LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25509/2019 proposto da:
N.K., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S. CANSACCHI N. 11, presso studio dell’avvocato VALENTINA CAPORILLI, rappresentato e difeso dall’avvocato ERICA SCALCO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, IN PERSONA DEL MINISTRO PRO TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 25/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 28/01/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con decreto del 25.6.2019, il Tribunale di Roma rigettò il ricorso di N.K. avverso la decisione della Commissione Territoriale di Roma che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale nella forma del riconoscimento dello status di rifugiato, e, in subordine, della protezione sussidiaria e del diritto di rilascio di un permesso umanitario.
N.K., cittadino della Guinea, di etnia *****, aveva dichiarato innanzi alla Commissione Territoriale di aver lasciato il proprio paese in seguito alle minacce subite da parte del fratello della sua fidanzata, che si opponeva alle nozze della sorella poiché appartenente all’etnia *****; riferiva che sia il padre che il fratello della ragazza erano militari e temeva, in caso di rientro, di poter essere arrestato e torturato.
Il Tribunale, disposta l’audizione del ricorrente ed acquisita documentazione, rigettò la domanda poiché il racconto era vago e stereotipato e, in ogni caso estraneo alle ipotesi previste dalla Convenzione di Ginevra per il riconoscimento dello status di rifugiato. Non ritenne fondata la domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), poiché non sussisteva in Guinea una situazione di violenza generalizzata e non ravvisò specifiche condizioni di vulnerabilità, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Per la cassazione del citato decreto ha proposto ricorso di N.K. sulla base di quattro motivi.
Ha resistito con controricorso il Ministero dell’Interno.
Il Pubblico Ministero nella persona della Dott.ssa Francesca Ceroni ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver il Tribunale ritenuto la carenza di credibilità del richiedente senza fornire alcuna motivazione, sulla base di opinioni soggettivistiche.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere il Tribunale esaminato la richiesta di concessione della protezione sussidiaria sulla base di informazioni aggiornate in ordine alla situazione generale del paese di provenienza, con particolare riferimento agli scontri etnici tra ***** e ***** e sulla possibilità di contrarre matrimoni tra appartenenti ad etnie diverse.
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice di merito ritenuto che non sussistesse in Guinea una situazione di conflitto generalizzato senza fare riferimento alle fonti internazionali.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver rigettato la richiesta di protezione umanitaria senza tenere conto delle condizioni generali del paese di provenienza e della sua specifica condizione di vulnerabilità.
I motivi, che per la loro connessione, possono essere trattati congiuntamente sono fondati nei limiti di cui in motivazione.
La valutazione di credibilità o affidabilità del richiedente la protezione non è frutto di soggettivistiche opinioni del giudice di merito, ma il risultato di un procedimentalizzazione legale della decisione, la quale dev’essere svolta non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi, ma alla stregua dei criteri stabiliti nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5; verifica dell’effettuazione di ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; deduzione di un’idonea motivazione sull’assenza di riscontri oggettivi; non contraddittorietà delle dichiarazioni rispetto alla situazione del paese; presentazione tempestiva della domanda; attendibilità intrinseca. Inoltre, il giudice deve tenere conto “della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente”, con riguardo alla sua condizione sociale e all’età (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 3, lett. c), e acquisire le informazioni sul contesto socio-politico del paese di rientro, in correlazione con i motivi di persecuzione o i pericoli dedotti, sulla base delle fonti di informazione indicate nel D.Lgs. n. 25 del 2008, ed in mancanza, o ad integrazione di esse, mediante l’acquisizione di altri canali informativi (Cass. n. 16202/2012).
Si tratta, di conseguenza, di uno scrutinio fondato su parametri normativi tipizzati e non sostituibili che impongono una valutazione d’insieme della credibilità del cittadino straniero, fondata su un esame comparativo e complessivo degli elementi di affidabilità e di quelli critici.
Detta valutazione, se effettuata secondo i criteri previsti dà luogo ad un apprezzamento di fatto, riservato al giudice del merito, essendo altrimenti censurabile in sede di legittimità per la violazione delle relative disposizioni (Cassazione civile sez. 1, 09/07/2020, n. 14674; Cass. Civ. 3819/2020).
Nel caso di specie, il Tribunale non ha valutato la credibilità del ricorrente sulla base dei citati criteri, limitandosi a sostenere in modo apodittico che il racconto fosse vago e stereotipato, senza evidenziare quindi le ragioni sulle quali ha fondato l’assenza di credibilità.
La motivazione è apparente in quanto priva di qualunque riferimento alle ragioni che escludevano la credibilità intrinseca ed estrinseca, perché non ha specificamente evidenziato contraddizioni, discrasie e lacune del racconto e non ha fatto richiamo alle condizioni del paese di provenienza sulla base delle informazioni assunte da fonti generalizzate qualificate, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8.
Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, prevede espressamente che “ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo (…) sulla base dei dati forniti dall’UNHCR, dall’EASO, dal Ministero degli affari esteri anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale.
Pertanto, è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione e non limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo in tale ipotesi la pronuncia, ove impugnata, incorrere nel vizio di motivazione apparente (Cassazione civile sez. I, 03/07/2020, n. 13772; Cassazione civile sez. I, 30/06/2020, n. 13253; Cassazione civile sez. 20/05/2020, n. 9230).
Tale indagine è stata omessa in relazione a tutte le forme di protezione richieste essendo carente di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente, elaborate da fonti ufficiali (Cassazione civile sez. I, 03/07/2020, n. 13772; Cassazione civile sez. I, 30/06/2020, n. 13253; Cassazione civile sez. II, 20/05/2020, n. 9230).
La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi al Tribunale di Roma, in diversa composizione, che si uniformerà ai principio di diritto sopra enunciati.
Il giudice di rinvio provvederà alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi al Tribunale di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 28 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2021