Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.23731 del 01/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18078-2015 proposto da:

B.C., BO.AD., M.L., P.D., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. L. LAGRANGE 1, presso lo studio degli avvocati PIRAINO CARMELO, GOLISANO PIETRO, rappresentati e difesi dall’avvocato SEBASTIANO GHIRLANDA;

– ricorrenti –

contro

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI MESSINA già *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ARTURO MERLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 38-/2314 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 16/07/2014 R.G.N. 1017/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/02/2021 dal Consigliere Dott. PICCONE VALERIA.

RILEVATO IN FATTO

Che:

Con sentenza in data 16 luglio 2014, la Corte d’appello di Messina ha riformato la decisione di primo grado che, in accoglimento della domanda proposta da Bo.Ad., B.C., M.L. e P.D., aveva dichiarato l’illegittimità dell’ordine di servizio del 20 febbraio 2006 con il quale i ricorrenti erano stati assegnati al servizio di pronta disponibilità notturna e festiva presso il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura all’interno del Presidio ospedaliero Piemonte, disponendo con separata ordinanza per la prosecuzione del giudizio in ordine alla richiesta risarcitoria avanzata;

in particolare, il giudice di secondo grado ha valorizzato la disposizione contrattuale secondo cui tutti i dirigenti medici sono tenuti ad assicurare i servizi di guardia medica e di pronta disponibilità, evidenziando l’unicità del Dipartimento di Salute Mentale;

per la cassazione della sentenza propongono ricorso Bo.Ad., B.C., M.L. e P.D., affidandolo a due motivi;

resiste, con controricorso, l’Azienda Sanitaria Provinciale di Messina.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 17 del CCNL per la dirigenza medica del 2005, per aver la Corte ritenuto che nel Dipartimento di Salute Mentale non vi sia autonomia delle funzioni di ciascun singolo servizio, in contrasto con quanto previsto nel progetto obiettivo nazionale per la salute mentale;

con il secondo motivo si allega la violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la Corte pronunziato anche sulle richieste risarcitorie non contemplate dal primo grado di giudizio;

il primo motivo è infondato e, pertanto, non può essere accolto;

va premesso, al riguardo, che correttamente la Corte d’appello ha evidenziato come il Dipartimento di Salute Mentale (d’ora in poi, DSM) costituisca un unico servizio e come la sua organizzazione sia di natura strutturale con un’unica pianta organica;

può aggiungersi che il DSM è organizzato in unità operative complesse territoriali cui si affianca un Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura (uno soltanto per tutto il territorio) che è una struttura semplice a valenza dipartimentale, che, cioè, appunto opera per tutto il territorio;

in questo contesto, l’organizzazione dei dirigenti medici all’interno del Dipartimento di Salute Mentale è ad esso rimessa, talché il personale può essere assegnato all’una od all’altra struttura indifferentemente: le articolazioni territoriali del Dipartimento trovano collocazione esclusivamente nel Distretto e la gestione è ascrivibile al responsabile del Dipartimento;

correttamente, quindi, la Corte ha ritenuto che, essendo il DSM un unico servizio, l’organico del Centro di Salute Mentale non può in alcun modo considerarsi separato rispetto all’SPDC, il Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura che di esso fa parte integrante al pari delle strutture territoriali complesse;

deve aggiungersi a tali considerazioni la circostanza che l’art. 14, comma 10 del CCNL dirigenti medici prevede che “tutti i dirigenti medici sono tenuti ad assicurare i servizi di guardia medica e di pronta disponibilità”;

non può, quindi, accogliersi la tesi di parte ricorrente secondo cui non opererebbe nella specie la mentovata disposizione bensì esclusivamente l’art. 17, che sarebbe dotato di specialità rispetto ad essa, a mente del quale sarebbero tenuti al servizio di pronta disponibilità esclusivamente i dirigenti in servizio “presso unità operative con attività continua, nel numero strettamente necessario a soddisfare le esigenze funzionali”;

ed invero, va ribadito, invece, al riguardo, come tale ultima norma contrattuale vada letta in combinato disposto con la precedete proprio alla luce dell’unitarietà strutturale del Dipartimento di Salute Mentale di cui fanno parte le strutture complesse territoriali nonché quelle semplici quali I’SPDC ed il Centro di salute Mentale;

proprio alla luce del programma obiettivo di psichiatria nazionale richiamato da parte ricorrente, infatti, tutte le unità operative di cui si compone il Dipartimento di Salute Mentale svolgono attività continuativa e, pertanto, tutti i dirigenti medici addetti sono tenuti alla pronta disponibilità;

e’ evidente che la normativa attiene ad un piano generale e che, per fare un esempio, l’unità operativa laboratorio analisi non sarà tenuta alla attività continua; non così, invece le unità operative territoriali e centrali del Dipartimento di salute mentale che, proprio alla luce delle peculiarità della funzione svolta, non possono che svolgere attività continuativa;

contrariamente a quanto osservato da parte ricorrente, il ruolo del personale è unico, è sottoposto alle direttive del Capo Dipartimento, e, proprio alla luce di tale unitarietà e della connessione della pronta disponibilità alla natura continuativa dell’intero servizio offerto dal Dipartimento, soltanto eventuali esigenze strutturali e funzionali consentirebbero di escludere taluni dirigenti dalla pronta disponibilità in ragione delle strette esigenze funzionali contrattualmente previste;

deve, quindi, confermarsi che, per espressa previsione contrattuale, tutti i dirigenti medici che operino nell’ambito del medesimo Dipartimento di Salute Mentale sono tenuti alla attività di pronta disponibilità, trattandosi di prestazione aggiuntiva, disposta contrattualmente, per la quale è prevista una corrispondente retribuzione compensativa;

anche il secondo motivo, con cui si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., deve essere disatteso;

va premesso, al riguardo, che secondo consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr., ex plurimis, Cass. n. 20932 del 2019), il vizio di “ultra” o “extra” petizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato, fermo restando che egli è libero non solo di individuare l’esatta natura dell’azione e di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle prospettate, ma pure di rilevare, indipendentemente dall’iniziativa della parte convenuta, la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva o estintiva di una data pretesa, in quanto ciò attiene all’obbligo inerente all’esatta applicazione della legge;

nel caso di specie la censura inerente alla parte della pronunzia della Corte d’appello, che ha affermato non ricorrere i presupposti per una pretesa risarcitoria, trattandosi di attività legittima della azienda Sanitaria per la quale è prevista una adeguata retribuzione e riposi compensativi, deve reputarsi assorbita dalla ritenuta legittimità dell’assegnazione e, pertanto, dal rigetto del primo motivo di ricorso;

alla luce delle suesposte argomentazioni, pertanto, il ricorso deve essere respinto;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1 -bis, se dovuto.

PQM

La Corte respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali, in favore della parte controricorrente, che liquida in Euro 5.250,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1 -bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2021

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