanitaria sul lungo termine, settore appunto regolato dall’art. 17 citato.
Dunque rettamente il Collegio romano ha evidenziato che alcuna ragione logico-giuridica lumeggiava una limitazione della riduzione immediata e generale prevista dalla citata norma ai soli contratti conclusi con le modalità del Codice degli Appalti ed in tal senso va apprezzato il cenno ai contratti di locazione, posto che questi sono sempre contratti stipulati dagli Enti pubblici in regime di diritte privato e, non già, secondo la disciplina pubblicistica.
Il rigetto dell’impugnazione principale comporta l’assorbimento di quella svolta in via incidentale dall’I.F.O. poiché espressamente subordinata all’accoglimento dell’impugnazione principale, come visto rigettata.
Al rigetto del ricorso segue la condanna della spa Engie Servizi alla rifusione verso l’Ente ospedaliero resistente delle spese di lite per questo giudizio di legittimità, tassate in Euro 11.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
PQM
Rigetta l’impugnazione principale, assorbita quella incidentale, e condanna la spa Engie Servizi a rifondere all’Ente resistente le spese di lite afferenti questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 11.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge e rimborso forfetario nella misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza de, presupposti processuali per il versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza di camera di consiglio, il 16 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2021