Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.23714 del 01/09/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31869/2019 proposto da:

A.A.D., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato RICCARDO VALLINI VACCARI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– resistente –

avverso la sentenza n. 7557/2019 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il 17/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/03/2021 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

RILEVATO

CHE:

1. – Con ricorso affidato a tre motivi, A.A.D., cittadino del ***** (nato ad *****), ha impugnato il decreto emesso dal Tribunale di Venezia, comunicato il 17 settembre 2019, di rigetto del ricorso svolto avverso la decisione della Commissione territoriale di Verona, la quale a sua volta aveva respinto la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, nonché, in via gradata, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. – Per quanto ancora rileva in questa sede, il Tribunale di Venezia rilevava che: a) il racconto del richiedente (aver lasciato il ***** per timore di essere arruolato da appartenenti al ***** e portato in altro luogo) non era credibile, in quanto generico e anche contraddittorio con le informazioni relative alla situazione del *****, per cui la zona di provenienza del richiedente (*****) era “lontana dall’ambito di operatività e reclutamento” di *****; b) non poteva, quindi, riconoscersi lo status di rifugiato, né la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b); c) non sussistevano i presupposti per riconoscere la protezione sussidiaria di cui al citato art. 14, lett. C, non ravvisandosi nella zona di provenienza del richiedente (*****, regione di *****), in base alle COI utilizzate (tra cui, “*****” novembre 2018 e maggio 2019), una condizione di violenza generalizzata in situazione di conflitto armato; d) non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria in quanto non sussistenti elementi comprovanti una adeguata integrazione in Italia e una situazione di vulnerabilità in caso di rimpatrio, anche con riferimento alla documentazione prodotta relativa ad intervento chirurgico all’orecchio.

3. – Il Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine della partecipazione a eventuale udienza di discussione.

CONSIDERATO

CHE:

1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, per omesso esame “dei requisiti di vulnerabilità del ricorrente in relazione alla c.d. protezione umanitaria, escludendo la sussistenza dei relativi presupposti sulla base di un ragionamento del tutto illogico, in quanto fondato solo sulla scarsa credibilità del ricorrente”.

2. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, per totale omessa valutazione del “profilo di vulnerabilità espresso nell’estrema povertà del richiedente, della sua famiglia e, in generale, della popolazione del *****”.

3. – Con il terzo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3 e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, per mancata applicazione, nella valutazione di credibilità del richiedente, dei criteri di valutazione legali e dell’onere di cooperazione, in ragione della giovane età e dell’analfabetismo del richiedente medesimo.

4. – E’ prioritario lo scrutinio del terzo motivo, il quale è inammissibile.

In tema di protezione internazionale, il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, impone al giudice soltanto l’obbligo, prima di pronunciare il proprio giudizio sulla sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione, di compiere le valutazioni ivi elencate e, in particolare, di stabilire se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili. Da ciò consegue che: a) la norma non potrà mai dirsi violata sol perché il giudice del merito abbia ritenuto inattendibile un racconto o inveritiero un fatto; b) non sussiste un diritto dello straniero ad essere creduto sol perché abbia presentato la domanda di asilo il prima possibile o abbia fornito un racconto circostanziato; c) il giudice è libero di credere o non credere a quanto riferito secondo il suo prudente apprezzamento che, in quanto tale, non è sindacabile in sede di legittimità, se non in base al paradigma del vizio di cui al vigente art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. n. 6897/2020).

Il Tribunale, nell’apprezzamento della credibilità del racconto del richiedente, si è attenuto al principio di procedimentalizzazione legale della decisione avendo operato la propria valutazione (cfr. sintesi nel “Rilevato che”) alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, prendendo in considerazione le circostanze dedotte in giudizio e reputando non attendibile il narrato, mentre le censure mosse con il ricorso su tale specifica ratio decidendi sono orientate a criticare piuttosto un profilo di insufficienza e contraddittorietà della motivazione (segnatamente, rispetto ai contenuti delle fonti delle fonti informative, dei quali il ricorrente fornisce lettura alternativa), quale denuncia comunque inammissibile alla luce della vigente, e applicabile ratione temporis, formulazione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

5. – Il primo e il secondo motivo – da scrutinarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi – sono fondati nei termini di seguito precisati.

In tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato (Cass., S.U., 29459/2019). A tal riguardo, il giudice di merito, nel procedere alla tale comparazione, non potrà riconoscere al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari sulla base dell’isolata e astratta considerazione del suo livello di integrazione in Italia, ma dovrà coniugare, quella considerazione, con l’esame del modo in cui l’eventuale rimpatrio (e dunque il contesto di generale compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza) verrebbe a incidere sulla vicenda personale dell’interessato, avuto riguardo alla sua storia di vita e al grado di sviluppo della sua personalità.

Là dove, poi, la ricostruzione della storia di vita del richiedente risulti ostacolata dalla ritenuta non credibilità delle relative dichiarazioni, o dall’irriducibile frammentarietà delle informazioni complessivamente acquisite, il giudice di merito dovrà in ogni caso procedere a verificare se le condizioni sociali, politiche o economiche, obiettivamente riscontrate nel paese di origine non appaiano tali da porsi in evidente contrasto con la misura del rimpatrio, avuto riguardo all’incidenza di dette condizioni con la conservazione, in capo al richiedente, del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità umana, al di là di ogni specifica caratterizzazione che valga a qualificarne l’identità.

A fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicché il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente (Cass., 13897/2019; Cass., 20335/2020).

Nel caso di specie, il Tribunale (cfr. pp. 11/12 del decreto impugnato e sintesi nel “Rilevato che”) ha del tutto trascurato di approfondire e circostanziare gli aspetti dell’indispensabile valutazione comparativa tra la situazione personale attuale del richiedente sul territorio italiano e, segnatamente, la condizione cui lo stesso verrebbe lasciato in caso di rimpatrio, al fine di attestare – attraverso l’individuazione delle specifiche fonti informative suscettibili di asseverare le conclusioni assunte (che non possono fondarsi sulla verifica effettuata unicamente ai fini della delibazione delle condizioni di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c)) – che il ritorno del richiedente nel proprio paese non valga piuttosto a esporlo al rischio di un abbandono a condizioni di vita non rispettose del nucleo minimo dei diritti della persona. La motivazione adottata dal giudice di merito si palesa, dunque, meramente apparente e tale, quindi, da non integrare il c.d. “minimo costituzionale” (Cass., S.U., n. 8053/2014).

3. – Va, dunque, dichiarato inammissibile il terzo motivo ed accolti, per quanto di ragione, i primi due motivi, con conseguente cassazione del decreto impugnato e rinvio della causa al Tribunale di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il terzo ricorso di ricorso ed accoglie i primi due motivi, per quanto di ragione;

cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia della causa al Tribunale di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472