Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.23480 del 26/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36004-2019 proposto da:

S.D., elettivamente domiciliato in Caravaggio (BG), Via Treviglio n. 1, presso l’avv. MAURO PIGINO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1644/2019 della CORTE D’APPELLO DI TORINO, depositata il 19/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/03/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

RITENUTO

CHE:

S.D. viene dal *****, dove ha vissuto lavorando in una erboristeria, in una città diversa da quella sua di origine, fino a che è stato accusato ingiustamente di un furto avvenuto in quel negozio ed ha dunque deciso di ritornare nella sua città natale, dove però ha avuto la sorpresa di non trovare più la sua famiglia, che era dovuta fuggire all’estero in quanto il padre, avendo una responsabilità religiosa, aveva contravvenuto ad alcune disposizioni governative. Questa situazione lo ha indotto a venire in Italia, dove il ricorrente, ha chiesto la protezione internazionale e quella umanitaria.

Impugna una decisione della Corte di Appello di Torino che, confermando quella di primo grado, ha rigettato la richiesta di protezione, da un lato ritenendo non veridico il suo racconto, per altro verso negando una situazione di violenza generalizzata in *****, ed infine ritenendo che le allegazioni fatte dal ricorrente quanto alla sua situazione personale non sono sufficienti a riconoscere la protezione umanitaria.

Il ricorso è basato su due motivi. Il Ministero si è costituito tardivamente ma non ha notificato controricorso.

CONSIDERATO

CHE:

Il ricorso è basato su due motivi.

Con primo motivo si denuncia sia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 3 che violazione della L. n. 286 del 1998, art. 5.

In entrambi i casi, la censura è di violazione dell’obbligo di cooperazione: sembra di capire che la corte è venuta meno a tale obbligo sia al fine della protezione umanitaria, (“La Corte d’appello nel disattendere la domanda di riconoscimento della protezione umanitaria… è venuta meno all’obbligo di cooperazione istruttoria fondando il suo rigetto sull’esame di siti non attuali dedicati alla situazione politica del *****”), sia al fine di meglio valutare la situazione di conflitto armato generalizzato, che ha escluso.

Il motivo è inammissibile.

La censura è generica, si limita alla astratta affermazione del dovere di cooperazione istruttoria, e soprattutto alla astratta denuncia di fonti di conoscenza non attuali, ferme al 2016-2017.

La corte indica in realtà due fonti, di cui una delle due effettivamente senza data, ma l’altra, riferita al 2017 e dunque con un riferimento temporale che soddisfa il criterio della indicazione delle fonti di conoscenza.

Per contro il ricorrente che intenda contestare l’inadeguatezza delle fonti citate nel caso di loro non attualità deve dimostrare a sua volta che v’erano fonti più attuali ed attendibili cui fare riferimento, e non limitarsi, come nel nostro caso, a citare il sito ***** che come è noto (v. Cass. 8819/2020) è un sito inattendibile per conoscere la situazione generale del paese, in quanto rivolto ad informare i turisti.

Il secondo motivo denuncia violazione della L. n. 286 del 1998, art. 5.

Secondo il ricorrente la corte avrebbe disatteso i criteri di valutazione della protezione umanitaria, non tenendo conto del suo inserimento lavorativo in Italia.

Il motivo è infondato.

La corte ha tenuto invece conto del contratto di lavoro, cui ha dato scarso rilievo in quanto relativo ad un periodo passato rispetto al momento del ricorso (buste paga anteriori), ed ha effettuato la comparazione tra il livello di vita raggiunto in Italia e quello che si verrebbe ad avere in caso di rimpatrio, escludendo, con giudizio di fatto, qui non censurato neanche, a ben vedere, che questa comparazione possa portare al riconoscimento della protezione umanitaria (p. 11).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2021

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