LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARRATO Aldo – Presidente –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rosanna – rel. Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14735-2017 proposto da:
S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO MIRABELLO, 14, presso lo studio dell’avvocato ALESSIA SANGIORGIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato VITTORIO SORCI;
– ricorrente –
contro
UNICREDIT LEASING SPA, IN PERSONA DEL SUO PROCURATORE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OVIDIO 20, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA DELFINI, rappresentata e difesa dall’avvocato GIAMBERTO D’AMATO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2588/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/04/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/02/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., S.A., titolare dell’omonima ditta individuale, convenne in giudizio la Locat s.pa. per chiedere l’adempimento del contratto di vendita, avente ad oggetto un’imbarcazione ed il pagamento del prezzo residuo, pari ad Euro 308.000,00, oltre interessi e maggior danno. Espose che la Ecologistics Rent s.p.a. aveva stipulato con la Locat s.p.a. un contratto di locazione finanziaria e che, al momento del rogito, la società di leasing aveva versato una parte del prezzo, mentre la restante parte era stata versata dalla società utilizzatrice attraverso due assegni bancari dell’importo complessivo di Euro 539.000,00. L’attore aveva messo all’incasso il primo assegno ed aveva appreso che il conto corrente era risultato estinto sicché non aveva incassato il secondo.
1.1. Si costituì l’Unicredit per resistere alla domanda.
1.1. La Corte d’appello di Roma confermò la sentenza di primo grado, che aveva rigettato la domanda, in quanto dal rogito dell’1.8.2008 risultava che la società venditrice aveva ricevuto l’intero prezzo e rilasciato quietanza; inoltre dalla nota di imputazione degli anticipi risultava che il S. aveva ricevuto un anticipo di Euro 539.000,00 da parte della Ecologistics Rent s.p.a., anch’esso munito di quietanza. Poiché la quietanza costituiva asseverazione dell’avvenuto pagamento, integrante una confessione stragiudiziale proveniente dal creditore, l’esistenza di un fatto estintivo poteva essere contestato per errore di fatto o violenza, nella specie non ravvisabile. Escluse, inoltre, la sussistenza di un rapporto di mandato con rappresentanza tra la Locat e l’Ecologistics Rent s.p.a., sicché la scrittura privata conclusa tra la S. e la Locat non era opponibile alla società di leasing.
Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso S.A. sulla base di sei motivi.
Ha resistito con controricorso l’Unicredit Leasing s.p.a., già Locat s.p.a.
In prossimità dell’udienza, il ricorrente ha depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non avere la Corte distrettuale ritenuto opponibile all’Unicredit la scrittura privata intercorsa in data 1.8.2008 tra la Ecologistics Rent s.p.a. e la S., rispettivamente utilizzatore e fornitore, in cui erano indicati le modalità di pagamento di una parte del prezzo, da effettuarsi a mezzo di due assegni bancari. Il ricorrente sostiene che, in virtù del rapporto di mandato con rappresentanza intercorrente tra l’utilizzatore e la società di leasing, operasse il meccanismo della contemplatio domini sicché sarebbe errata l’affermazione della Corte di merito secondo cui il contratto non aveva efficacia nei confronti dei terzi. Infatti, la Ecologistics Rent s.p.a., società utilizzatrice, avrebbe agito in nome e per conto della società di leasing, corrispondendo la somma di Euro 531.000,00 al fornitore. Il ricorrente, sulla base delle norme in tema di mandato, sostiene che il mandatario aveva l’obbligo di verificare se l’utilizzatore avesse la disponibilità della somma corrispondente all’ammontare degli assegni emessi, in applicazione dell’art. 1388 c.c..
2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, art. 36 e art. 2702 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto la società di leasing sarebbe stata obbligata a registrare le operazioni di importo pari o superiore a Euro 15.000,00, in adempimento degli obblighi derivanti dalla normativa antiriciclaggio. Se la società di leasing avesse adempiuto agli obblighi di legge -sostiene il ricorrente – avrebbe intercettato l’operazione sospetta relativa all’emissione dei due assegni da parte della società utilizzatrice, mandataria con rappresentanza della società di leasing.
3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto dall’interpretazione letterale della quietanza di compravendita e del contratto di leasing si evincerebbe che la quietanza non poteva avere valore di confessione in quanto le somme indicate negli assegni non sarebbero state incassate ma vi sarebbe stata soltanto la consegna dei titoli al fine di estinguere l’obbligazione. La quietanza non proverebbe quindi l’effettivo pagamento, essendo stati i titoli rilasciati pro solvendo, come risulterebbe dal testo contrattuale (“verranno corrisposte immediatamente dall’utilizzatore al fornitore in nome e per conto del cedente”). L’uso del futuro indicherebbe che il pagamento non era stato ancora effettuato e la “quietanza” avrebbe attestato unicamente la ricezione della prestazione con assegni bancari, sicché la confessione liberatoria non avrebbe potuto avere ad oggetto un fatto non ancora avvenuto.
4. Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1199,1324,1362,1363 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; il ricorrente contesta l’interpretazione del contratto fornita dal giudice di merito che non avrebbe tenuto conto del collegamento negoziale tra il contratto di vendita ed il contratto di locazione finanziaria. Il ricorrente evidenzia che l’utilizzo del futuro “Euro 539.900,00 verranno corrisposte immediatamente al fornitore in nome e per conto del concedente” impedirebbe la confessione di un fatto non ancora avvenuto. Vi sarebbe stata, pertanto, una violazione delle regole ermeneutiche perché il giudice di merito non avrebbe tenuto conto della valutazione complessiva delle clausole e del comportamento successivo delle parti.
5. Con il quinto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2732 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 perché la corte di merito non avrebbe ravvisato l’errore ostativo da parte del S. che, nel sottoscrivere quietanza liberatoria, avrebbe omesso di aggiungere la locuzione “salvo incasso” trattandosi di pagamento avvenuto con assegni; detto errore sarebbe riconoscibile perché gli assegni non sarebbero stati presentati all’incasso alla data di stipula del contratto.
6.Con il sesto motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omesso esame del giuramento decisorio deferito al legale rappresentante dell’UNICREDIT, sul quale la Corte di merito non si sarebbe pronunciata.
6.1. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.
6.1. In primo luogo non sussiste il vizio di nullità della sentenza per motivazione apparente.
6.2. Per effetto della riforma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” mentre è esclusa la rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cassazione civile sez. VI, 25/09/2018, n. 22598; Cass. Sez. 07/04/2014 n. 8053);
6.3.11 vizio di nullità è configurabile quando la sentenza è inidonea a raggiungere lo scopo, ovvero di spiegare le ragioni del decidere, il che avviene quando le argomentazioni sono svolte in modo talmente contraddittorio e con passaggi logici talmente incongrui da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum.
6.4. Nel caso di specie, la sentenza impugnata consente di comprendere l’iter logico-giuridico seguito dal giudice nella ricostruzione della vicenda contrattuale e delle ragioni poste a fondamento della soluzione giuridica.
6.5. La sentenza è anche conforme ai principi di diritto enunciati da questa Corte in materia di leasing finanziario.
6.6. E’ noto che con il termine leasing si intende fare riferimento ad una complessa operazione negoziale, inquadrata nell’ambito dei cc.dd. contratti d’impresa con causa di finanziamento e distinta, in prima battuta, in leasing operativo e leasing finanziario.
6.7. Quest’ultima tipologia, in particolare, è strutturata secondo uno schema negoziale che prevede la partecipazione di tre soggetti, ossia il concedente finanziatore, il fornitore e l’utilizzatore finale del bene.
6.8. L’utilizzatore, interessato a disporre nell’immediato di un determinato bene ma non volendone sostenere gli oneri dell’acquisto, incarica il concedente di provvedervi, previa indicazione del fornitore da cui approvvigionarsi e delle caratteristiche del bene da acquistare; il concedente, una volta perfezionato l’acquisto con il fornitore, cede in godimento all’utilizzatore il bene – di cui mantiene formalmente la proprietà – in cambio di un corrispettivo periodico pattiziamente stabilito, e con la previsione della facoltà per quest’ultimo di acquistarne la proprietà, alla scadenza del contratto, a fronte del versamento di un ulteriore importo.
6.9. Con il leasing finanziario, quindi, si attua un doppio trasferimento di beni finalizzato al soddisfacimento di due diverse esigenze: da un lato, la società di leasing che, in cambio della concessione del bene in godimento all’utilizzatore, incassa con cadenza regolare un corrispettivo (che consiste nel rimborso della somma anticipata maggiorata degli interessi e della remunerazione del capitale investito) e, conservandone la proprietà, si pone al riparo da eventuali insolvenze; dall’altro lato, l’utilizzatore che ha la possibilità di disporre immediatamente del bene desiderato e di riservare alla scadenza del contratto con il concedente la scelta se acquistarne o meno la proprietà (cd. opzione di riscatto).
6.10. Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, l’operazione di leasing finanziario postula un collegamento funzionale tra il contratto di vendita, stipulato tra il fornitore ed il concedente, e quello di leasing tra quest’ultimo e l’utilizzatore, e si realizza mediante clausole di interconnessione, inserite nel primo contratto, con cui si conviene che il bene è acquistato per essere ceduto in godimento all’utilizzatore e deve essere consegnato direttamente a quest’ultimo; in tale contesto, non assumendo il fornitore alcun impegno diretto nei confronti o a favore dell’utilizzatore, l’acquisto del bene rappresenta non solo un atto giuridico strumentale alla concessione in godimento, ma anche un evento che deve precedere l’attribuzione all’utilizzatore della detenzione autonoma qualificata della cosa, che deve necessariamente provenire dal concedente-proprietario perché si perfezioni il contratto di leasing; la consegna del bene all’utilizzatore costituisce, invece, per un verso adempimento dell’obbligazione di consegna del fornitore, e per altro verso esecuzione, da parte di quest’ultimo, di un incarico conferitogli dal concedente nell’interesse dell’utilizzatore, creditore del concedente in base al contratto di leasing e quindi da considerare adiectus solutionis causa rispetto al contratto di vendita (Cass. 16158/2007; 9417/2014).
6.11. Tale operazione, ricostruita in termini di collegamento negoziale tra il contratto di vendita (bilaterale tra concedente e fornitore) e il contratto di locazione (bilaterale tra concedente ed utilizzatore), non esclude che i due contratti in questione mantengano la propria autonomia, considerato che l’utilizzatore è terzo rispetto al contratto di vendita e il fornitore, a sua volta, è terzo rispetto al contratto di locazione.
6.12. Infatti, come affermato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 19785 del 2015, non ricorre, in tal caso, un collegamento negoziale in senso tecnico, ossia caratterizzato tanto dal requisito oggettivo del nesso eziologico tra i negozi, quanto dal requisito soggettivo del comune intento pratico delle parti.
6.13. Più precisamente, nell’ipotesi di leasing finanziario, i due contratti anzidetti sono sì legati da un nesso obiettivo, economico e teleologico, ma non dal nesso soggettivo: il fornitore, infatti, non si determina certo alla vendita in funzione della circostanza che il bene verrà concesso in locazione dal compratore/concedente all’utilizzatore/locatario. Ritiene, infatti, questa Corte nella sentenza citata che “…le circostanze che sia proprio l’utilizzatore a scegliere il fornitore, a trattare con lui ed a ricevere la consegna del bene e che il fornitore, a sua volta, sia consapevole che l’acquisto da parte del committente sia finalizzato alla locazione del bene in favore del terzo utilizzatore sono del tutto esterne rispetto alla struttura stessa dei contratti che si vanno a stipulare e non sono capaci di mutarne la causa di ciascuna…”; mancando, quindi, il collegamento negoziale in senso tecnico, deve escludersi che la patologia di un contratto comporti la patologia anche dell’altro.
6.14. Le Sezioni Unite, nella pronuncia sopra richiamata, hanno puntualizzato la “…separazione tra rischio finanziario e rischio operativo…” in attuazione della quale “…l’esecuzione del piano di ammortamento del credito è indipendente da qualsiasi contestazione concernente la qualità e la conformità della fornitura. Ciò significa che, in forza di queste clausole, l’utilizzatore non può sospendere il pagamento dei canoni, né ottenere la risoluzione del contratto di locazione…”.
6.15. Il contratto di acquisto di un bene, pur se stipulato in vista di una successiva concessione in locazione finanziaria ad un terzo, può essere annullato per vizio del consenso che abbia inciso sulla formazione della volontà dell’acquirente, che è legittimato a chiederne l’annullamento anche quando, come concedente, agisca nella veste di mandatario dell’utilizzatore, atteso che, da un lato,viene in rilievo, in ogni caso, un mandato “in rem propriam” e senza rappresentanza, mentre, dall’altro, presupposto del contratto di leasing è costituito dalla proprietà o dalla legittima disponibilità giuridica, in capo al concedente, del bene concesso in locazione, e, in tali operazioni, sussiste un collegamento funzionale tra vendita e locazione finanziaria tale da determinare una “diffusione”, dall’uno all’altro dei contratti, delle cause di nullità, annullamento e risoluzione (Cassazione civile sez. III, 20/02/2014, n. 4065).
6.16. Nel caso di specie, quindi, la società di leasing è terza rispetto all’accordo intercorso tra il fornitore e l’utilizzatore con scrittura privata dell’1.8.2008, in forza della quale l’Ecologistics Rent s.p.a. aveva corrisposto al S. due assegni bancari come anticipo del prezzo di vendita rimasti insoluti. Inoltre, la Locat s.p.a. non era nemmeno rappresentante della Ecologistics Rent s.p.a. sicché non opera la contemplatio domini.
6.17. Inoltre, come accertato dalla Corte di merito, la corresponsione degli assegni era corredata dalla dichiarazione confessoria contenuta nella quietanza, la cui interpretazione è affidata al giudice di merito, il quale, sulla base del tenore letterale dell’atto (pag.3 della sentenza) ha accertato che detta somma era stata ricevuta al momento della sottoscrizione del contratto.
6.18. Del resto, nell’ambito della propria autonomia contrattuale l’utilizzatore ed il fornitore potevano individuare le modalità di pagamento del prezzo o di una parte di esso mediante il versamento di due assegni da parte della società utilizzatrice ma a tale accordo era estranea la società di leasing.
6.19. Correttamente, la Corte di merito ha attribuito rilievo al valore confessorio della quietanza liberatoria rilasciata dal S..
6.20. Come affermato da questa Corte, la dichiarazione di quietanza indirizzata al debitore fa piena prova del ricevimento del pagamento, da cui consegue che, ove prodotta in giudizio, il creditore quietanzante non è ammesso a provare per testi che il pagamento non è avvenuto, potendo solo dimostrare che la quietanza è stata rilasciata nella convinzione, fondata su errore di fatto, che la dichiarazione confessoria corrispondesse al vero, ovvero a seguito di violenza (Cassazione civile sez. un., 22/09/2014, n. 19888; Cassazione civile sez. II, 29/09/2020, n. 20520).
6.21. L’errore, quale vizio del consenso idoneo ad incidere sul libero processo di formazione della volontà, per assumere rilevanza ai fini dell’annullamento contrattuale, deve essere dotato degli specifici requisiti normativamente tipizzati ex art. 1428 c.c. dell’essenzialità e della riconoscibilità.
6.22. La Corte di merito, con apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, ha escluso la sussistenza dell’errore poiché il contenuto del contratto corrispondeva alla comune, reale, volontà delle parti (ex multis Cassazione civile sez. III, 15/04/2011, n. 8745).
6.23. Ne consegue che il giuramento decisorio deferito al legale rappresentante dell’Unicredit con l’atto d’appello, sul quale la Corte non si è pronunciata, non aveva il carattere della decisorietà in quanto volto a provare il contenuto dell’accordo tra la Ecologistics Rent s.p.a., cui la società di leasing era estranea.
6.24. La formula del giuramento decisorio, infatti, deve essere tale che, a seguito della prestazione del giuramento stesso, altro non resta al giudice che verificare l'”an iuratum sit”, onde accogliere o respingere la domanda sul punto che ne ha formato oggetto. (Cassazione civile sez. I, 07/05/2014, n. 9831).
6.25. E’ inammissibile, perché dedotta per la prima volta in sede di legittimità, la questione relativa alla violazione delle norme antiriciclaggio, di cui al D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, art. 36; è parimenti inammissibile la questione della simulazione della quietanza perché prospettata per la prima volta nella memoria illustrativa.
6.26. Va ricordato che ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 20518/08).
7. Il ricorso va, pertanto rigettato.
7.1. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
8. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
PQM
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, Iva e cpa per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, il 4 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2021
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