LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. VANNUCCI Marco – rel. Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 26370/2018 proposto da:
J.R.C.A., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Regina margherita, n. 239, presso lo studio dell’avvocato Valentina Valeri, rappresentato e difeso dall’avvocato Giacomo Cainarca per procura speciale lite estesa in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –
avverso il decreto del Giudice di Pace di Milano, depositato il 9 luglio 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11 settembre 2020 dal relatore Dott. Marco Vannucci.
FATTI DI CAUSA
1. Con decreto emesso il 9 luglio 2018, il Giudice di Pace di Milano convalidò il decreto, emesso dal Questore di Milano il 7 luglio 2018 con cui si ordinò a J.R.C.A. (di nazionalità peruviana) di consegnare il proprio passaporto o altro documento equipollente e di presentarsi presso l’Ufficio Stranieri della Questura di Milano nel giorno della settimana indicato in tale atto amministrativo indicato.
2. Per la cassazione di tale decreto, J.R. ha proposto ricorso affidato a due motivi.
3. L’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, il ricorrente denunzia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 4, (di seguito indicato come “t.u. immigrazione”), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4).
Ad avviso del ricorrente il provvedimento di convalida è illegittimo in quanto, in violazione della disposizione di legge speciale sopra citata: a esso ricorrente non venne comunicata data e ora dell’udienza di convalida; egli non pote’ dunque presenziare per esporre le proprie argomentazioni a mezzo di difensore di fiducia ovvero d’ufficio.
2. Il motivo è infondato, non trovando applicazione al caso di specie il comma 4 dell’art. 14 del t.u. immigrazione.
Sul punto si è pronunciata la Corte costituzionale con sentenza n. 280 del 2019.
Con due ordinanze del 7 settembre 2018 la Corte di cassazione, sezione prima civile, ha sollevato, in riferimento all’art. 13 Cost. e art. 24 Cost., comma 2, questioni di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 1-bis, (di seguito indicato come “t.u. immigrazione”), introdotto dal D.L. n. 89 del 2011, art. 3, comma 1, lett. d), n. 2), convertito, con modificazioni, nella L. n. 129 del 2011, nella parte in cui non prevede che il giudizio di convalida dell’obbligo di presentazione, in giorni e orari prestabiliti, presso un ufficio della forza pubblica territorialmente competente “si svolga in udienza, con la partecipazione necessaria del difensore dell’interessato, eventualmente nominato d’ufficio”.
In entrambi i giudizi, i ricorrenti avevano censurato l’emissione del decreto di convalida senza il previo svolgimento di un udienza con la partecipazione necessaria di un difensore dell’interessato, affermando che una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 14 comma 1-bis, t.u. immigrazione, imporrebbe di ritenere necessaria, nell’ambito del procedimento di convalida delle misure alternative al trattamento in un centro di permanenza per i rimpatri, la celebrazione di una udienza con la partecipazione necessaria del difensore; dunque, i ricorrenti sollevavano questioni di legittimità costituzionale, ravvisando la contrarietà al disposto dell’art. 13 Cost. e art. 24 Cost., comma 2. La Corte costituzionale, dopo aver ricostruito sinteticamente il quadro normativo, conviene circa l’impossibilità di ritenere, in via interpretativa, che la convalida delle misure alternative al trattenimento dello straniero debba avvenire in udienza, con la partecipazione necessaria del difensore dell’interessato.
Infatti, il censurato art. 14, comma 1-bis, t.u. immigrazione, prevede la facoltà per l’interessato di “presentare personalmente o a mezzo di difensore memorie o deduzioni al giudice della convalida”, delineando così un procedimento diverso e alternativo rispetto alla celebrazione dell’udienza di convalida alla presenza del difensore, che è invece prevista per le misure, più incidenti sulla libertà personale, del trattenimento in un centro di permanenza per i rimpatri e dell’accompagnamento alla frontiera rispettivamente dall’art. 14, comma 4, e art. 13, comma 5-bis, t.u. immigrazione, i quali prevedono espressamente che “l’udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito”.
Pertanto, risulta inequivocabile la volontà del legislatore di prevedere due distinte forme di convalida: l’una con svolgimento dell’udienza (in relazione al trattenimento e all’accompagnamento coattivo alla frontiera); l’altra, invece, con contraddittorio solo cartolare (in relazione alle misure della consegna del passaporto, dell’obbligo di dimora e dell’obbligo di firma).
La Corte costituzionale sottolinea che a nulla rileva, al fine di trarre conclusioni diverse, la sinora isolata pronuncia della Corte di cassazione n. 2997 del 2018, secondo cui la convalida delle misure di cui all’art. 14, comma 1-bis, t.u. immigrazione dovrebbe svolgersi in udienza, atteso che tale affermazione non è specificamente motivata, né supportata dal dato testuale della disposizione in parola.
In conclusione, la Corte costituzionale afferma che “la più limitata incidenza sulla libertà personale della misura qui all’esame induce a ritenere – sulla scorta della citata sentenza n. 144 del 1997 – non incompatibile con l’art. 13 Cost. e art. 24 Cost., comma 2, il procedimento disegnato dalla disposizione censurata, che prevede un contraddittorio meramente eventuale e cartolare. Ciò anche in ragione del delimitato oggetto del giudizio di convalida, ove il giudice di pace è chiamato a verificare unicamente la sussistenza dei presupposti di adozione della misura e l’esistenza di un provvedimento di espulsione dotato di efficacia esecutiva, con il solo limite già rammentato dell’eventuale “manifesta illegittimità” di quest’ultimo e dell’eventuale sussistenza di ragioni ostative all’espulsione”.
La censura del ricorrente è dunque infondata, poiché la convalida delle misure disposte dal Questore con provvedimento adottato senza la partecipazione all’udienza del ricorrente e del suo difensore, non integra una violazione del diritto di difesa dello straniero, non sussistendo per egli alcun diritto all’udienza e a un contraddittorio diverso da quello cartolare previsto espressamente dalla legge.
3. Con il secondo motivo, il ricorrente si duole della violazione dell’art. 13, comma 5.2, del t.u. immigrazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4).
Al riguardo, il ricorrente precisa che il decreto di convalida del Giudice di Pace venne adottato prima dello scadere del termine previsto dall’art. 13, comma 5.2, del t.u. immigrazione per la presentazione da parte dello straniero di controdeduzioni alla decisione del Questore, in quanto: il termine scadeva alle ore 18.30 del 9 luglio 2018; il decreto di convalida venne emesso alle ore 11.26 del medesimo giorno e depositato in cancelleria alle ore 12.45.
4. Tale motivo è manifestamente infondato.
L’art. 13, comma 5.2, del t.u. immigrazione, prevede che “Le misure di cui al secondo periodo sono adottate con provvedimento motivato, che ha effetto dalla notifica all’interessato, disposta ai sensi dell’art. 3, commi 3 e 4 del regolamento, recante l’avviso che lo stesso ha facoltà di presentare personalmente o a mezzo di difensore memorie o deduzioni al giudice della convalida. Il provvedimento è comunicato entro 48 ore dalla notifica al giudice di pace competente per territorio. Il giudice, se ne ricorrono i presupposti, dispone con decreto la convalida nelle successive 48 ore.”.
Il fatto che il provvedimento del Questore, notificato all’interessato il 7 luglio alle ore 18.30, sia stato convalidato dal Giudice di Pace il 9 luglio alle ore 12.45 (giorno e ora del deposito risultanti dal provvedimento) e dunque con anticipo rispetto alla scadenza del termine per la convalida del menzionato termine non costituisce violazione di legge.
Infatti, la norma di legge sopra citata impone al giudice di provvedere al più presto, e comunque non oltre le quarantotto ore decorrenti dalla notificazione allo straniero del decreto del Questore, alla convalida dell’atto amministrativo limitativo della libertà personale del destinatario; pena l’inefficacia di tale atto amministrativo.
Non è dunque ragionevolmente predicabile che tale provvedimento sia emesso prima della scadenza dell’ultimo minuto delle quarantotto ore previste dalla legge; anche perché nel decreto è espressamente indicata la facoltà per il suo destinatario di presentare memorie e documenti entro il medesimo termine.
5. Non vi è obbligo di pronuncia sulle spese del presente giudizio non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 11 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2021