Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.23559 del 30/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23339-2019 proposto da:

T.E., rappresentato e difeso dall’avv. ROSA EMANUELA LO FARO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, IN PERSONA DEL MINISTRO PRO TEMPORE *****, PROCURA GENERALE REPUBBLICA CATANIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1474/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 21/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/06/2020 dal Consigliere e Presidente Dott.ssa MARIA ROSARIA SAN GIORGIO;

Presenti le conclusioni del P.G. Dott.ssa FRANCESCA CERONI.

FATTI DI CAUSA

1.- La Corte d’appello di Catania ha rigettato il gravame proposto da T.E., originario del *****, nei confronti della ordinanza del Tribunale di Catania che aveva confermato il provvedimento della competente Commissione Territoriale di rigetto della sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale nelle diverse forme.

Per quanto ancora rileva nella presente sede, il giudice di secondo grado, premesso che il presunto vizio di nullità, per mancata traduzione, del provvedimento della Commissione Territoriale non assumeva rilievo nel giudizio, avente ad oggetto la sussistenza del diritto invocato dal ricorrente e non l’atto impugnato (nella specie, comunque, tradotto in inglese, francese, spagnolo ed arabo), ha rilevato, nel merito, la manifesta infondatezza del gravame in quanto lo stesso appellante aveva esclusivamente denunciato la motivazione del rigetto adottata dal primo giudice perché asseritamente fondata sulla insussistenza in ***** di una situazione di conflitto armato pur esistendo nella regione di provenienza del T. un conflitto separatista che ormai da molti anni stava logorando il Paese, cadendo in un evidente errore, in quanto in realtà il Tribunale aveva affermato che il ***** “attualmente appare orientato verso una significativa svolta democratica, essendosi insediato il nuovo Presidente B.A., eletto dopo la lunga dittatura di Y.J.”.

2.- Per la cassazione di tale sentenza ricorre T.E. sulla base di cinque motivi. L’intimato Ministero dell’Interno non si è costituito nel giudizio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 606 c.p.p. in relazione all’art. 174 c.p.p. Il provvedimento della Corte d’appello sarebbe illegittimo per essere stato il giudice istruttore sostituito d’ufficio da un diverso relatore dopo la istruttoria del procedimento. Il nuovo giudice non ha fissato una udienza istruttoria dinanzi a sé onde consentire di reiterare la domanda di audizione dell’appellante, ma è subentrato nella udienza di precisazione delle conclusioni, non partecipando alla prima fase del giudizio di appello, ma solo a quella finale, fungendo poi da relatore.

2. – Il motivo, in disparte la erroneità del richiamo alle disposizioni di cui si denuncia la violazione, è privo di fondamento.

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il principio della immutabilità del collegio, anche nel caso in cui la trattazione della causa si svolga in più udienze, trova applicazione soltanto una volta che abbia avuto inizio la fase di discussione, in quanto solo da questo momento è vietata la deliberazione della sentenza da parte di un collegio composto diversamente da quello che ha assistito alla discussione (Cass., sentt. n. 16738 del 2011, n. 26820 del 2007).

Tale affermazione riguarda anche i procedimenti in camera di consiglio, nei quali, mancando una fase istruttoria, non viene nominato un giudice istruttore ma solo un relatore, con la conseguenza che non è vietata la sostituzione di uno o più componenti del collegio prima che abbia inizio la discussione, anche quando quest’ultima si svolga in una udienza diversa da quelle destinate alla raccolta degli elementi da valutare ai fini della decisione (Cass., sent. n. 16738 del 2011, cit.).

Con riguardo specificamente ai procedimenti in tema di protezione internazionale, questa Corte ha precisato poi anche che non è affetto da nullità il procedimento nel cui ambito un giudice onorario di tribunale abbia svolto attività processuali e abbia poi rimesso la causa per la decisione al collegio della sezione specializzata in materia di immigrazione, in quanto la estraneità di detto giudice al collegio non assume rilievo a norma dell’art. 276 c.p.c., dato che, con riguardo ai procedimenti camerali, il principio di immutabilità del giudice non opera con riferimento ad attività svolte in diverse fasi processuali (Cass., ord. n. 7878 del 2020).

Per quanto concerne la mancata audizione del ricorrente, deve ribadirsi che nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, in caso di mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare, pena la violazione del contraddittorio, la udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, senza che sorga tuttavia l’automatica necessità di dare corso all’audizione, il cui obbligo, conformemente alla direttiva 2013/32/CE, grava esclusivamente sull’autorità amministrativa incaricata di procedere all’esame del richiedente. (v., ex aliis, Cass., ord. n. 2817 del 2019). Il giudice ha l’obbligo di disporre l’audizione del richiedente solo se: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile (v. Cass., sent. n. 21584 del 2020).

Nella specie, non sussiste alcuna di tali situazioni.

3. – Con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 606 c.p.c. in relazione alla carenza di motivazione e la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 9. Il rigetto della domanda di protezione internazionale da parte della competente Commissione Territoriale sarebbe carente di motivazione.

4. – La censura – a prescindere dall’erroneo riferimento alla disposizione codicistica che si assume violata – non può trovare ingresso nel presente giudizio, che non ha ad oggetto l’atto amministrativo che ha dato luogo alla controversia in sede giurisdizionale, bensì il provvedimento che quella controversia ha definito.

5. – Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 La decisione impugnata sarebbe fondata sul presupposto che i fatti narrati non rientrino nelle previsioni della Convenzione di Ginevra, e tale motivazione sarebbe considerata dalla Corte di merito assorbente rispetto a tutte le altre ipotesi di protezione internazionale. Si lamenta, inoltre, la violazione DEL D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 1, lett. b-bis), per la mancata specificazione dei motivi della manifesta infondatezza della domanda.

6. – La censura è inammissibile.

6.1. – La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass., SS.UU., sent. n. 8053 del 2014).

6.2. – Nella specie, il ricorrente, nel dedurre il vizio di motivazione, non si è confrontato con la ratio della decisione impugnata, la quale, premesso che l’appellante si doleva esclusivamente che il Tribunale non avesse motivato il proprio convincimento che in ***** non sussistesse una situazione di conflitto armato pur riconoscendo che nella regione di provenienza del ricorrente esisteva un conflitto separatista che ormai da molti anni stava logorando il Paese, ha sottolineato che la motivazione di rigetto della domanda di riconoscimento della protezione internazionale da parte del Tribunale non era stata quella indicata dal T., ma che essa si era fondata sulla considerazione che “il ***** attualmente appare orientato verso una significativa svolta democratica, essendosi insediato il nuovo Presidente B.A., eletto dopo la lunga dittatura di Y.J.”.

Il ricorrente ha completamente ignorato sia tale rilievo, sia la perimetrazione che dell’oggetto della sua domanda aveva operato la Corte territoriale, a fronte della quale avrebbe dovuto nel ricorso per cassazione non solo allegare le deduzioni asseritamente ignorate dal giudice di secondo grado, ma altresì indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò fosse avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio.

7.- Tale rilievo dà altresì conto della inammissibilità del quarto motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 9 e 14 e D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3,4,5 e 19, contestandosi, oltre alla sinteticità del verbale di audizione redatto dalla Commissione Territoriale, sottratto alla valutazione di questa Corte, la mancata considerazione da parte del giudice di secondo grado della condizione personale del ricorrente e della situazione di persecuzione dei cittadini nel Paese di provenienza dello stesso; nonché del quinto motivo, con il quale si deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e dell’art. 10 Cost., per la mancata considerazione del pericolo per il ricorrente di trattamento disumano e degradante per motivi religiosi in caso di rimpatrio, e per la omessa valutazione della integrazione dello stesso in Italia.

8.- Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Non v’e’ luogo a provvedimenti sulle spese del presente giudizio, non avendo l’intimato Ministero svolto attività difensiva. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, dall’art. 1, comma 17, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 23 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2021

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