LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 23390/2020 proposto da:
M.T., elettivamente domiciliato presso la CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, e rappresentato e difeso dall’avvocato Assunta Fico;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 379/2020 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 10/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/06/2021 da Dott. IOFRIDA GIULIA.
RILEVATO
che:
-la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza n. 379/2019 depositata in data 10/3/2020, ha respinto l’impugnazione di M.T., cittadino del *****, avverso ordinanza del Tribunale che aveva respinto la sua richiesta, a seguito di diniego della competente Commissione territoriale, di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ed umanitaria;
-in particolare, i giudici d’appello, ritenuta preliminarmente non necessaria l’audizione del richiedente hanno sostenuto che: il racconto del richiedente (essere scappato dal Paese d’origine, a seguito del crollo di una fabbrica in cui lavoravano il fratello e la cognata, vivendo come emarginati nella società, essendo di etnia Bede) era non credibile e, in ogni caso, doveva essere confermato il giudizio del Tribunale sull’insussistenza dei presupposti del riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14; in ordine alla protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), il motivo era infondato perché non sussisteva in ***** una situazione di violenza indiscriminata (sulla base dei più accreditati siti di informazione: ***** 2015, *****, *****); neppure ricorrevano i presupposti per la chiesta protezione umanitaria, non essendo sufficiente la mera aspirazione a condizioni di vita migliori ed essendo il ***** un Paese in grado di assicurare adeguata assistenza sanitaria;
– avverso la suddetta pronuncia, M.T. propone ricorso per cassazione, notificato il 2/9/2020, affidato a quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno (che dichiara di costituirsi al solo fine di partecipare all’udienza pubblica di discussione);
– il ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3 e art. 46, comma 3, Direttiva n. 2013/32; in punto di mancata audizione personale del richiedente, che avrebbe potuto invero fugare i dubbi concernenti le contestazioni avanzate in fase amministrativa e dal giudice di primo grado e determinare una decisione differente in punto di credibilità; b) con il secondo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa valutazione del livello di integrazione del ricorrente (in particolare, il lavoro prestato a tempo pieno, dal 2018, presso azienda del Gruppo Fincantieri come aiutante tubista navale, nonché l’acquisizione di stabilità abitativa ed economica e le relazioni amicali instaurate in Italia) e dei documenti prodotti in ordine alla grave patologia di cui era affetto (cronica epatite B), necessitante di trattamento farmacologico e dietetico; c) con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2,3,5,6 e 14, D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 8-27, in relazione al mancato riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, malgrado gli atti persecutori subiti per motivi etnici, allegati, e la situazione di violenza diffusa, violazione dei diritti umani, corruzione esistente nel Paese d’origine; d) con il quarto motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, in relazione alla mancata comparazione tra l’integrazione sociale e la situazione personale del richiedente, ai fini della chiesta protezione umanitaria;
RITENUTO
che:
-questa Corte, con ordinanza interlocutoria n. 28316/2020, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, affinché questa si pronunci su questione di massima di particolare importanza “avente ad oggetto la configurabilità del diritto alla protezione umanitaria, nella vigenza del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 ed in continuità con la collocazione nell’alveo dei diritti umani inviolabili ad esso attribuita dalla recente pronuncia n. 24159 del 2019, quando sia stato allegato ed accertato il “radicamento” effettivo del cittadino straniero, fondato su decisivi indici di stabilità lavorativa e relazionale, la cui radicale modificazione, mediante il rimpatrio, possa ritenersi idonea a determinare una situazione di vulnerabilità dovuta alla compromissione del diritto alla vita privata e/o familiare ex art. 8 CEDU, sulla base di un giudizio proc;rnostico degli effetti dello “sradicamento” che incentri la valutazione comparativa sulla condizione raggiunta dal richiedente nel paese di accoglienza, con attenuazione del rilievo delle condizioni del paese di origine non eziologicamente ad essa ricollegabili”;
– la questione appare rilevare anche nel presente giudizio, in relazione al secondo ed al quarto motivo, da trattare unitariamente, con i quali viene allegato un percorso di integrazione avviato in Italia, con radicamento sul territorio e stabile situazione lavorativa ed abitativa;
– il ricorrente ha quindi proprio lamentato di essere ormai così radicato in Italia che un suo rientro forzoso in ***** (Paese da cui è dovuto fuggire anche per le condizioni di assoluta povertà, oltre che di emarginazione, in cui viveva) lo esporrebbe ad una condizione di vulnerabilità meritevole di tutela con la chiesta protezione per ragioni umanitarie, con conseguente opportunità di attendere la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte.
P.Q.M.
Rinvia la causa a N. R., in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte sulla questione posta con ordinanza interlocutoria n. 28316/2020.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2021