Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.23610 del 31/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23394-2019 proposto da:

FORNACI DEL TRAUSO SRL, in persona dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO FIORILLO;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE della PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO SGROI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati LELIO MARITATO, ESTER ADA SCIPLINO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERATE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2188/2018 del TRIBUNALE di SALERNO, depositata il 18/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 22/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA MARCHESE.

RILEVATO

CHE:

la Corte d’appello di Salerno ha dichiarato, ai sensi degli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c., inammissibile l’appello avverso la decisione di primo grado che, a sua volta, aveva dichiarato inammissibile il ricorso della società in epigrafe avverso l’estratto di ruolo per carenza di interesse ad agire;

la Corte di appello ha, anche, aggiunto che la deduzione dell’appellante società di sussistenza di un atto di pignoramento immobiliare, da parte dell’agenzia delle entrate, relativa alla cartella esattoriale oggetto del ruolo opposto, fosse inammissibile, perché non solo proposta per la prima volta in appello ma, altresì, generica, in quanto non riferibile specificamente ai crediti in contestazione;

avverso la decisione di primo grado e l’ordinanza della Corte di appello, ha proposto ricorso per cassazione la società Fornaci del Trauso srl, con due motivi, cui ha resistito, con controricorso, l’INPS; l’Agenzia delle Entrate Riscossione (di seguito, ADER) ha depositato atto di costituzione al solo fine della eventuale partecipazione all’udienza di discussione;

e’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio non partecipata.

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – è dedotta la violazione degli artt. 115,420 c.p.c. e art. 437 c.p.c., comma 2. E’ censurata la statuizione della Corte d’appello di Salerno secondo cui l’esistenza di un atto di pignoramento, circostanza idonea a radicare l’interesse ad agire, era stata genericamente allegata solo nel giudizio di appello. A tale riguardo, la parte ricorrente assume che la sussistenza di due azioni esecutive, riferite alla cartella esattoriale in contestazione, fosse circostanza allegata dallo stesso esattore che ne dava atto, nel giudizio di primo grado, con la memoria difensiva di costituzione depositata dinanzi al Tribunale il 5.1.2017; inoltre, sempre l’esattore, in data 5.6.2016, aveva depositato nel giudizio dinanzi al tribunale, la relata di notifica della cartella esattoriale, l’atto di pignoramento presso terzi del 25.4.2004 e il verbale di pignoramento mobiliare del *****;

con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – è dedotta la violazione dell’art. 100 c.p.c., per avere il Tribunale omesso di considerare, ai fini della valutazione dell’interesse ad agire, le circostanze dedotte dall’esattore e relative all’avvio di un’azione esecutiva nel 2004 e nel 2016;

il primo motivo è inammissibile;

osserva, infatti, il Collegio che l’impugnazione dell’ordinanza d’inammissibilità dell’appello è ricorribile in cassazione esclusivamente per i motivi processuali considerati nella sentenza n. 1914 del 2016 delle sezioni unite di questa Corte;

al di fuori di tali ipotesi, l’ordinanza d’inammissibilità dell’appello è impugnabile con ricorso per cassazione solo nell’eventualità che essa (id est: l’ordinanza resa dal giudice d’appello) si sovrapponga, con argomenti logicamente incompatibili, alle ragioni indicate nella pronuncia di primo grado, sostituendosi alle stesse, in applicazione dell’effetto devolutivo e sostituivo della pronuncia di appello, non essendo “possibile ammettere, in sede di legittimità, una valutazione contestuale della decisione di primo grado e di quella resa a definizione del giudizio di impugnazione (…) in linea con il generale principio che impone una valutazione unitaria e complessiva della natura di un provvedimento giurisdizionale ai fini della valutazione della sua impugnabilità (…)” (Cass. n. 23334 del 2019, in motivazione, p.p. 3.4 e 3.10);

nella fattispecie in esame, la Corte territoriale non ha adottato una pronuncia di inammissibilità dell’appello per ragioni processuali sovrapponibili a quelle indicate nella pronuncia delle sezioni unite sopra ricordata né l’ordinanza presenta un contenuto decisorio incompatibile con la ratio decidendi della pronuncia di primo grado;

il provvedimento riguarda solo il giudizio prognostico di infondatezza dell’appello con l’aggiunta, nella motivazione, di una considerazione (quella relativa alla novità delle deduzioni in ordine alla sussistenza di atti di pignoramento) meramente rafforzativa dell’impianto argomentativo, in fatto e in iure, reso dal giudice di primo grado, come reso evidente dalla affermazione contenuta nella pronuncia della Corte distrettuale secondo cui “la sentenza impugnata (id est: la sentenza del Tribunale) riporta in motivazione gli argomenti, anche impliciti in risposta alle doglianze dell’appellante, mentre una pronuncia di secondo grado sul punto non potrebbe che contenere un’inutile ripetizione di argomenti già abbondantemente e correttamente sviluppati in primo grado (…)”;

ne consegue l’inammissibilità del motivo in quanto avente ad oggetto l’ordinanza di appello;

ad un rilievo di inammissibilità, sia pure per ragioni diverse, si arresta anche il secondo motivo che riguarda la sentenza del Tribunale, qui, invece, impugnabile;

si imputa alla decisione di primo grado la statuizione di inammissibilità dell’azione per difetto di interesse ad agire; si assume la sussistenza di atti di pignoramento, indicati dallo stesso esattore nella memoria di costituzione di primo grado, idonei a radicare l’interesse ad una pronuncia di prescrizione dei crediti, maturata successivamente alla notifica della cartella esattoriale, indicata nel ruolo esattoriale;

il motivo è carente di specificità, perché il ricorrente si è limitato a richiamare l’atto di pignoramento presso terzi del 25.4.2004 nonché quello mobiliare del 19.5.2016 senza, tuttavia, trascriverli, quantomeno nelle parti idonee a sorreggere la censure; inoltre, tali atti non risultano depositati unitamente al ricorso per cassazione né il ricorrente fornisce elementi per una loro facile e immediata localizzazione negli atti di causa;

tali omissioni – che impediscono la valutazione di decisività delle censure – si pongono in contrasto con i principi sanciti dall’art. 366 c.p.c., comma 2, n. 6, e dall’art. 369 c.p.c., comma 1, n. 4, che onerano il ricorrente, quando siano in gioco atti processuali ovvero documenti o prove orali, la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio dei vizi dedotti, di riprodurre nel ricorso, nelle parti significative e rilevanti, il contenuto dell’atto o della prova orale o documentale e di indicarne l’esatta allocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (Cass., sez. un., n. 8077 del 2012 e n. 22726 del 2011; ex plurimis, Cass. n.9793 del 2020; n. 6553 del 2019; n. 33377 del 2018);

sulla base delle svolte argomentazioni, il ricorso va, dunque, complessivamente dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano, in favore dell’INPS, come da dispositivo; nulla si provvede in relazione all’ADER, in difetto di sostanziale attività difensiva;

sussistono, invece, i presupposti processuali per il pagamento, da parte della ricorrente, del doppio contributo, ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore dell’INPS, in Euro 3.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 22 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2021

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