LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24379-2015 proposto da:
G.C., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato CLAUDIO COMO;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI;
– controricorrente –
nonché contro MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;
– intimato –
avverso la sentenza n. 395/2015 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 09/04/2015 R.G.N. 74/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/03/2021 dal Consigliere Dott. CAVALLARO LUIGI.
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 9.4.2015, la Corte d’appello di Messina ha rigettato l’appello proposto dall’INPS avverso la pronuncia di primo grado, che aveva accolto la domanda di G.C. volta al riconoscimento dell’assegno mensile di assistenza con decorrenza da data successiva a quella della domanda amministrativa, e ha compensato per metà le spese del gravame;
che avverso tale pronuncia G.C. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;
che l’INPS ha resistito con controricorso, mentre il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per avere la Corte di merito disposto la compensazione parziale delle spese del gravame pur in assenza di soccombenza reciproca e/o di altre gravi ed eccezionali ragioni;
che, sul punto, i giudici territoriali hanno provveduto alla compensazione per metà delle spese del gravame limitandosi a richiamare “il regime già applicato dal primo giudice” (così la sentenza impugnata, pag. 3), senza altro aggiungere;
che tale motivazione non dà conto né di una soccombenza reciproca né di alcuna delle altre gravi ed eccezionali ragioni che, secondo l’art. 92 c.p.c., nel testo vigente pro tempore, potevano giustificare la compensazione in tutto o in parte delle spese del giudizio, atteso che, mentre il primo giudice aveva correttamente disposto in tal senso in relazione alla decorrenza riconosciuta alla prestazione per cui è causa (posteriore rispetto a quella rivendicata nel ricorso introduttivo del giudizio), il gravame è stato proposto esclusivamente dall’INPS, senza che l’odierna ricorrente abbia interposto appello incidentale per censurare la decisione di prime cure nel punto a lei sfavorevole;
che nemmeno può giustificarsi la compensazione in questione avendo riguardo all’esito complessivo del giudizio, per come sostenuto dall’INPS nel controricorso, atteso che, data l’infondatezza in specie dei motivi di gravame, si determinerebbe una sostanziale soccombenza della parte vittoriosa, con lesione dei suoi diritti di difesa (così già Cass. n. 18156 del 2016);
che, non essendosi i giudici di merito attenuti all’anzidetto principio di diritto, la sentenza impugnata va cassata in parte qua e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, liquidando le spese dell’appello dovute a parte ricorrente nella misura di Euro 3.777,00, pari al doppio dell’importo riconosciuto dai giudici territoriali in conseguenza dell’erronea decisione di disporne la parziale compensazione;
che l’INPS, soccombente, va condannato altresì alla rifusione delle spese del presente grado di legittimità, liquidate come da dispositivo in relazione all’esiguità del valore della lite e distratte in favore del difensore dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa in parte qua la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di appello in Euro 3.777,00. Condanna l’INPS a rifondere a parte ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge, e si distraggono in favore del difensore antistatario.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2021