LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15599-2018 proposto da:
C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELL’UNIVERSITA’ 27, presso lo studio dell’avvocato BARBARA NOVELLI, che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO ECONOMIA FINANZE;
– intimato –
avverso il decreto n. cronol. 7284/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositato il 21/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/10/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Rilevato:
che C.R. propone ricorso per la cassazione del decreto n. 7284/2017 della Corte di Appello di Perugia che ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento nei suoi confronti, oltre che delle spese di giudizio e degli accessori, di Euro 3.960,00 a titolo di indennizzo del danno non patrimoniale subito per la violazione della ragionevole durata del processo;
che la Corte di Appello ha liquidato tale somma al ricorrente iure successionis, in quanto il giudizio presupposto era stato instaurato dal suo dante causa a titolo universale, C.F.;
che la Corte ha considerato termine irragionevole di durata del processo quello intercorso tra l’instaurazione del giudizio da parte di C.F. (*****) e la sua morte (*****), ovverosia 10 anni e 11 mesi, sottratto il periodo di tre anni di durata ragionevole del processo, per un totale indennizzabile di 7 anni e 11 mesi;
che la Corte ha liquidato la somma di 500/anno, per un totale di 3.960,00;
che il ricorso si articola di un unico motivo, rubricato come “(1) violazione e falsa applicazione L. 24 marzo 2001, n. 89, (2) violazione e falsa applicazione dell’art. 112 sotto il profilo della violazione del principio della corrispondenza della decisione tra il chiesto e il pronunciato (3) error in procedendo — omessa pronuncia su una parte della domanda – art. 360 c.p.c., n. 4 (4) violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento alla consolidata giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo sull’art. 6. par. 1 della CE.Du, in relazione all’irragionevole divario con i parametri della Corte Europea” (4) in via gradata: omesso esame sul punto decisivo della controversia – art. 360 c.p.c., n. 5";
che con tale motivo di ricorso viene censurato il decreto gravato:
a) per avere liquidato al ricorrente l’indennizzo esclusivamente iure hereditatis, ma non anche arre proprio, come invece avrebbe dovuto fare, atteso che, alla morte di C.F., il giudizio presupposto fu proseguito dall’odierno ricorrente e si concluse con la pronuncia della sent. n. 376/2011 della Corte dei Conti – Sez. Giurisdizionale per la Calabria;
b) per avere liquidato un importo annuo in linea con i parametri introdotti dalla legge di stabilità del 2016, quando invece avrebbero dovuto essere applicati i parametri in vigore antecedentemente, cioè alla data di proposizione della domanda di equa riparazione, ovverosia il 28/02/2012;
che il Ministero dell’Economia e delle Finanze è rimasto intimato;
che la causa è stata chiamata all’adunanza camerale del 22 ottobre 2020, per la quale non sono state depositate memorie;
RITENUTO
che il ricorso è fondato;
che, quanto alla prima doglianza, dalle conclusioni del ricorso proposto alla Corte d’Appello di Perugia, trascritte a pag. 11 del ricorso per cassazione, si rileva che il sig. C. aveva chiesto tanto jure successionis quanto jure proprio l’equa riparazione da irragionevole durata del giudizio pensionistico introdotto da suo padre; la corte umbra, pronunciandosi solo sulla domanda proposta jure successionis (sulle erronea affermazione che il C. aveva agito solo quale erede, cfr. pag. 5, rigo 2, del decreto), è dunque incorsa nel vizio denunciato dal ricorrente;
che, quanto alla seconda doglianza, la Corte d’Appello ha liquidato l’indennizzo facendo riferimento a una giurisprudenza sorta sull’interpretazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 bis introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012;
che tale articolo non poteva essere applicato al caso in specie, atteso che il ricorrente propose domanda di equa riparazione (28/02/2012) prima dell’entrata in vigore delle disposizioni summenzionate (Cass. 19897/2014; Cass. 10054/2015; Cass. 7616/2019);
che la Corte d’Appello avrebbe dovuto attingere ai parametri stabiliti dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e che era suo onere, non assolto, motivare le specifiche ragioni che, nella specie, giustificassero lo scostamento dai parametri CEDU (per l’affermazione che: “in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, i criteri di liquidazione applicati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non possono essere ignorati dal giudice nazionale, il quale può tuttavia apportare le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda, purché motivate e non irragionevoli” si veda Cass. 8471/12; in termini, Cass. 17922/10, Cass. 23034/11).
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d’Appello di Perugia in altra composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2021