LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22051/2019 proposto da:
M.N.R., rappresentato e difeso dall’avv. JESSICA GAMBERALE;
– ricorrente –
contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ROMA, IN PERSONA DEL PRESIDENTE PRO TEMPORE;
– intimata –
e contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, IN PERSONA DEL MINISTRO PRO TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 10/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 28/01/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca.
FATTI DI CAUSA
Con decreto del 10.6.7.2019, il Tribunale di Roma rigettò il ricorso di M.N.R. avverso la decisione della Commissione Territoriale di Roma di diniego della domanda di protezione internazionale nella forma del riconoscimento dello status di rifugiato, e, in subordine, della protezione sussidiaria e del diritto di rilascio di un permesso umanitario.
M.N.R., cittadino del Camerun, aveva dichiarato di aver lasciato il proprio paese per timore di vendetta da parte di esponenti del partito in carica RPDG, in seguito all’accusa di alto tradimento nei confronti del padre, per aver distratto delle somme in favore dell’altro partito; dopo tale episodio il padre era stato arrestato e la sorella era stata uccisa nel *****.
Il Tribunale, disposta l’audizione del ricorrente ed acquisita documentazione, rigettò tutte le domande.
Ritenne che difettasse la credibilità intrinseca, soprattutto in relazione alla condotta della sorella dopo l’arresto del padre, che, a suo dire, aveva continuato a lavorare per il partito nonostante la persecuzione in atto nei confronti della famiglia. La narrazione era, inoltre, lacunosa in ordine alle circostanza relative alla morte della sorella, nemmeno chiarite in sede di audizione giudiziale. Anche la circostanza che il ricorrente fosse rimasto sul posto per oltre un anno dall’accaduto e fosse fuggito senza indicare la fonte delle presunte ritorsioni a suo danno rendeva il racconto poco attendibile e lacunoso. Infine, era poco plausibile il contenuto delle fotografie, che ritraevano la sorella durante un’aggressione; dette fotografie erano state tardivamente prodotte in udienza ed il ricorrente non aveva spiegato come ne fosse entrato in possesso.
Sulla base delle informazioni relative al paese d’origine, il Tribunale escluse che in Camerun vi fosse una situazione di conflitto generalizzato e non ravvisò le condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, non essendo stati prospettati dal ricorrente profili di vulnerabilità legati a fragilità o alla situazione generale del paese di provenienza.
Per la cassazione del decreto ha proposto ricorso M.N.R. sulla base di quattro motivi.
Il Ministero dell’interno ha depositato un atto di costituzione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la “carenza di motivazione del decreto” sotto il profilo dell'”omessa giustificazione della mancanza di credibilità delle dichiarazioni rese dal ricorrente” perché le dichiarazioni sarebbero coerenti ed il giudice avrebbe dovuto valutarle considerando le prove documentali-segnatamente fotografie e filmati prodotti in giudizio- tenendo altresì conto delle condizioni del paese di provenienza.
2. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la superficiale valutazione, da parte del giudice di merito, della situazione politica del paese di provenienza, che sarebbe caratterizzata da un acceso scontro tra il governo centrale e le regioni anglofone. Se il Tribunale avesse esaminato i fatti narrati dal ricorrente sulla base delle informazioni sulle condizioni del Camerun avrebbe tratto elementi per giungere ad una valutazione positiva della sua credibilità.
3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio per non avere il Tribunale considerato, in relazione alla domanda subordinata di protezione umanitaria, la certificazione medica attestante che il ricorrente era affetto da ernia inguinale e che, per tale patologia, avrebbe subito un intervento chirurgico.
4. Nell’ambito del quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione della Convenzione di Ginevra del 28.7.1951, ratificata in Italia con la L. n. 722 del 1954, che avrebbe esteso il concetto di persecuzione non solo alla minaccia alla vita ed all’incolumità personale ma anche alle diverse forme di violazione dei diritti fondamentali. Il ricorrente reitera la doglianza relativa alla valutazione superficiale delle dichiarazioni del ricorrente, senza aver riguardo alle condizioni del paese di provenienza.
4.1. I motivi, che per la loro connessione, sono inammissibili.
4.2. Il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, disciplina il procedimento cui l’organo giudicante è tenuto ad attenersi al fine di valutare la credibilità del ricorrente nel caso in cui lo stesso non fornisca adeguato supporto probatorio alle circostanze poste a fondamento della domanda di protezione internazionale.
4.3. Tra i criteri di valutazione menzionati, la disposizione de qua contempla espressamente quello della coerenza e plausibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente la protezione internazionale.
4.4. Secondo il principio costantemente affermato da questa Corte, infatti, in materia di protezione internazionale, il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, verifica sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cassazione civile sez. I, 07/08/2019, n. 21142).
4.5.L’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati. La valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate (Cassazione civile sez. VI, 30/10/2018, n. 27503).
4.6. Nell’applicare i summenzionati parametri, il Tribunale, dopo aver disposto l’audizione del ricorrente, ha esaminato dettagliatamente le sue dichiarazioni, con particolare riferimento alle vicende che avevano interessato il padre e la sorella, unitamente alla documentazione fotografica prodotta in giudizio ed ha indicato le ragioni che rendevano il racconto privo di credibilità intrinseca, con riguardo all’inspiegabile continuazione dell’attività politica della sorella all’interno del partito dopo l’assassinio del padre, accusato di tradimento, ed alla sua permanenza nel paese dopo tali fatti. Il Tribunale, oltre a valutare l’assenza di coerenza interna del racconto, ha esaminato la documentazione fotografica prodotta, mettendo in evidenza aspetti di inverosimiglianza dei fatti documentati per le loro modalità di rappresentazione.
4.7. Alla luce di quanto esposto, risulta, quindi, che il Giudice di merito abbia fatto corretta applicazione degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, valorizzando, a tal fine, i criteri espressamente contemplati dell’inattendibilità del ricorrente e dell’incoerenza delle dichiarazioni rese dallo stesso.
4.8. Le critiche contenute nel ricorso mirano pertanto ad una diversa valutazione della credibilità del ricorrente, censurando in modo generico ed apodittico la superficialità dell’indagine da parte del Tribunale.
4.9. Inammissibile è la censura relativa all’assenza di indagine sulle condizioni del Camerun, che invece sono state esaminate dal giudice di merito, ai fini del rigetto della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).
4.10. Anche il motivo di ricorso avverso il mancato riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari è inammissibile.
4.11. L’accertamento della condizione di vulnerabilità avviene, in ossequio al consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Cass. civ., sez. I, 15/05/2019 n. 13088; Cass. cìv., sez. I, n. 4455 23/02/2018, Rv. 647298 – 01), alla stregua di una duplice valutazione, che tenga conto, da un lato, degli standards di tutela e rispetto dei diritti umani fondamentali nel Paese d’origine del richiedente e, dall’altro, del percorso di integrazione sociale da quest’ultimo intrapreso nel Paese di destinazione.
4.12. Il Tribunale, nel rigettare la domanda volta al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha ritenuto che le condizioni di salute non integrassero “seri motivi” di carattere umanitario, derivante dalla compromissione dei diritti umani fondamentali, presupposto indefettibile per il riconoscimento della misura citata (cfr. Cass. civ., sez. I, 15/01/2020, n. 625; Cass. civ., Sez. 6 – 1, n. 25075 del 2017).
5. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
5.1. Non deve provvedersi sulle spese, non avendo il Ministero svolto attività difensiva.
5.2.Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il mancato versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso, Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 28 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2021