Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.23564 del 30/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25067-2019 proposto da:

A.W., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE UNIVERSITA’

11, presso lo studio dell’avvocato EMILIANO BENZI, rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRA BALLERINI, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO PROTEZIONE INTERNAZIONALE GENOVA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

nonché contro COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI GENOVA, PUBBLICO MINISTERO PRESSO IL TRIBUNALE DI GENOVA;

– intimati –

avverso il decreto di rigetto n. cronol. 2407/2019 del TRIBUNALE di GENOVA, depositato il 15/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/12/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

FATTI DI CAUSA

A.W. – cittadino della ***** – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Genova avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Torino sez. di Genova, che aveva rigettato la sua istanza di protezione in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’essersi allontanato dal suo Paese poiché, deceduta la madre e spese tutte le risorse economiche della famiglia per le cure della stessa, lui ed il fratello erano rimasti soli, anche perché non volevano adorare il dio pagano dei parenti della madre.

In detto contesto di difficoltà, egli era rimasto prigioniero di una persona che con l’inganno l’aveva fatto arrivare in Liba per farlo lavorare per una persona del luogo in modo coatto; dopo due mesi egli era riuscito a fuggire e ad imbarcarsi per l’Italia.

Il Tribunale ligure ebbe a rigettare il ricorso ritenendo non credibile il racconto del richiedente asilo e non concorrenti i presupposti previsti dalla normativa per il riconoscimento della protezione sussidiaria ovvero di quella umanitaria.

L’ A. ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi.

il Ministero degli Interni, ritualmente, evocato, resiste con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto dall’ A. s’appalesa fondato nei limiti di motivazione quanto al primo motivo di ricorso e va accolto.

Con il primo mezzo d’impugnazione svolto il ricorrente denuncia violazione delle disposizioni D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 2, e art. 14, lett. b) c) e art. 16 nonché vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria. Ad opinione del ricorrente il Collegio ligure non avrebbe esaminato le più recenti informazioni afferenti la situazione socio-politica della *****, desumibili dal sito ***** curato dal Ministero degli Esteri ed il rapporto redatto da Amnesty International, che lumeggiavano la presenza di una situazione si violenza indiscriminata, siccome anche riconosciuto da altri Tribunali e Corti d’Appello in relazione alle posizioni di altri cittadini *****.

Con la seconda doglianza l’ A. deduce violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, ed D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3 e art. 32, poiché i Giudici genovesi non ebbero ad esaminare adeguatamente la sua domanda tesa alla protezione umanitaria in relazione agli elementi documentali lumeggianti il suo sforzo di inserimento sociale e le condizioni di vulnerabilità dedotte quali le condizioni di salute e le traversie patite in Libia.

Con la terza ragione d’impugnazione il ricorrente deduce violazione del disposto ex art. 5, comma 6 e ex art. 19 T.U.I. e normativa Cedu, sempre in relazione al rigetto della sua domanda di protezione umanitaria.

Il primo motivo d’impugnazione appare fondato nei limiti di motivazione.

Il ricorrente specificatamente contesta solo la statuizione afferente la protezione sussidiaria con puntuale relazione alle ipotesi regolate dall’art. 14, lett. b) – pericolo specifico collegato a persecuzione subita – nonché lett. c) – pericolo generico in relazione alla situazione socio-politica del Paese -.

Tuttavia nell’argomentazione critica svolta risulta esaminato, in modo specifico, esclusivamente il secondo profilo ossia il pericolo generico rappresentato dalla condizione socio-politica della *****, mentre alcuna specifica contestazione viene mossa in relazione all’asserito pericolo specifico rappresentato, a dire del ricorrente, dalla possibilità di essere nuovamente raggiunto dai suoi persecutori. Inoltre non risulta attinta da specifica censura la statuizione del Tribunale in ordine alla non credibilità del narrato reso dall’ A., adottata a seguito di puntuale esame delle dichiarazioni, rese dal richiedente asilo, e partita disamina delle ragioni logico-fattuali fondanti detta conclusione.

Di conseguenza nemmeno può sussistere un pericolo concreto dipendente da persecuzione e violenze non ritenute esistenti, poiché la statuizione sulla non credibilità non attinta in questa sede di legittimità da specifica contestazione.

Coglie la testa del chiodo invece la critica relativa alla violazione del disposto D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, ex art. 8, comma 3, posto che il Tribunale, nell’esaminare la situazione socio-politica della ***** in relazione al pericolo generico D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c), si è limitato a negare che la stessa sia connotata da ” conflitto armato in corso ” – così richiamando l’insegnamento della Corte Europea al riguardo – ma senza anche, come prescritto D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, ex art. 8, indicare in modo specifico le fonti informative utilizzate – rapporti redatti da Organismi internazionali all’uopo preposti – per addivenire alla conclusione esplicitata in decreto.

Il ricorrente, anche se non perspicuamente, ha contestato detta statuizione richiamando rapporti redatti da Amnesty ed i suggerimenti dati ai viaggiatori dal Ministero degli Esteri, ossia richiamando elementi specifici utili all’esame della questione, che il Tribunale invece ha omesso di fornire.

Gli altri due motivi di ricorso, in quanto afferenti la statuizione relativa alla protezione umanitaria, rimangono assorbiti stante la natura residuale di tale istituto applicabile una volta esclusa la concorrenza di ragioni per riconoscere una delle altre due forme di protezione previste dalla normativa in tema.

Pertanto, nei limiti afferenti l’esame della domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c) e della chiesta protezione umanitaria, il decreto impugnato va cassato e la causa rimessa al Tribunale di Genova, in altra composizione, che provvederà al nuovo esame della causa in forza del principio di diritto dianzi indicato.

IL Giudice di rinvio provvederà anche a regolare le spese di questo giudizio di legittimità, ex art. 385 c.p.c., comma 3.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso nei limiti di motivazione, assorbito il secondo ed il terzo, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Genova, in altra composizione, che anche provvederà a regolare le spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in camera di consiglio, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2021

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