LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13204-2016 proposto da:
ARCO NUOVA DI L.L. E C S.A.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA n. 38, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO CUGOLA, che lo rappresenta e difende unitamente all’Avv. PASARTI PAOLO;
– ricorrente –
contro
S.G., S.P., R.R. e S.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FONTANELLA BORGHESE n. 72, presso lo studio dell’avvocato PAOLO VOLTAGGIO, rappresentati e difesi dall’avvocato GIORGIO SCALA;
– controricorrenti –
nonché contro M.L., M.L., GIULIETTA S.R.L., MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE, P.A., + ALTRI OMESSI;
– intimati –
avverso la sentenza n. 464/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 04/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/03/2021 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione dell’11.09.1997 S.G., proprietario di alcune unità immobiliari facenti parte di un fabbricato condominiale sito in *****, conveniva innanzi al Tribunale di Verona M.L., + ALTRI OMESSI, rivendicando la proprietà comune del cortile distinto in catasto dal mappale 38, invocando l’emissione di un provvedimento che inibisse ai convenuti di usare detto bene per il parcheggio delle loro vetture, e chiedendo la condanna dei medesimi al risarcimento del danno.
Si costituiva M.A., eccependo di aver usucapito parte della corte oggetto di causa e citando in giudizio gli altri comproprietari -in particolare, Giulietta S.r.l., Arco Nuova S.a.s., A.G., + ALTRI OMESSI nei confronti di quali chiedeva che, previo l’accertamento dell’originaria comproprietà della corte oggetto di causa, fosse dichiarato il suo acquisto ad usucapionem di parte di essa e condannate le società, la P. e il M. alla demolizione dei box realizzati dagli stessi sull’area comune.
Per quanto rileva ai fini del presente giudizio, si costituiva Arco Nuova S.a.s., chiedendo il rigetto delle domande formulate dalle altre parti nonché, in via riconvenzionale l’accertamento della sua qualità di comproprietaria dell’area oggetto di causa. Invocava inoltre di aver usucapito il box insistente sul cortile.
Con sentenza non definitiva, n. 160/2005, il Tribunale di Verona accertava la natura comune della corte. Con successiva sentenza definitiva, n. 307/2007, il primo giudice dichiarava improcedibile la domanda di usucapione proposta da M.A. e -per quanto rileva ai fini del presente giudizio-rigettava la domanda riconvenzionale di usucapione proposta da Arco Nuova S.a.s., condannandola alla demolizione del box oggetto della domanda di usucapione.
Interponeva appello Arco Nuova S.a.s., chiedendo la riforma della decisione di prime cure Proponevano separati appelli altre parti del giudizio di primo grado, e le diverse impugnazioni, il cui oggetto non rileva ai fini della decisione del presente ricorso, venivano riunite dalla Corte di Appello di Venezia, la quale, con la sentenza impugnata, n. 464/2016, rigettava -sempre per quanto rileva ai fini del presente giudizio- l’impugnazione proposta da Arco Nuova S.a.s..
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione Arco Nuova S.a.s., affidandosi a due motivi.
Resistono con controricorso R.R., S.G., S.G. e S.P..
Le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
La parte ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1140 e 1141 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché la Corte di Appello non avrebbe considerato che S.L., dante causa della ricorrente stessa, aveva esercitato il possesso uti dominus sul box oggetto della domanda di usucapione, e che detto possesso sarebbe stato testimoniato dal fatto che il bene era chiuso con un lucchetto, le cui chiavi erano, appunto, nel possesso del solo S..
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1158 e ss c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente escluso l’unione del possesso dalla stessa esercitato sul box a quello del suo dante causa. Secondo la ricorrente, in tal modo sarebbe raggiunto il ventennio utile ai fini dell’acquisto del bene ad usucapionem.
Le due censure, che per la loro connessione meritano un esame congiunto, sono inammissibili.
La Corte territoriale, confermando la valutazione del Tribunale, ha ritenuto che S.L., dante causa della società odierna ricorrente, “…, come è emerso dalle testimonianze escusse, egli era conduttore di una delle unità aventi diritto sulla corte comune: in tale contesto, deve ritenersi che, lungi dall’aver errato nell’applicazione dei criteri in materia di distribuzione dell’onere della prova, il Tribunale abbia correttamente qualificato come mera detenzione la signoria esercitata dal S. sul cortile in comproprietà del suo locatore, né l’odierna appellata (per tale si intende la società Arco Nuova S.a.s., n.d.r.) ha dimostrato, come era suo onere, che il conduttore, nel collocare il box, abbia esorbitato dai limiti del locatum, ovvero abbia agito esercitando il potere di fatto “contro” il possesso del locatore. Non essendo ravvisabile, per le ragioni sopra esposte, il possesso in capo al dante causa della società, neppure potrà trovare applicazione il disposto di cui all’art. 1146 c.c., comma 2" (cfr. pagg. 13 e 14 della sentenza impugnata). Con tale passaggio della motivazione, il giudice di appello qualifica la condizione del dante causa della odierna ricorrente in termini di mera detenzione, poiché la signoria sul bene è stata da quegli esercitata in virtù di un titolo locativo. Afferma, inoltre, che Arco Nuova S.a.s. non aveva fornito la prova del compimento, da parte del proprio dante causa, di un atto di interversio possessionis. E, pertanto, esclude tanto la configurabilità di un possesso utile ad usucapionem in capo al dante causa della odierna ricorrente, quanto l’applica bilità dell’istituto della accessio possessionis.
Questo apprezzamento, che si risolve in un giudizio di fatto, è pienamente coerente con i precedenti di questa Corte, secondo cui “chi agisce in giudizio per essere dichiarato proprietario di un bene, affermando di averlo usucapito, deve dare la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e, quindi, non solo del corpus, ma anche dell’animus” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22667 del 27/09/2017, Rv. 645561; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14092 del 11/06/2010, Rv. 613396).
Non rileva, ai fini della prova del possesso, il fatto che il box fosse stato chiuso dal S. mediante un lucchetto, poiché anche il conduttore, detentore del bene locatogli, ha pieno diritto di precludere l’accesso dei terzi a quest’ultimo. Sul punto, infatti, va data continuità al principio secondo cui l’atto di interversione, che consente di mutare la detenzione in possesso, deve consistere “… in una manifestazione esteriore, rivolta contro il possessore, affinché questi possa rendersi conto dell’avvenuto mutamento, da cui si desuma che il detentore abbia cessato di esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui ed abbia iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio. Tale accertamento realizza un’indagine di fatto, rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, purché risulti logica e congruamente motivata…” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 27411 del 25/10/2019, Rv. 655670).
In definitiva, la circostanza che la signoria esercitata dal dante causa di Arco Nuova S.a.s. derivasse da un titolo contrattuale, e la mancata prova dell’atto di interversio possessionis escludono che si possa configurare, in capo alla odierna ricorrente, una condizione di possesso utile ai fini dell’acquisto per usucapione del bene di cui si discute. Quanto sopra supera qualsiasi considerazione in relazione alla natura, mobiliare o immobiliare, del bene stesso (trattasi, invero, di un box in lamiera) come pure all’effettivo oggetto della domanda proposta da Arco Nuova S.a.s. (se, cioè, essa avesse ad oggetto il box in quanto tale, ovvero l’area sulla quale esso insiste). Le censure, pertanto, si risolvono in una proposta di lettura alternativa dei dati di fatto acquisiti agli atti del giudizio di merito, e dunque in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento della Corte di Appello, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).
In ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza nei soli confronti dei controricorrenti. Nulla, invece, per le parti rimaste intimate.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali in misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, della seconda sezione civile, il 30 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2021