Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.23388 del 24/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16929-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MA.DE. IMMOBILIARE SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NIZZA, 11, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO PROTO, rappresentata e difesa dall’avvocato FABRIZIO SENATORE;

– controricorrente-

e contro

COMUNE di SALERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2663/2017 della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA SEZ.DIST. di SALERNO, depositata il 21/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/05/2021 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA.

RILEVATO

che:

p. 1. L’agenzia delle entrate propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 2663 del 21.3.2018, notificata il *****, con la quale la commissione tributaria regionale, in riforma della prima decisione, ha ritenuto illegittimi gli atti congiuntamente impugnati dalla MADE Immobiliare srl nei confronti sia della stessa agenzia delle entrate sia del Comune di Salerno, ed aventi rispettivamente ad oggetto:

– l’avviso di verifica di classamento catastale di un compendio immobiliare a destinazione cinematografo sito in *****, a seguito di Docfa 23 dicembre 2014;

l’avviso di accertamento Ici notificatole dal Comune di Salerno, sulla base di tale classamento, per l’annualità 2010.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che:

– la rendita catastale originariamente attribuita dall’amministrazione finanziaria era stata fatta oggetto, mediante Docfa 5 Febbraio 2015, di istanza di rettifica in autotutela da parte della società contribuente per errori materiali sullo stato dei luoghi (riconducibili allo stato di grezzo nel quale si trovava il compendio immobiliare ed all’esistenza di tre sale cinematografiche in luogo delle quattro inizialmente dichiarate);

– l’amministrazione finanziaria aveva in parte recepito questa istanza Docfa di rettificazione di errori materiali di classamento, emettendo il 2 aprile 2015 nuovo avviso di attribuzione di rendita nel quale riduceva sensibilmente (pur senza accogliere del tutto le rendite proposte dalla società) le rendite originariamente attribuite;

– trattandosi di rettifica di errore materiale, le nuove rendite così attribuite avevano effetto retroattivo fin dalla originaria denuncia, con la conseguente illegittimità dell’avviso di accertamento Ici notificato dal Comune, in quanto ancora basato sulle rendite errate.

Resiste con controricorso e memoria la società contribuente, mentre nessuna attività difensiva è stata in questa sede posta in essere dalli intimato Comune di Salerno.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, per non avere la CTR considerato che né la disposizione citata né altra previsione di legge consentiva l’autonoma impugnabilità del diniego, espresso o tacito, di autotutela.

p. 2.2 Il motivo è inammissibile per difetto di pertinenza alla fattispecie. Esso non tiene conto del fatto che il ricorso originario della società contribuente aveva avuto ad oggetto diretto e principale l’avviso di accertamento Ici (atto impositivo certamente impugnabile citato ex art. 19), in quanto notificatole dal Comune di Salerno su una base imponibile erroneamente determinata (rendita catastale antecedente alla rettifica). Si tratta, del resto, di avviso di accertamento il cui annullamento deve ritenersi ormai definitivo, perché non fatto oggetto di impugnazione da parte dell’amministrazione comunale, unica legittimata in tal senso.

Neppure, la presente doglianza tiene conto del fatto che con il ricorso originario la società non aveva inteso impugnare il diniego di annullamento in autotutela, bensì far valere l’efficacia retroattiva riflessa – appunto ai fini Ici – del provvedimento con il quale l’amministrazione finanziaria aveva in parte qua accolto, non respinto, l’istanza Docfa volta a far emergere gli errori della precedente attribuzione, in quanto indifferente al fatto che il compendio immobiliare si presentasse al grezzo e con una diversa ripartizione interna.

Sicché l’ultima rendita così attribuita dall’amministrazione finanziaria a seguito dell’istanza di parte contribuente del 5 febbraio 2015 veniva da quest’ultima dedotta:

– quale atto autonomamente impugnabile di classamento catastale (anch’esso certamente rientrante nel novero degli atti impugnabili citato ex art. 19);

– quale elemento costitutivo della diversa fattispecie impositiva Ici, e ciò sulla base di una determinata tesi giuridica (respinta dal primo giudice ed accolta dal secondo) orientata nel senso della retroattività delle rendite rettificate e, per tale via, della loro rilevanza anche per l’annualità Ici 2010, oggetto precipuo dell’accertamento impugnato.

Dunque, per quanto concerne il rapporto processuale con l’agenzia, non di impugnazione di “diniego di autotutela” in sostanza si trattava, quanto di impugnazione di classamento mediante (per quanto qui ancora rileva) rivendicazione di efficacia retroattiva della nuova attribuzione di rendita in funzione dell’annullamento dell’atto impositivo Ici impugnato.

Va dunque esclusa la rilevanza in concreto della denunciata violazione normativa.

p. 3.1 Con il secondo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – omesso rilievo della inammissibilità del ricorso introduttivo nei confronti dell’agenzia per difetto del requisito di specificità; si trattava infatti di ricorso contraddittorio che non teneva conto del fatto che la modificazione della rendita era qui avvenuta a seguito di procedura Docfa da parte della contribuente, come già osservato dai primi giudici i quali lo avevano, per tale ragione, dichiarato inammissibile.

p. 3.2 Anche questo motivo deve ritenersi inammissibile, risultando esso generico ed indeterminato là dove:

– non specifica se, quando e con quali modalità la relativa eccezione (genericità ovvero contraddittorietà intrinseca del ricorso originario) sia stata dedotta nel corso del primo grado di giudizio e, quindi, riproposta in appello; significativo, in proposito, è che di essa non si faccia menzione nella sentenza della commissione tributaria regionale impugnata, il che avrebbe dovuto ulteriormente onerare l’agenzia ricorrente della chiara ricostruzione ed esauriente specificazione degli esatti termini processuali della questione stessa;

– non esplicita per quali ragioni il ricorso originario risultasse assolutamente contraddittorio ed indeterminato al punto da pregiudicare l’esercizio del contraddittorio e del proprio diritto di difesa;

– non si fa carico, nemmeno in questo caso, di quanto già osservato nella disamina del motivo di ricorso che precede, e cioè del fatto che come implicitamente ritenuto dalla CTR (che, affrontando il merito della questione, ha per ciò solo ritenuto ammissibile la domanda della società) il ricorso originario risultava comunque sufficientemente chiaro e specifico nel riferire l’impugnazione della società tanto all’avviso di accertamento Ici quanto al provvedimento di attribuzione delle nuove rendite catastali in quanto funzionali al primo; e ciò in ragione di un’impostazione processuale che di per sé non poteva apparire né indeterminata né contraddittoria, vista anche la stretta connessione, ed anzi la pregiudizialità, tra i due aspetti (rendita e base imponibile Ici).

p. 4.1 Con il terzo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione della L. n. 342 2000, art. 74, comma 1, dal momento che le rendite rettificate, in quanto rinvenienti da procedura Docfa attivata dalla società, prendevano effetto solo dalla loro notificazione e non esplicavano pertanto (a differenza del caso in cui ponessero rimedio ad errori dell’ufficio) efficacia retroattiva. Tanto più che, nel caso di specie, con l’istanza del 5 aprile 2015 la società aveva chiesto sia l’annullamento della denuncia di variazione da essa presentata il 23 dicembre 2014, sia la rettifica della variazione originaria del 3 novembre 2009, da ritenersi quest’ultima ormai superata e non più attuale dalla variazione successiva “per divisione e diversa distribuzione degli spazi interni”.

p. 4.2 Il motivo è infondato, dal momento che il giudice di merito ha attribuito all’atto di nuovo classamento adottato dall’Agenzia delle entrate il 2 aprile 2015 (in recepimento, in parte qua, dell’istanza di rettifica presentata dalla società con procedura Docfa nel febbraio precedente) la natura sostanziale di riconoscimento da parte dell’ufficio dell’errore della precedente attribuzione; e ciò in ragione del fatto che tale nuovo classamento conformava la rendita allo stato dei luoghi già esistente al momento della prima (errata) assegnazione.

Sennonché, in forza di questa qualificazione del provvedimento attributivo, si rendeva in effetti esattamente applicabile anche alla presente fattispecie – di riconoscimento dell’errore a favore del contribuente l’indirizzo di legittimità secondo cui (Cass. n. 27906 del 2009, così Cass. n. 16241 del 2015 ed altre): “In tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), la regola generale prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2, secondo cui le variazioni delle risultanze catastali hanno efficacia, ai fini della determinazione della base imponibile, a decorrere dall’anno d’imposta successivo a quello nel corso del quale sono state annotate negli atti catastali, non si applica al caso in cui la modificazione della rendita catastale derivi dalla rilevazione di errori di fatto compiuti dall’ufficio nell’accertamento o nella valutazione delle caratteristiche dell’immobile esistenti alla data in cui è stata attribuita la rendita, in quanto il riesame di dette caratteristiche da parte del medesimo ufficio comporta, previa correzione degli errori materiali, l’attribuzione di una diversa rendita a decorrere dal momento dell’originario classamento, rivelatosi erroneo o illegittimo”. Ne segue quindi il rigetto del ricorso, con condanna dell’Agenzia delle entrate ricorrente alla rifusione delle spese di lite che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in Euro 6.000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario ed accessori di legge;

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, tenutasi con modalità da remoto, il 19 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2021

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