Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.23922 del 03/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26151/2020 proposto da:

P.L., elettivamente domiciliato in Roma Via Muzio Clementi 51, presso lo studio dell’avvocato Santagata Valerio, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Urbinati Paola;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, *****;

– intimato –

avverso la sentenza n. 584/2020 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 07/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/05/2021 da Dott. DI MARZIO MAURO.

FATTO E DIRITTO

RILEVATO CHE:

1. – P.L. ricorre per quattro mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro la sentenza del 7 febbraio 2020, con cui la Corte d’appello di Bologna ha respinto l’appello avverso sentenza del locale Tribunale di rigetto della domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. – Non spiega difese l’amministrazione intimata, nessun rilievo potendosi riconoscere ad una comparsa di costituzione depositata per i fini dell’eventuale partecipazione alla discussione orale.

CONSIDERATO CHE:

3. – Il primo mezzo denuncia nullità della sentenza per errore in procedendo, violazione degli artt. 112 e 99 c.p.c., in relazione ai parametri di verifica dell’attendibilità delle dichiarazioni del richiedente ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 1 e 5.

Il secondo mezzo denuncia nullità della sentenza in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4 e dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, per motivazione apparente e contraddittoria sulla credibilità.

Il terzo mezzo denuncia violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in quanto la Corte non ha svolto una corretta e approfondita indagine sulla situazione del paese di origine, e perché la situazione del paese di origine è stata valutata sulla base di fonti non aggiornate.

Il quarto mezzo denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 32, comma 3, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, dell’omessa considerazione, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, della situazione del paese di origine in relazione al rispetto dei diritti primari ed al percorso di integrazione.

RITENUTO CHE:

4. – Il ricorso è inammissibile.

4.1. – E’ inammissibile il primo mezzo.

Secondo l’indirizzo prevalentemente accolto dalla giurisprudenza di questa Corte e condiviso dal collegio, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340). Come è stato ribadito, il giudizio sulla credibilità del racconto del richiedente, da effettuarsi in base ai parametri, meramente indicativi, forniti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, è sindacabile in sede di legittimità nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti – oltre che per motivazione assolutamente mancante, apparente o perplessa – spettando dunque al ricorrente allegare in modo non generico il fatto storico non valutato, il dato testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua decisività per la definizione della vertenza (Cass. 2 luglio 2020, n. 13578). Val quanto dire che, in caso di giudizio di non credibilità del richiedente, delle due l’una: o la motivazione è sotto la soglia del “minimo costituzionale”, o la motivazione c’e’, e allora non resta se non lamentare che il giudice di merito, nel formulare il giudizio di non credibilità, ha omesso di considerare un fatto, che era stato allegato e discusso, potenzialmente decisivo, per il fine della conferma della credibilità.

I criteri di giudizio elencati del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, sono insomma indicativi e non tassativi e vincolanti per il giudice di merito, sicché resta consentito reputare non credibile lo straniero che richieda protezione internazionale anche laddove il suo racconto soddisfi tutti i criteri suddetti e, tuttavia, il giudice ritenga con un apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – che l’inattendibilità sia dimostrata da altre diverse fonti di prova, ivi compreso il contegno processuale della parte, ai sensi dell’art. 116 c.p.c. (Cass. 16 dicembre 2020, n. 28782).

Nel caso in esame è dunque inammissibile il motivo spiegato “in quanto la valutazione della credibilità… è avvenuta tramite pochi singoli elementi di ciascun fatto esposto, rispetto al generale contesto narrativo, così omettendo la disamina dell’intera vicenda” (tale la prospettazione svolta a pagina 11 del ricorso).

4.2. – E’ inammissibile il secondo mezzo.

Il Tribunale prima e la Corte d’appello poi hanno ritenuto non credibile il racconto del richiedente per la sua contraddittorietà, avendo egli in un primo tempo dichiarato di non aver denunciato lo zio, che si sarebbe appropriato della sua eredità e lo avrebbe fatto picchiare, perché non aveva soldi per seguire una causa del genere, ed in un secondo tempo perché lo zio era talmente ricco e potente, da avere il controllo della polizia. Inoltre la Corte d’appello ha evidenziato che lo zio era erede del defunto padre del richiedente, secondo il diritto del luogo, e cioè neppure poteva ritenersi che si fosse appropriato dell’eredità di quest’ultimo.

Trattasi di motivazione plausibile, come tale eccedente la soglia del “minimo costituzionale”, e quindi non sindacabile in sede di legittimità (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053), tanto meno della prospettiva indicata nel motivo di ricorso, che richiede in realtà una complessiva rivalutazione, ovviamente impensabile dinanzi alla Corte di cassazione, degli elementi già considerati dal giudice di merito.

4.3. – Il terzo mezzo è inammissibile.

La Corte territoriale ha escluso la sussistenza della zona di provenienza del richiedente, l’Edo State, Nigeria, di una situazione riconducibile del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), sulla base di un rapporto EASO novembre 2018. Il richiedente sostiene che avrebbe dovuto invece utilizzare un rapporto della stessa fonte del febbraio 2019, dai quali non risulta però una situazione di conflitto armato generalizzato nei termini normativamente previsti, secondo il principio che segue: “In tema di protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), il conflitto armato interno, tale da comportare minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile, ricorre in situazioni in cui le forze armate governative di uno Stato si scontrino con uno o più gruppi armati antagonisti, o nelle quali due o più gruppi armati si contendano tra loro il controllo militare di un dato territorio, purché il conflitto ascenda ad un grado di violenza indiscriminata talmente intenso ed imperversante da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile rinviato nella regione di provenienza corra il rischio descritto nella norma per la sua sola presenza sul territorio, tenuto conto dell’impiego di metodi e tattiche di combattimento che incrementano il rischio per i civili, o direttamente mirano ai civili; della diffusione, tra le parti in conflitto, di tali metodi o tattiche; della generalizzazione o, invece, localizzazione del combattimento; del numero di civili uccisi, feriti, sfollati a causa del combattimento” (Cass. 2 marzo 2021, n. 5675).

4.4. – Il quarto mezzo è inammissibile.

Non è allegato alcun aspetto di vulnerabilità del richiedente, e neppure un qualcosa che possa anche approssimativamente assimilarsi ad una forma di integrazione in Italia, avendo l’interessato semplicemente dichiarato, come riferito dal ricorso stesso: “Sto imparando la lingua italiana come da attestazioni di frequenza che produco. A novembre farò un tirocinio in un supermercato per imparare a fare il magazziniere”. A pagina 23 del ricorso si fa riferimento anche a “svolgimento di attività lavorativa All. C doc. n. 15”, senza ulteriori precisazioni, ma manca al riguardo del requisito dell’autosufficienza, giacché non si sa di che lavoro si tratti, e non si sa neppure se la documentazione fosse stata sottoposta tempestivamente all’esame del giudice di merito.

5. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2021

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