Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.23668 del 31/08/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 17629 – 2016 R.G. proposto da:

CONDOMINIO *****, *****, – c.f. ***** – in persona dell’amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, al viale Giuseppe Mazzini, n. 123, presso lo studio dell’avvocato Ludovico Aldo Pagano, che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.A., – c.f. ***** – elettivamente domiciliato in Roma, alla via degli Scipioni, n. 268/a, presso lo studio dell’avvocato Massimiliano Macale, che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale per scrittura autenticata in data 30.5.2019;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 322/2016 della Corte d’Appello di Roma;

udita la relazione nella camera di consiglio del 9 febbraio 2021 del consigliere Dott. Luigi Abete.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con atto notificato il 16.10.2003 P.A. citava a comparire dinanzi al Tribunale di Roma il condominio “*****” di *****.

Esponeva che era stato amministratore del condominio convenuto nel periodo compreso tra giugno 1999 e l’8.2.2002; che nel corso della sua gestione aveva anticipato al condominio somme per il complessivo ammontare di Euro 16.407,24.

Chiedeva condannarsi il condominio a rimborsargli l’importo anzidetto.

2. Si costituiva il condominio “*****”.

Deduceva che l’attore si era reso responsabile di numerose inadempienze ed irregolarità gestionali, tant’e’ che era stato necessario far luogo ad una verifica contabile; che, al netto dei costi sostenuti per le necessarie verifiche, era, al più, debitore dell’attore per la minor somma di Euro 4.790,00.

Instava perché l’avversa pretesa fosse contenuta nei limiti dell’anzidetto ammontare; chiedeva in via riconvenzionale che l’attore fosse condannato a risarcire i danni cagionati.

3. Alla prima udienza l’attore accettava l’importo di Euro 4.790,00, quale acconto sul preteso suo maggior credito; disposta ed espletata c.t.u. contabile, con sentenza n. 5933/2007 l’adito tribunale determinava in Euro 11.790,47 il credito dell’attore e dunque in Euro 7.000,00 il residuo importo dovuto; determinava parimenti in Euro 7.000,00 il credito risarcitorio del condominio; indi faceva luogo alla compensazione delle opposte pretese nonché alla compensazione delle spese di lite; poneva a carico dell’attore le spese di c.t.u.

4. Proponeva appello P.A..

Resisteva il condominio “*****”.

5. Con sentenza n. 322/2016 la Corte d’Appello di Roma accoglieva parzialmente il gravame ed, in riforma dell’appellata sentenza, determinava il credito residuo dell’appellante – al netto della somma (Euro 4.790,00) a costui già corrisposta ed all’esito della compensazione con il credito risarcitorio, rideterminato nel minor importo di Euro 3.500,00, del condominio – in Euro 7.921,58; condannava il condominio al pagamento di tale importo con gli interessi legali nonché al pagamento delle spese del doppio grado e di c.t.u.

Evidenziava – tra l’altro – la corte che, sebbene non potesse disconoscersi la necessità di far luogo alle verifiche contabili, il condominio tuttavia non aveva compiutamente dato prova degli esborsi sostenuti per la verifica, da parte della commissione appositamente nominata dall’assemblea, dei crediti ex adverso pretesi; che invero la nota di debito “rag. I. 15/01/04” all’uopo allegata era a tal fine inidonea.

Evidenziava in ogni caso che il pregiudizio – ovvero il danno emergente – sofferto dal condominio in dipendenza dell’acclarata necessità di far luogo all’attività di revisione contabile ben poteva essere valutato e stimato in via equitativa nel minor importo di Euro 3.500,00.

6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il condominio “*****”; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.

P.A. ha depositato controricorso contenente ricorso incidentale articolato in un unico motivo; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso ed accogliersi il ricorso incidentale con il favore delle spese.

7. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia la contraddittorietà della motivazione e l’omesso esame di fatto decisivo; la violazione di norme di diritto.

Deduce che la Corte di Roma ha contraddittoriamente ed ingiustificatamente decurtato l’importo ad esso condominio dovuto per la revisione contabile cui è stato necessario far luogo e di cui si è fatto carico.

Deduce segnatamente che la corte distrettuale, da un lato, ha riconosciuto che l’originario attore ha commesso gravissimi errori contabili, dall’altro, ha ritenuto che non vi fosse margine per accordare al condominio l’intero importo già riconosciuto dal tribunale.

Deduce che, contrariamente all’assunto della corte territoriale, la nota di debito ha lo stesso valore legale della fattura.

Deduce che la corte romana non avrebbe dovuto far luogo alla determinazione in via equitativa del pregiudizio sofferto, ma avrebbe dovuto far luogo all’ammissione dell’articolata prova per testimoni.

8. Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia la violazione dell’art. 92 c.p.c.; lo stravolgimento dei fatti decisivi.

Deduce che la corte capitolina ha, seppur in parte, accolto la domanda riconvenzionale di esso condominio, sicché, in considerazione della reciproca soccombenza, quanto meno in parte la corte avrebbe dovuto far luogo alla compensazione delle spese di lite.

9. Con l’unico motivo il ricorrente incidentale denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c.; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 la contraddittorietà della motivazione circa fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Deduce che la corte d’appello ha del tutto contraddittoriamente, dapprima, negato la sussistenza del pregiudizio ex adverso lamentato per difetto di prova, poi, ne ha riconosciuto l’esistenza tanto da valutarlo in via equitativa.

Deduce che il c.t.u. ha riscontrato la correttezza del suo operato e l’esattezza delle somme di cui ha chiesto il pagamento, sicché non ha fondamento il riconoscimento al condominio del credito di Euro 3.500,00.

10. I rilievi postulati dalla delibazione del primo motivo del ricorso principale e dell’unico motivo del ricorso incidentale tendono, per ampia parte, a sovrapporsi e a riproporsi; il che suggerisce la disamina simultanea di ambedue i mezzi di impugnazione, mezzi che, comunque, sono, entrambi, privi di fondamento e da respingere.

11. Ovviamente nel vigore del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – al di là dell’ipotesi del “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, insussistente nel caso de quo – non è più configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del n. 4 del medesimo art. 360 c.p.c. (cfr. Cass. (ord.) 6.7.201.5, n. 13928).

12. In ogni caso nessun profilo di contraddittorietà si configura in relazione ai passaggi motivazionali dell’impugnato dictum involti dai mezzi in disamina.

La Corte di Roma ha, per un verso, dato atto dell’imprescindibilità della verifica contabile cui il condominio è stato costretto e quindi della sussistenza (dell'”an” del pregiudizio, della menomazione patrimoniale che ne è scaturita.

La Corte di Roma ha, per altro verso, acclarato il difetto di una compiuta dimostrazione degli esborsi di cui il condominio si è fatto carico.

Cosicché del tutto ingiustificata è la prospettazione del ricorrente incidentale secondo cui, a fronte del mancato riscontro della concreta sussistenza del lamentato pregiudizio, era precluso il ricorso alla valutazione equitativa.

Cosicché del tutto ingiustificata è la prospettazione del ricorrente principale secondo cui erroneamente la corte di seconde cure non ha accordato al condominio l’intero importo già riconosciuto dal tribunale.

Ovviamente si tenga conto che il giudice adito con azione di risarcimento di danni può e deve, anche di ufficio, procedere alla liquidazione degli stessi in via equitativa nell’ipotesi in cui sia mancata interamente la prova del loro preciso ammontare per l’impossibilità della parte di fornire congrui e idonei elementi al riguardo, ma anche nell’ipotesi che, pur essendosi svolta un’attività processuale della parte volta a fornire questi elementi, il giudice, per la notevole difficoltà di una precisa quantificazione, non li abbia tuttavia riconosciuti di sicura efficacia (cfr. Cass. 19.3.1991, n. 2934; Cass. 27.3.1997, n. 2745).

13. Non meritano alcun seguito le ulteriori deduzioni hinc et inde formulate.

Ovvero la deduzione del ricorrente principale secondo cui la corte di merito, allorché ha determinato secondo equità il credito risarcitorio del condominio, non ha tenuto conto che la commissione nominata dall’assemblea ha impiegato oltre un anno per le debite verifiche, attesa la difficoltà della ricostruzione contabile (cfr. ricorso principale, pag. 9).

Ovvero la deduzione del ricorrente incidentale secondo cui il c.t.u. ha riscontrato la correttezza del suo operato e l’esattezza delle somme di cui ha invocato il pagamento (cfr. ricorso incidentale, pag. 13).

Invero il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle risultanze di causa da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).

14. Di ampio spettro è stata la valutazione sulla cui scorta la corte d’appello ha negato rilievo alla nota di debito.

Più esattamente la corte di merito ha specificato che la nota di debito “rag. I. 15/01/04” all’uopo allegata era inidonea, in quanto successiva alla costituzione in giudizio, in quanto non integrante una regolare fattura ed in quanto priva della sottoscrizione della persona il cui nominativo vi figurava.

15. Sotto altro profilo si rimarca che il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento (cfr. Cass. (ord.) 7.3.2017, n. 5654; Cass. (ord.) 17.6.2019, n. 16214).

Ebbene, le “condizioni” postulate dal surriferito indirizzo giurisprudenziale nel caso di specie neppure sono state addotte dal ricorrente principale.

16. Il secondo motivo del ricorso principale del pari va respinto.

17. Evidentemente l’esito della lite, ovvero la soccombenza del condominio, appieno ne giustifica la condanna alle spese del doppio grado.

18. In pari tempo a nulla vale addurre che la corte distrettuale avrebbe dovuto far luogo alla compensazione, almeno in parte, delle spese di lite.

Al riguardo è sufficiente reiterare l’insegnamento secondo cui, in tema di regolamento delle spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi (cfr. Cass. 19.6.2013, n. 15317; cfr. Cass. 11.11.1996, n. 9840).

19. Del tutto generica è la doglianza finale del ricorrente principale secondo cui “l’ammontare delle spese liquidate appare esagerato rispetto al valore della controversia” (così ricorso principale, pag. 14).

Del resto, in tema di liquidazione delle spese processuali che la parte soccombente deve rimborsare a quella vittoriosa, la determinazione degli onorari di avvocato e degli onorari e diritti di procuratore costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice che, qualora sia contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede una specifica motivazione e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità (cfr. Cass. 9.10.2015, n. 20289; Cass. 4.7.2011, n. 14542, secondo cui la liquidazione delle spese processuali rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito, potendo essere denunziate in sede di legittimità solo violazioni del criterio della soccombenza o liquidazioni che non rispettino le tariffe professionali, con obbligo, in tal caso, di indicare le singole voci contestate, in modo da consentire il controllo di legittimità senza necessità di ulteriori indagini).

20. Il rigetto e del ricorso principale e del ricorso incidentale, ossia la reciproca soccombenza, giustifica l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

21. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, sia da parte del ricorrente principale sia da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; compensa integralmente le spese del presente giudizio di legittimità; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quatersi dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, sia da parte del ricorrente principale sia da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2021

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