Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.23819 del 02/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2229-2017 proposto da:

CREDITO EMILIANO S.P.A., – GRUPPO BANCARIO CREDITO EMILIANO CREDEM, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO, 69, presso lo studio dell’avvocato FEDERICA ROSATI, rappresentata e difesa dall’avvocato DARIO TREVISAN;

– ricorrente principale –

V.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato MARIO CONTALDI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCA FRUMENTO;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

contro

CREDITO EMILIANO S.P.A. – GRUPPO BANCARIO CREDITO EMILIANO CREDEM;

– ricorrente principale – controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 670/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 20/07/2016 R.G.N. 1111/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/11/2020 dal Consigliere Dott. VALERIA PICCONE.

RILEVATO

CHE:

– con sentenza in data 22 giugno 2016, la Corte d’Appello di Salerno, pronunziando in sede di rinvio, ha condannato V.G. alla restituzione, in favore del Credito emiliano S.p.A., della complessiva somma di Euro 61.440,12, oltre interessi legali dalla data della domanda del 23 luglio 2004, sino al soddisfo;

– in primo grado il Tribunale di Salerno, con sentenza del 10 marzo 2016, compensando interamente tra le parti le indennità sostitutive del preavviso, che dichiarava reciprocamente dovute, aveva rigettato la domanda principale proposta da Credem S.p.A. e, in parziale accoglimento delle riconvenzionali spiegate dal V., aveva condannato l’istituto di credito al pagamento, in favore del promotore finanziario, della somma di Euro 146.353,56 oltre accessori dalle singole scadenze dei crediti, avendo ritenuto sorretto da giusta causa il recesso anticipato del promotore;

– confermata la decisione in appello, la Corte di cassazione, reputando l’insussistenza della giusta causa di recesso alla luce del patto di stabilità di sessanta mesi cui il promotore si era obbligato, in quanto fondata sull’esclusivo presupposto della risoluzione di due contratti di gestione del portafoglio con le Banche di credito cooperativo di Battipaglia e Roscigno, ha cassato con rinvio la decisione di secondo grado;

– per la cassazione della pronunzia resa dalla Corte territoriale in sede di rinvio propone ricorso la Credem S.p.A., affidandolo a quattro motivi;

– resiste, con controricorso, V.G. e spiega, altresì, ricorso incidentale affidato a quattro motivi;

– entrambe le parti hanno presentato memorie.

CONSIDERATO

CHE:

– con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente censura la decisione impugnata deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 389 c.c. sub specie di difetto di pronunzia in ordine ad una delle pretese restitutorie avanzate, atteso che la Corte d’appello si sarebbe limitata a riconoscere le somme dovute in ragione dell’assenza di giusta causa ritenuta in sede di legittimità e non anche quelle illegittimamente versate al V. in esecuzione della sentenza stessa;

– con il secondo motivo si allega la violazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c. affermandosi come sulle somme considerate e chieste in restituzione da Credem non si fosse formato alcun giudicato contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello;

– con il terzo motivo si deduce la violazione degli artt. 1751 e 336 c.p.c., allegandosi la dovuta restituzione delle somme considerate sulla base della normativa concernente il contratto di agenzia;

– con il quarto motivo si allega la violazione dell’art. 91 c.p.c. in tema di governo delle spese di lite;

– con il primo motivo di ricorso incidentale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 394 c.p.c. per mancato deposito dell’originale della pronunzia di legittimità n. 19300/2015;

– con il secondo motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c.;

– con il terzo motivo si allega la violazione degli artt. 394 c.p.c. e 1748 c.c.;

– con il quarto motivo si deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all’art. 91 c.p.c.;

– ritiene il Collegio che i primi tre motivi del ricorso principale, da esaminarsi congiuntamente per l’intima connessione, siano infondati e, pertanto, non possano essere accolti;

– giova evidenziare, al riguardo come, per stessa allegazione di parte ricorrente, il contenuto della domanda formulato in sede di rinvio fosse del seguente tenore:

“accertato il recesso anticipato del sig. V. dal contratto di agenzia in violazione dell’obbligo contrattuale assunto, senza concessione del preavviso e senza giusta causa, accertare e dichiarare che il sig. V. è debitore verso Credem della somma di Euro 61,440,12, a titolo di restituzione di somme percepite indebitamente trattenute, in ragione dell’applicazione del ricalcolo provvigionale previsto dall’art. 7 dell’allegato C al mandato di agenzia, nonché a titolo di indennità di mancato preavviso e per l’effetto condannare il signor v. al pagamento a favore di Credem della somma di Euro 61.440,12, ovvero della diversa somma che sarà accertata in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione monetaria. E per l’effetto di quanto sopra condannare il sig. V. alla restituzione di quanto indebitamente versato da Credem in esecuzione della sentenza citata”;

– orbene, è opportuno premettere, con riguardo alla dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c., che, nel giudizio di legittimità, deve essere tenuta distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri l’interpretazione che ne abbia data il giudice di merito: nel primo caso, infatti, si verte in tema di violazione dell’art. 112 c.p.c. e si pone un problema di natura processuale per la soluzione del quale la Corte di Cassazione ha il potere-dovere di procedere all’esame diretto degli atti, onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiesta; nel secondo, invece, poiché l’interpretazione della domanda e la individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento dei fatti riservato, come tale, al giudice di merito e, in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (Cass. 7.7.2006 n. 15603; Cass. 18.5.2012 n. 7932; Cass. 21.12.2017 n. 30684);

– nel caso di specie, ad avviso del Collegio, l’interpretazione della domanda sul punto è stata adeguatamente argomentata dalla Corte territoriale secondo la quale, per le somme diverse ed ulteriormente riconosciute al V. che l’Istituto di credito richiede, benché genericamente, la relativa domanda non può essere accolta essendo state sin dal primo grado chiarissime le conclusioni dell’Istituto, esattamente quantificate nella somma da ultimo richiesta anche nelle note autorizzate e telematicamente depositate innanzi alla Corte in sede di rinvio;

– orbene, va rilevato, al riguardo, come parte ricorrente deduca essere stata erroneamente disattesa la propria domanda – appunto genericamente formulata in termini restitutori – che avrebbe dovuto riguardare, secondo quanto oggi osserva, la somma di 86.353,56 per indennità ex art. 1751 c.c. e 60.000,00 ex art. 5 dell’allegato C;

– ritiene il Collegio di dover prendere le mosse dal principio secondo cui la richiesta di restituzione di quanto versato in esecuzione di una sentenza poi riformata sia soggetta al regime della domanda processuale (fra le altre, Cass. n. 2292 del 30/01/2018);

– osserva questa Corte, al riguardo, che la richiesta di restituzione di somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado, anche nel rito del lavoro, consegue alla richiesta di modifica della decisione impugnata e, non costituendo domanda nuova, è ammissibile in appello, se formulata, a pena di decadenza, con l’atto di gravame, ove a tale momento la sentenza sia stata già, eseguita, ovvero nel corso dei giudizio, qualora l’esecuzione sia avvenuta dopo la proposizione dell’impugnazione; la sua proposizione e’, invece, preclusa nella comparsa conclusionale, o nel rito del lavoro nelle “note conclusionali”, trattandosi di atto di carattere meramente illustrativo, senza che rilevi che la decisione di primo grado sia stata messa in esecuzione tra l’udienza di conclusioni e la scadenza del termine per il deposito delle relative comparse (in questi termini, Cass. n. 2292/2018 cit; Cass. n. 1324 del 26 gennaio 2016);

– va poi rilevato, sempre in via preliminare, che la domanda di restituzione delle somme pagate in esecuzione di una sentenza, successivamente cassata in sede di legittimità, ancorché proposta in via autonoma, è devoluta alla competenza esclusiva del giudice del rinvio (Cass. 3527 del 13/12/2020);

– questa Corte ha anzi precisato, con riguardo al giudizio monitorio, che la richiesta di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, poi riformato, non costituisce domanda nuova, sicché incorre nell’omessa pronuncia il giudice che non provveda sulla stessa (sul punto, Cass. n. 15457 del 21/07/2020);

– orbene, nel caso di specie, appare evidente come la Corte d’appello abbia ritenuto riconducibile la richiesta di restituzione delle somme avanzata dalla Credem esclusivamente al ricalcolo provvigionale previsto dall’art. 7 dell’allegato C al mandato di agenzia e di quanto dovuto a titolo di indennità di mancato preavviso, atteso che ha richiesto all’uopo la condanna del V. al pagamento a favore di Credem della somma di Euro 61.440,12, e, “per l’effetto di quanto sopra condannare il sig. V. alla restituzione di quanto indebitamente versato da Credem in esecuzione della sentenza citata”;

– la stretta consequenzialità fra le domande e, soprattutto, la stessa formula sintattica usata, che le connette indissolubilmente con la locuzione “per l’effetto di quanto sopra”, ha correttamente indotto la Corte territoriale a ritenere così articolata nel suo complesso la domanda restitutoria;

– né, a guardar bene, assume rilievo il riferimento della Corte al giudicato sulle altre domande restitutorie, avendo la Corte stessa escluso in radice la configurabilità delle stesse;

– sul punto, giova evidenziare che Credem oggi affida la propria richiesta afferente l’ulteriore restituzione pretesa, esclusivamente a quell’ultima frase senza dubbio ambigua e contrastante con quanto asserito dal giudice di secondo grado;

– quest’ultimo, infatti, ha ritenuto chiarissime le conclusioni di parte ricorrente fin dal primo atto difensivo e nulla in merito è stato non solo prodotto ma tampoco allegato da parte ricorrente con riguardo all’originario atto introduttivo ovvero a quelli conseguenti né potendo addivenirsi a conclusione diversa rispetto a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, soltanto alla luce dell’anodino mentovato periodo che appare, invece, strettamente connesso alle altre domande restitutorie avanzate di cui si è detto;

– hanno precisato, al riguardo, le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. n. 34469 del 27/12/2019), non solo che sono inammissibili, per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, le censure afferenti a domande di cui non vi sia compiuta riproduzione nel ricorso, ma anche quelle fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità;

– d’altra parte, è consolidato il principio secondo cui i requisiti di contenuto – forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso (ex plurimis, Cass. n. 29093 del 13/11/2018);

– nessuna produzione risulta effettuata da parte ricorrente che possa condurre ad una diversa interpretazione della domanda originaria;

– va rilevato che l’interessato conserva la possibilità di far valere in via autonoma la propria pretesa e, anzi, questa Corte ha chiarito (cfr, sul punto, Cass. n. 3527 del 13/02/2020) che la pronuncia del giudice di rinvio sulla domanda di restituzione delle somme pagate in esecuzione di una sentenza di appello cassata in sede di legittimità non preclude l’autonoma proposizione della domanda in un separato giudizio, nemmeno se tale omissione di pronuncia non sia stata impugnata con ricorso per cassazione, essendosi formato su di essa un giudicato di mero rito;

– anche il quarto motivo, afferente la violazione delle disposizioni normative sul governo delle spese non può trovare accoglimento;

– parte ricorrente, infatti, mira piuttosto ad ottenere una diversa regolamentazione delle spese formulando istanze inammissibili in sede di legittimità, atteso che, in tema di spese processuali, salvo il rispetto dei parametri minimi e massimi – perfettamente attuato nella specie – la determinazione in concreto del compenso per le prestazioni professionali di avvocato è rimessa esclusivamente al prudente apprezzamento del giudice di merito (sul punto, V. fra le più recenti, Cass. n. 4782 del 20 febbraio 2020);

– con il primo motivo di ricorso incidentale si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 394 c.p.c., comma 1, per non essersi la Corte pronunziata circa l’asserita mancata produzione, da parte di Credem, della sentenza della Corte di cassazione n. 19300/2015 da cui sarebbe dovuta discendere l’inammissibilità del giudizio di rinvio;

– il motivo è infondato e, pertanto, non può essere accolto;

– giova rilevare, in proposito, come questa Corte (cfr, sul punto, Cass. n. 4370 del 14/02/2019) abbia precisato – nella specie con riguardo al giudizio di cassazione, ma con principio perfettamente applicabile anche al giudizio d’appello – che il ricorso non è improcedibile ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, per omesso deposito da parte del ricorrente della sentenza impugnata, ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice in quanto prodotta dalla parte resistente, atteso che una differente soluzione, di carattere formalistico, determinerebbe un ingiustificato diniego di accesso al giudizio di impugnazione in contrasto con il principio di effettività della tutela giurisdizionale;

– appare evidente, d’altro canto, come sulla vicenda si sia formato il giudicato implicito trattandosi di questione endoprocedimentale poiché vertente su un accertamento logicamente preliminare ed indispensabile ai fini della decisione in quanto premessa indefettibile della pronunzia (sul punto, Cass. n. 20692 del 10109/2013);

– relativamente al secondo motivo, con cui si lamenta una violazione del giudicato, giova rilevare che la Corte territoriale, nel condannare la Credere al pagamento della somma di Euro 61.440,12, non ha fatto altro che adeguarsi al principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione e, essendo stato reputato sine giusta causa il recesso, ha disposto la restituzione delle somme indicate in ricorso sulla scorta di quanto statuito in sede di legittimità;

– il motivo e’, quindi, infondato e, pertanto, non può essere accolto;

– – il terzo motivo, con cui si lamenta che la Corte d’appello di Salerno avrebbe violato l’art. 394 c.p.c. e l’art. 1748 c.c., per non essersi pronunciata in merito alla sussistenza della giusta causa sulla base della diversa valutazione dei fatti come eccepita nella fase di rinvio non può che reputarsi inammissibile;

– orbene, qualora con il ricorso per cassazione sia denunziata violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni, intese a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbano ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità (cfr., sul punto, fra le più recenti, Cass. n. 17570 del 21/08/2020);

– deve sottolinearsi, invero, come, nel caso di specie, pur veicolando parte ricorrente le censure in termini di violazione di legge, essa mira ad una nuova e diversa valutazione dei fatti posti a fondamento della giusta causa, già esclusa, nella sua essenza, mediante applicazione alla fattispecie concreta del principio di diritto statuito in sede di legittimità;

– quanto, infine alla censura concernente la determinazione sulle spese, con riguardo ad essa non può che ribadirsi quanto già affermato relativamente all’impugnazione di Credem, atteso che, ancora una volta, vengono formulate istanze inammissibili in sede di legittimità, spettando la determinazione in concreto del compenso per le prestazioni professionali di avvocato esclusivamente al prudente apprezzamento del giudice di merito (cfr. Cass. n. 4782/2020 cit.);

– alla luce delle suesposte argomentazioni, quindi, entrambi i ricorsi devono essere respinti;

– la reciproca soccombenza induce all’integrale compensazione delle spese relative al presente grado di legittimità;

– sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte di entrambi i ricorrenti, principale e incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

PQM

La Corte respinge il ricorso principale e quello incidentale. Compensa integralmente le spese relative al presente giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 25 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2021

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