LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 25325/2020 proposto da:
O.J., rappresentato e difeso dall’Avv. Luigi Migliaccio, giusta procura speciale allegata al ricorso per cassazione;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;
– resistente –
avverso la sentenza della Corte di appello di NAPOLI n. 952/2020, pubblicata in data 27 febbraio 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/05/2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.
RILEVATO
CHE:
1. Con sentenza del 27 febbraio 2020, la Corte di appello di Napoli ha rigettato l’appello proposto da O.J., proveniente dalla Nigeria (*****), avverso l’ordinanza del tribunale di Napoli del 4 maggio 2016, che aveva confermato il provvedimento di diniego della Commissione territoriale competente.
2. Il richiedente aveva riferito di avere lasciato il suo paese perché temeva di essere ucciso da un vicino che, per impossessarsi del terreno del padre, aveva ucciso il padre e la madre, che si erano opposti a tale prevaricazione.
3. La Corte di appello ha ritenuto irrilevante, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria di cui alla lett. b) del D.Lgs. n. 251 del 2007, il richiamo dell’appellante all’inefficienza della polizia, dato che il richiedente aveva deciso di non rivolgersi alle forze dell’ordine e che l’assunto del richiedente di essere stato sparato non coincideva con le ferite da coltello riscontrate dalla certificazione medica prodotta; i giudici di secondo grado hanno ritenuto, poi, che non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), tenuto conto delle fonti richiamate e aggiornate al 2018; quanto alla protezione umanitaria, la Corte ha affermato che la protezione umanitaria non era concedibile per le condizioni di povertà del paese di origine, ovvero per le carenze di tutele sociali o dei beni primari, non costituendo detti elementi motivi idonei a considerare il richiedente soggetto vulnerabile, essendo necessaria la grave violazione di diritti umani, e, in ogni caso, non essendo il giudice legittimato ad intervenire in materia coperta da discrezionalità legislativa, condizionata anche da ragioni di bilancio.
4. O.J. ricorre per la cassazione del decreto con atto affidato ad un unico motivo.
5. L’Amministrazione intimata si è costituita al fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.
CONSIDERATO
CHE:
1. Con il primo ed unico motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame della compressione di diritti umani in Nigeria e nell’area di provenienza, del periodo trascorso in Libia e delle violenze patite in Nigeria e in Libia, documentate con certificazione medico-legale del 19 marzo 2019.
1.1 n motivo è inammissibile perché non coglie il segno per difetto di specificità e pertinenza rispetto alla “ratio decidendi”, avendo la Corte rigettato la domanda di protezione umanitaria perché le carenze di tutela sociale, anche rispetto ai beni primari, non costituivano elementi idonei a considerare il richiedente soggetto vulnerabile essendo necessaria la grave violazione di diritti umani.
1.2 Sul punto, deve rammentarsi che il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari presuppone l’esistenza di situazioni non tipizzate di vulnerabilità dello straniero, risultanti da obblighi internazionali o costituzionali, conseguenti al rischio del richiedente di essere immesso, in esito al rimpatrio, in un contesto sociale, politico ed ambientale idoneo a costituire una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti fondamentali (Cass., 22 febbraio 2019, n. 5358).
Inoltre, l’allegazione da parte del richiedente della situazione generale del paese di provenienza deve proiettare, per essere positivamente apprezzata dal giudice del merito nella valutazione comparativa tra integrazione nel paese di accoglienza e la situazione del paese di provenienza, un riflesso individualizzante rispetto alla vita precedente del richiedente protezione, tale da evidenziare le condizioni di vulnerabilità soggettive necessarie per il riconoscimento dell’invocata tutela protettiva umanitaria, non potendosi ritenere pertinenti né rilevanti allegazioni generiche sulla situazione del paese di provenienza del richiedente in ordine alla privazione dei diritti fondamentali ovvero in ordine alla condizione di pericolosità interna che siano scollegate dalla situazione soggettiva dello stesso richiedente (Cass., Sez. U., 13 novembre 2019, n. 29459; Cass., 23 febbraio 2018, n. 4455).
1.3 Anche la censura sulla mancata valutazione del periodo trascorso in Libia è inammissibile, avendo questa Corte affermato il principio che il permesso di soggiorno per motivi umanitari non può essere accordato automaticamente per il solo fatto che il richiedente abbia subito violenze o maltrattamenti nel paese di transito, ma solo se tali violenze per la loro gravità o per la durevolezza dei loro effetti abbiano reso il richiedente “vulnerabile” ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, con la conseguenza che è onere del richiedente allegare e provare come e perché le vicende avvenute nel paese di transito lo abbiano reso vulnerabile, non essendo sufficiente che in quell’area siano state commesse violazioni dei diritti umani (Cass., 16 dicembre 2020, n. 28781).
1.4 Con specifico riferimento, poi, al diritto alla salute, questa Corte ha affermato che, ai fini del riconoscimento del permesso di soggiorno per gravi ragioni umanitarie, la condizione di vulnerabilità per motivi di salute richiede, alla luce della giurisprudenza unionale (CGUE, 24 aprile 2018, in causa C-353/16), l’accertamento della gravità della patologia, la necessità ed urgenza delle cure nonché la presenza di gravi carenze del sistema sanitario del paese di provenienza (Cass., 13 agosto 2020, n. 17118) e che incombe sul richiedente l’onere di allegare in modo specifico le cattive condizioni di salute e l’assenza di condizioni di protezione dell’integrità psico-fisica nel Paese di origine (Cass. 7 luglio 2014, n. 15466), onere non assolto, nel caso in esame, dal ricorrente che ha prodotto solamente una certificazione medica che ha riscontrato la presenza di ferite da accoltellamento (che, peraltro, la Corte ha richiamato a riscontro della non credibilità del suo racconto).
2. In conclusione, il rigetto va dichiarato inammissibile.
Nulla sulle spese, poiché l’Amministrazione intimata non ha svolto difese.
PQM
La Corte dichiarato inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dal L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2021