LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso n. 22620/2020 proposto da:
K.Y., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato Paolo Righini, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 3481/2019 della Corte d’appello di Bologna depositata il 9/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9/6/2021 dal cons. Dott. Alberto Pazzi.
RILEVATO
che:
1. Il Tribunale di Bologna, con ordinanza ex art. 702-bis c.p.c. del 20 marzo 2018, rigettava il ricorso proposto da K.Y., cittadino del *****, avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego della protezione internazionale.
2. La Corte d’appello di Bologna, a seguito dell’impugnazione del richiedente asilo (il quale aveva raccontato di essersi allontanato dal proprio paese di origine perché non aveva i mezzi di sussistenza), riteneva che l’esigenza del migrante di voler migliorare la propria condizione personale di vita non consentisse di riconoscere la protezione umanitaria.
Ne’ era possibile ricavare profili di vulnerabilità all’esito di una valutazione della vita privata del migrante in Italia in comparazione con la situazione personale vissuta prima della partenza, tenuto conto da una parte della generica descrizione della situazione vissuta nel paese di provenienza offerta dal migrante, dall’altro dalla mancata dimostrazione del fatto che il K. si fosse attivato per cercare un’occupazione al di fuori dei progetti di formazione e lavoro.
3. Per la cassazione della sentenza di rigetto dell’appello, pubblicata in data 9 dicembre 2019, ha proposto ricorso K.Y. prospettando quattro motivi di doglianza.
Il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c. al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..
CONSIDERATO
che:
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, commi 3 e art. 5, e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, commi 2 e 3,: la Corte di merito, dopo essersi soffermata su un giudizio di inattendibilità delle dichiarazioni del migrante che non trovava alcuna giustificazione, dato che il Tribunale non aveva minimamente posto in dubbio le dichiarazioni del K., si sarebbe ritenuta esonerata dal dovere di cooperazione istruttoria, omettendo di assumere d’ufficio informazioni aggiornate sulle condizioni di un paese poverissimo, incapace di garantire il rispetto dei diritti fondamentali e dal quale i giovani fuggivano a causa della forte disoccupazione e dei cambiamenti climatici.
4.2 Il secondo motivo di ricorso prospetta la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, quale conseguenza della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, commi 3 e 5, e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, commi 2 e 3, in quanto la Corte di merito, malgrado l’appellante si fosse limitato a richiedere la protezione umanitaria, non poteva omettere di verificare se sussistessero i presupposti per accordare la protezione sussidiaria; l’omessa indagine sulla situazione di sicurezza esistente in ***** ha comportato – in tesi di parte ricorrente – la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c).
4.3 il terzo mezzo lamenta la violazione dell’art. 5, comma 6 T.U.I., in quanto la Corte di merito non ha tenuto conto, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, che il K. aveva lavorato già nel 2017 a tempo pressoché pieno ed era stato poi impiegato in maniera costante, ininterrottamente dal 2018.
4.4 Il quarto motivo sostiene che il giudizio di merito si sia svolto senza che la Corte distrettuale si preoccupasse di dare seguito al proprio dovere di cooperazione e indagine e di considerare elementi decisivi.
Questo deficit istruttorio avrebbe ingenerato una decisione sommaria fondata su una motivazione di carattere apparente, dato che il collegio di appello ha trascurato di acquisire agli atti e ponderare elementi decisivi ai fini di valutare nel merito la domanda del richiedente asilo.
5. La Corte d’appello ha espressamente dato conto che il richiedente asilo aveva circoscritto i motivi di doglianza alla sola misura della protezione umanitaria.
In funzione della valutazione di una simile forma di protezione il ricorso merita, ad avviso del Collegio, di essere esaminato dopo che le Sezioni Unite di questa Corte si saranno pronunciate sulla questione di massima di particolare importanza avente a oggetto la configurabilità del diritto alla protezione umanitaria – nella vigenza del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, ed in continuità con la collocazione nell’alveo dei diritti umani inviolabili ad esso attribuita dalla recente pronuncia n. 24159 del 2019 – quando sia stato allegato ed accertato il “radicamento” effettivo del cittadino straniero, fondato su decisivi indici di stabilità lavorativa e relazionale, la cui radicale modificazione, mediante il rimpatrio, possa ritenersi idonea a determinare una situazione di vulnerabilità dovuta alla compromissione del diritto alla vita privata e/o familiare ex art. 8 CEDU, sulla base di un giudizio prognostico degli effetti dello “sradicamento” che incentri la valutazione comparativa sulla condizione raggiunta dal richiedente nel paese di accoglienza, con attenuazione del rilievo delle condizioni del paese di origine non eziologicamente ad essa ricollegabili (Cass. Sez. 6-1, 11 dicembre 2020, n. 28316).
Si impone perciò il rinvio a nuovo ruolo, in attesa della suddetta decisione.
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo.
Così deciso in Roma, il 9 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2021