LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 18639/2020 proposto da:
M.T., rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Lufrano, in virtù di delega in calce al ricorso per cassazione.
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato.
– resistente –
avverso la sentenza della Corte di appello di BOLOGNA n. 573/2020, pubblicata in data 7 febbraio 2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/05/2021 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.
RILEVATO
Che:
1. Con sentenza del 7 febbraio 2020, la Corte di appello di Bologna ha rigettato l’appello proposto da M.T., nato in *****, avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna del 20 luglio 2018, che aveva confermato il provvedimento di diniego della Commissione territoriale competente.
2. Il richiedente aveva riferito di avere lasciato il Pakistan per motivi politici perché il candidato che egli aveva sostenuto era stato ucciso dalla fazione opposta e lui e la sua famiglia erano stati accusati dell’omicidio; che si erano lamentati dei brogli elettorali commessi il giorno delle elezioni del 2008 con il parlamentare di riferimento ( A.I.A.), ma questi aveva mandato alcune persone armate e durante lo scontro era morta una persona e il parlamentare li aveva denunciati alla polizia.
3. La Corte di appello ha ritenuto che la narrazione dell’appellante non era credibile, anche sotto il profilo dell’identità e del paese di provenienza, e che egli non aveva compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; che i documenti presentati erano privi di valore probatorio e apparivano non genuini; i giudici di secondo grado hanno affermato che il difetto di credibilità comportava il rigetto delle domande riproposte dal richiedente, poiché la credibilità era il presupposto comune alle tre forme di protezione; che il richiedente, comunque, non versava in stato di vulnerabilità per ragioni oggettive, di salute o per condizione psico-fisica, né si ravvisavano concretamente e specificamente i seri motivi umanitari nella situazione personale dello straniero; che, anche ritenendo che il richiedente venisse dal Punjab, distretto di Guijrat, località dove si trovava la Questura ove sarebbe stata presentata la denuncia di omicidio, le fonti indicate, aggiornate al 2018, attestavano che la zona non era interessata da una situazione di violenza generalizzata e indiscriminata.
4. M.T. ricorre per la cassazione del decreto con atto affidato a due motivi.
5. L’Amministrazione intimata si è costituita al fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), perché la Corte di appello aveva escluso l’esistenza nel paese di provenienza di una situazione di violenza indiscussa e incontrollata, tenendo conto di fonti non aggiornate risalenti ad oltre due anni prima rispetto alla data di deposito del decreto impugnato.
1.1 Il motivo, riguardante specificamente la fattispecie di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, lett. c), è inammissibile, perché volto a sollecitare questa Corte ad una rivalutazione delle fonti informative per accreditare, in questo giudizio di legittimità, un diverso apprezzamento della situazione di pericolosità interna del Punjab, distretto di Guijrat, giudizio quest’ultimo inibito alla corte di legittimità ed invece rimesso alla cognizione esclusiva dei giudici del merito, la cui motivazione è stata articolata – sul punto qui in discussione – in modo adeguato e scevro da criticità argomentative, avendo specificato che nella zona di provenienza del richiedente (ove ritenuto credibile sul punto) non si assisteva ad un conflitto armato generalizzato, tale da integrare il pericolo di danno protetto dalla norma sopra ricordata.
1.2 Questo nel rispetto della disposizione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, che impone al giudice di verificare se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente e astrattamente sussumibile in una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, con accertamento aggiornato al momento della decisione (Cass., 11 dicembre 2020, n. 28349; Cass., 22 maggio 2019, n. 13897; Cass. 12 novembre 2018, n. 28990) e dell’onere del giudice di merito procedere, nel corso del procedimento finalizzato al riconoscimento della protezione internazionale, a tutti gli accertamenti officiosi finalizzati ad acclarare l’effettiva condizione del Paese di origine del richiedente, avendo poi cura di indicare esattamente, nel provvedimento conclusivo, le parti utilizzate ed il loro aggiornamento (Cass., 20 maggio 2020, n. 9230).
1.3 Ciò tuttavia, non può valere ad esonerare il ricorrente dall’onere di allegazione delle specifiche circostanze ritenute decisive ai fini del riconoscimento dell’invocata misura di protezione, con la conseguenza che il motivo di ricorso che mira a contrastare l’apprezzamento delle fonti condotto dal giudice di merito deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base la Corte territoriale ha deciso siano state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti (Cass., 18 febbraio 2020, n. 4037), onere non adempiuto nel caso in esame, dove il ricorrente ha citato una fonte pubblicata il 31 gennaio 2020, addirittura successiva alla decisione assunta dai giudici di secondo grado (22 novembre 2019) (pag. 6 del ricorso per cassazione).
1.4 Inoltre, il dovere di cooperazione istruttoria del giudice che consiste nell’obbligo di fondare la decisione su COI (Country of origin information) aggiornate, non implica, a pena di nullità, che si tratti di quelle più recenti, salvo che il richiedente deduca che da queste ultime emergano specifici elementi di accresciuta instabilità e pericolosità non considerati (Cass., 30 ottobre 2020, n. 23999).
2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non avendo la Corte fatto un apprezzamento giuridico diverso da quello riguardante le protezioni maggiori, con particolare riferimento al mancato rispetto dei diritti umani e all’instabilità politica.
2.1 Il motivo è inammissibile, non essendo stata censurata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento del mancato riconoscimento della protezione umanitaria.
2.2 Il ricorrente fonda, infatti, la propria domanda di permesso umanitario su circostanze che sono state ritenute non credibili dal giudice di merito con argomentazioni adeguate e non sindacabili in sede di legittimità (pagg. 6 – 9 del provvedimento impugnato).
2.3 Questa Corte, di recente, ha affermato che in tema di permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, se è pur vero che la valutazione in ordine alla sussistenza dei suoi presupposti deve essere il frutto di autonoma valutazione avente ad oggetto le condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti, tuttavia, la necessità dell’approfondimento da parte del giudice di merito non sussiste se, già esclusa la credibilità del richiedente, non siano state dedotte ragioni di vulnerabilità diverse da quelle dedotte per le protezioni maggiori (Cass., 24 dicembre 2020, n. 29624).
3. In conclusione, il ricorso, va dichiarato inammissibile.
Nulla sulle spese, poiché l’Amministrazione intimata non ha svolto difese.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2021