Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.23753 del 02/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 25335/2020 proposto da:

A.J.E., rappresentato e difeso dall’Avv. Luigi Migliaccio, per procura speciale allegata al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 1049/2020, pubblicata in data 4 marzo 2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/05/2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza del 4 marzo 2020, la Corte di appello di Napoli ha rigettato l’appello proposto da A.J.E., proveniente dalla Nigeria (*****), avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli dell’8 settembre 2017, che aveva confermato il provvedimento di diniego della Commissione territoriale competente.

2. Il richiedente aveva riferito di avere lasciato il paese di origine per sottrarsi al culto animistico cui voleva associarlo uno zio.

3. La Corte di appello ha ritenuto che non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), tenuto conto delle fonti richiamate, aggiornate al 2017; quanto alla protezione umanitaria, i giudici di secondo grado hanno ritenuto che il richiedente non versava in una condizione di vulnerabilità tal da consentire una siffatta forma di protezione.

4. A.J.E. ricorre per la cassazione del decreto con atto affidato a due motivi.

5. L’Amministrazione intimata si è costituita al fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame delle violenze e minacce patite per mano dello zio e il tentativo di rivolgersi alle Autorità locali per ottenere tutela per le violenze subite.

1.1 Il motivo è inammissibile, nella parte in cui ha ad oggetto l’accertamento dell’insussistenza di un danno grave consistente in un trattamento inumano e degradante, rilevante ai fini del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), trattandosi di accertamento in fatto non adeguatamente censurato con il ricorso.

1.2 La Corte, infatti, ha ritenuto che quanto dichiarato dal richiedente non poteva giustificare il riconoscimento della protezione sussidiaria, perché il richiedente non aveva fatto riferimento a nessuna “concreta” minaccia subita o a nessuna situazione in cui poteva essere “in concreto” posto in pericolo per la sua vita in quanto la minaccia sarebbe consistita in una maledizione che si sarebbe riversata contro la sua famiglia da parte di un fratello del padre e che, peraltro, ben avrebbe potuto sottrarsi il richiedente asilo da ogni sollecitazione in tal senso rimanendo a vivere a Lagos dove per un certo periodo si era trasferito.

1.3 Anche con riguardo al dedotto omesso esame del “tentativo di rivolgersi alle Autorità locali per ottenere tutela per le violenze subite”, va rilevato che il Tribunale aveva affermato la poco verosimiglianza di quanto riferito e che non risultava che il richiedente avesse richiesto protezione alle Autorità statutale e che questi gliel’avessero negata.

1.4 Ne’ è ravvisabile una violazione processuale, sanzionabile a pena di nullità, nell’omessa audizione personale del richiedente, poiché l’audizione comunque non si traduce in un incombente automatico neppure dinanzi all’affermata non credibilità del racconto.

Vi è semmai il diritto della parte di richiedere l’audizione personale a fronte di specifiche circostanze di fatto che si intendano chiarire, situazione giuridica soggettiva quest’ultima, tuttavia, cui si collega il potere officioso del giudice di valutare la rilevanza di quelle circostanze nel complesso degli elementi acquisiti, ben potendo il giudice del gravame respingere la domanda di protezione internazionale che risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dagli atti e di quelli emersi attraverso l’audizione svoltasi nella fase amministrativa (Cass., 20 gennaio 2020, n. 1088; Cass., 28 febbraio 2019, n. 5973; Cass., 7 febbraio 2018, n. 3003).

2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c), per avere la Corte distrettuale, a fronte delle plurime fonti informative dettagliate, precise e aggiornate sulla situazione della Nigeria indicate dal richiedente asilo, escluso la sussistenza in Nigeria della minaccia alla vita dei civili da violenza indiscriminata, senza un accertamento idoneo a ritenere assolto l’onere di cooperazione istruttoria.

2.1 Il motivo, riguardante specificamente la fattispecie di cui alla lett. c) del D.Lgs. n. 251 del 2007, è inammissibile, perché volto a sollecitare questa Corte ad una rivalutazione delle fonti informative per accreditare, in questo giudizio di legittimità, un diverso apprezzamento della situazione di pericolosità interna della Nigeria, giudizio quest’ultimo inibito alla corte di legittimità ed invece rimesso alla cognizione esclusiva dei giudici del merito, la cui motivazione è stata articolata – sul punto qui in discussione – in modo adeguato e scevro da criticità argomentative, avendo specificato che nel paese di provenienza del richiedente non si assiste ad un conflitto armato generalizzato, tale da integrare il pericolo di danno protetto dalla norma sopra ricordata, richiamando fonti aggiornate al 2017.

2.2 La Corte di merito, in particolare, ha provveduto ad escludere la sussistenza di situazioni di minaccia grave e individuale alla vita o alla persona da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c)), affermando, con specifica motivazione riportata alle pagine 2 e 3 del provvedimento impugnato, che l'*****, zona da cui proveniva l’istante, posto a sud della Nigeria, era un paese che non era soggetto a un livello di violenza generalizzata ed indiscriminata, essendo sussistente una situazione di insicurezza generalizzata limitata solo ad alcuni stati del Nord-est del paese; che erano diversi stati federali del nord ad essere spesso teatro di violenti scontri che avevano causato migliaia di morti, anche se le forze di sicurezza avevano rafforzato in modo massiccio la loro presenza.

2.3 Questo nel rispetto della disposizione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, che impone al giudice di verificare se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente e astrattamente sussumibile in una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, con accertamento aggiornato al momento della decisione (Cass., 11 dicembre 2020, n. 28349;Cass., 22 maggio 2019, n. 13897; Cass. 12 novembre 2018, n. 28990) e dell’onere del giudice di merito procedere, nel corso del procedimento finalizzato al riconoscimento della protezione internazionale, a tutti gli accertamenti officiosi finalizzati ad acclarare l’effettiva condizione del Paese di origine del richiedente, avendo poi cura di indicare esattamente, nel provvedimento conclusivo, le parti utilizzate ed il loro aggiornamento (Cass., 20 maggio 2020, n. 9230).

2.4 Ciò tuttavia, non può valere ad esonerare il ricorrente dall’onere di allegazione delle specifiche circostanze ritenute decisive ai fini del riconoscimento dell’invocata misura di protezione, con la conseguenza che il motivo di ricorso che mira a contrastare l’apprezzamento delle fonti condotto dal giudice di merito deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base la Corte territoriale ha deciso siano state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti (Cass., 18 febbraio 2020, n. 4037), onere non adempiuto nel caso in esame, dove il ricorrente ha genericamente dedotto, nel difetto, peraltro di autosufficienza del ricorso, che i giudici di secondo grado non si erano soffermati sulle plurime informative dettagliate, precise e aggiornate sulla situazione della Nigeria, pure esse, in ogni caso, aggiornate al 2017 (pag. 9 del ricorso per cassazione).

3. In conclusione, il rigetto va dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese, poiché l’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dal L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2021

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