LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – rel. Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31669-2019 proposto da:
D.A., rappresentata e difesa dall’Avvocato MARIA CRISTINA TASSELLI (PEC: avvmariacristinatasselli.cnfpec.it);
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 15/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/03/2021 dal Presidente Dott. RAFFAELE GAETANO ANTONIO FRASCA.
RILEVATO
che:
1. D.A., cittadino della *****, ha proposto contro il Ministero dell’Interno ricorso per cassazione, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, avverso il decreto del 15 settembre 2019, con cui il Tribunale di Ancona, Sezione Specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, ha rigettato il suo ricorso contro la deliberazione della Commissione Territoriale competente che aveva negato la sua richiesta di riconoscimento della protezione internazionale formulata in tutte le gradate forme previste.
La richiesta era stata basata su una storia personale di fuga dal paese di origine motivata dal timore di essere arrestato per essere stato coinvolto (dopo essere tornato in ***** nel 2015, essendosene allontanato per recarsi in Senegal nel 2013 per sfuggire ad un arresto), in una rissa per motivi politici, nella quale subiva un’aggressione che gli provocava una ferita ad un piede. La fuga lo portava prima in Burkina Faso, poi nel il Niger e in Algeria e, quindi in Libia, dove subiva minacce di morte da “un locale”, il che lo spingeva in Italia.
2. Al ricorso ha resistito con atto di sola costituzione tardiva il Ministero.
3. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.
CONSIDERATO
che:
1. Con primo motivo si deduce, “in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 2 e 5” (sic) “violazione e falsa applicazione della legge ed omesso esame di un fatto decisivo: D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) – Vizio di motivazione”.
Il motivo si duole, ai fini del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. C che non sarebbero stati compiuti approfondimenti sula situazione del paese di origine, ma, sorprendentemente – pur essendo il ricorrente, per come conferma nella stessa intestazione del ricorso, originario della ***** e nato a ***** (il decreto lo dice, peraltro, “proveniente da *****, *****”: si trova nel distretto di *****), che è una regione appunto della ***** – fa riferimento a fonti internazionali (COI) che si riferiscono alla situazione della *****. E fra l’altro lo fa ignorando le fonti citate dal decreto impugnato con riferimento alla *****.
E’ palese che, non si sa se capziosamente o per una svista, il ricorrente svolge deduzioni prive di riferimento alla sua situazione e tanto basta a dire il motivo inammissibile al di là del mancato confronto con la motivazione del decreto, il quale anch’esso dice il ricorrente nato originario di *****, regione di *****, della *****.
2. Il secondo motivo denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 3 “violazione e falsa applicazione della legge: D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3; D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1; D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11, comma 1, c-ter – regolamento di Attuazione – Vizio di motivazione”.
Il motivo si riferisce alla negazione della protezione umanitaria e si articola con l’assunto che ai fini di essa il decreto non avrebbe valutato la situazione del paese di origine, questa volta indicato come “*****”, altre volte considerata dalla “maggior parte dei giudicanti italiani”. Al riguardo vengono citati anzitutto precedenti di merito, si sostiene, poi, che la situazione della ***** – non si sa di quale a questo punto, giusta la posizione assunta nel primo motivo – sarebbe caratterizzata da instabilità politica e che al rientro in patria il ricorrente si troverebbe esposto ad aggressioni da parte della matrigna e del fratellastro. Nulla si dice sulle ragioni invocate a sostegno della misura e a pag. 13 in fine, a proposito dell’inclusione in Italia, si evocando due documenti, senza precisare se e dove vennero prodotti in sede di merito e se da essi si argomentò.
In tutto il motivo non v’é alcuna evocazione della motivazione resa dal tribunale, che si articola nel paragrafo 8 dalle ultime otto righe della pagina 5 sino a due terzi della pagina 7.
Il motivo è, in conseguenza, inammissibile, non senza che debba rilevarsi che i riferimenti in esso alla *****, stante la struttura del primo motivo, risultano, come s’é detto, del tutto equivoci, sicché la pertinenza anche astratta del motivo con la res controversa risulta per ciò solo incrinata.
3. Il ricorso è dichiarato inammissibile, stante l’inammissibilità di tutti i motivi.
4. L’irritualità della costituzione del Ministero e l’assenza di un’attività difensionale in pubblica udienza, escludono che si debba provvedere sulle spese.
5. Stante il tenore della pronuncia (declaratoria della inammissibilità del ricorso), va dato atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto. Spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Terza Civile, il 17 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2021