Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.23576 del 30/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33924-2019 proposto da:

A.J., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MANZONI, 81, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA CONSOLO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di COMO n. 270/2019 depositata il 31/10/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/03/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

RILEVATO IN FATTO

Che:

1. A.J., proveniente dal Bangladesh, ricorre affidandosi a tre motivi per la cassazione dell’ordinanza del giudice di pace che aveva rigettato l’opposizione al decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Como in data 3.9.2019, conseguente alla dichiarazione di inammissibilità della domanda reiterata di permesso di soggiorno pronunciata dalla Commissione territoriale del 28.3.2019.

2. La parte intimata non si è difesa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

1.Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione delle disposizioni previste dalla L. n. 46 del 2017, riguardanti le procedure di notifica degli atti e dei provvedimenti adottati nel procedimento per il riconoscimento dello status di rifugiato da parte delle commissioni territoriali.

1.1. Lamenta, in particolare, che era stato completamente disatteso il procedimento notificatorio previsto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6 che aveva integrato il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 11, in quanto, in thesi, la notifica a mezzo posta non era stata indirizzata al luogo denunciato alla Questura di Como come ultimo domicilio, ma riportava un indirizzo privo di numero civico; deduce, soprattutto, che il giudice di pace aveva del tutto omesso di motivare sulla specifica questione proposta.

2. Con il secondo motivo, deduce altresì, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione e dell’art. 10 Cost., nonché del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 7, art. 19 T.U.I. e degli artt. 3 e 8CEDU.

2.1. Assume che il giudice di pace, senza esaminare la relata di notifica rilevandone la irregolarità e, conseguentemente, l’omessa comunicazione dell’esito della domanda di protezione internazionale reiterata in sede amministrativa, aveva errato nel non ritenere ancora pendenti i termini processuali per l’impugnazione e, conseguentemente, l’illegittimità dell’espulsione derivante anche dal fatto che il rimpatrio avrebbe determinato la violazione degli obblighi previsti dalle convenzioni internazionali sui diritti umani ed, in particolare, gli artt. 3 ed 8 CEDU che erano stati del tutto ignorati.

3. Con il terzo motivo lamenta, ancora, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 7, art. 32, comma 4 e art. 29.

3.1. Assume che era stata ritenuta erroneamente non sindacabile la dichiarazione di inammissibilità della domanda statuita dalla Commissione Territoriale, con decisione “meramente formalistica” con la quale non era stato considerato che non sussisteva alcun obbligo di abbandonare il territorio nazionale nelle more dell’impugnazione del provvedimento amministrativo che aveva per oggetto la domanda reiterata di protezione internazionale.

4. I primi due motivi devono essere congiuntamente esaminati per la stretta connessione logica.

4.1. Con essi, in buona sostanza, il ricorrente censura in primis il provvedimento impugnato deducendo che il giudice di pace aveva erroneamente interpretato le norme sulla notifica dei provvedimenti delle Commissioni Territoriali che, contrariamente a ciò che era avvenuto, dovevano essere effettuate o presso la struttura di accoglienza o presso l’ultimo domicilio noto, ex D.I. n. 13 del 2017, art. 6, comma 1, lett. a) conv. nella L. n. 46 del 2017 (e, cioè, il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 11, comma 3): assume, al riguardo, che la notifica era nulla in quanto egli era stato dichiarato irreperibile in relazione ad un indirizzo, riportato nella ricevuta di spedizione, privo di numero civico il quale, oltretutto, non era mai stato dichiarato come luogo di ospitalità. A ciò conseguiva che tale provvedimento non poteva ritenersi notificato e che il decreto di espulsione doveva ritenersi illegittimo.

4.2. Entrambi i motivi sono inammissibili per assoluta mancanza di autosufficienza, con violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

4.3. Le censure infatti:

a. non individuano né riproducono in questa sede il ricorso avverso il decreto di espulsione, cui il ricorrente fa riferimento nell’esposizione del fatto; né in esse si (Ndr: testo originale non comprensibile) di voler fare riferimento alla presenza del provvedimento nel fascicolo d’ufficio di cui è stata richiesta la trasmissione ex art. 369 c.p.c., come ammette Cass., sez. Un., n. 22726 del 2011.

b. non localizzano la sede processuale in cui può essere rinvenuta la contestata notifica del decreto, sulla quale entrambe si fondano. 4.4. Tale omissione non consente al Collegio di apprezzare gli errori denunciati nei quali sarebbe incorso il giudice di pace.

5. Quanto al terzo motivo, il ricorrente omette di dedurre se contro la dichiarazione di inammissibilità della domanda reiterata fosse stata proposta impugnazione, con ciò non consentendo alla Corte di valutare la persistente pendenza del procedimento: e vale solo la pena di rilevare che la questione relativa alla ritualità della notificazione della dichiarazione di inammissibilità della domanda avrebbe dovuto farsi valere non contro il decreto di espulsone oggetto del presente giudizio ma con l’impugnazione di tale provvedimento, deducendo i presupposti della rimessione in termini.

5.1. In conclusione, anche il terzo motivo è inammissibile per mancanza di specificità ed autosufficienza.

6. La mancata difesa della parte intimata esime la Corte dalla decisione sulle spese.

7. La materia è esente dal versamento del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte, Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di cassazione, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2021

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