LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7586/2016 proposto da:
Gama S.p.a. in Amministrazione Straordinaria, in persona dei commissari straordinari pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Bruno Buozzi n. 107, presso lo studio dell’avvocato Gambelli Roberta, rappresentata e difesa dagli avvocati Ceccon Roberto, Marinelli Marino, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ente Ospedaliero Ospedali Galliera, in persona del Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Marzio n. 1, presso lo studio dell’avvocato Vianello Luca, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati D’Angelo Angelo, Viotti Giacomo, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
Gama S.p.a. in Amministrazione Straordinaria, in persona dei commissari straordinari pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Bruno Buozzi n. 107, presso lo studio dell’avvocato Gambelli Roberta, rappresentata e difesa dagli avvocati Ceccon Roberto, Marinelli Marino, giusta procura in calce al ricorso principale;
– controricorrente al ricorso incidentale –
avverso la sentenza n. 218/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, pubblicata il 16/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/03/2021 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.
FATTI DI CAUSA
1. Gama s.p.a. in amministrazione controllata (di seguito per brevità Gama) chiedeva e otteneva il decreto ingiuntivo n. 3854/2004 nei confronti dell’Ente Ospedaliero Ospedali Galliera (di seguito per brevità Galliera) per il pagamento del corrispettivo di Euro 1.834.813,52 relativo al servizio di fornitura di pasti espletato nel periodo dal settembre 2002 all’agosto 2003 in forza di contratto di appalto di fornitura di servizi stipulato in data 8-3-2002. Avverso il citato decreto ingiuntivo il Galliera proponeva opposizione sostenendo di avere avviato, nel febbraio 2003, procedura per la risoluzione del contratto, in via di autotutela, per inadempimento della controparte e chiedeva, pertanto, accertarsi la legittimità della risoluzione e l’entità dei danni subiti, di cui chiedeva la compensazione con l’eventuale credito di Gama, fino alla concorrenza di quest’ultimo. La società opposta si costituiva in giudizio contestando la proponibilità della domanda di risoluzione e di accertamento dei danni, nonché l’operatività della compensazione. Nel corso del giudizio il Galliera sosteneva che la Gama non fosse più titolare dei crediti derivanti dal rapporto negoziale intercorso, per averli ceduti in massa ad una società di factoring.
2. Con sentenza in data 10/5/2010 il Tribunale di Genova accoglieva le domande riconvenzionali proposte dal Galliera di risoluzione del contratto e di risarcimento del danno, sia pure in misura inferiore alla pretesa. Accertava, inoltre, la parziale cessione del credito azionato in via monitoria e perciò revocava il decreto ingiuntivo, condannando il Galliera al pagamento del residuo credito in favore della Gama, pari a Euro 1.101.382,78 oltre accessori.
3. Con sentenza n. 218/2015 depositata il 16-2-2015 la Corte d’Appello di Genova, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha rigettato la pretesa di Gama s.p.a., azionata in via monitoria, ed ha dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale dell’Ente Ospedaliero Galliera. La Corte di merito ha affermato che: A) in via pregiudiziale, la domanda di risoluzione del contratto e di accertamento dei conseguenti danni proposta dal Galliera non era ammissibile perché, in virtù del disposto della L. Fall., art. 52, applicabile per espresso richiamo legislativo alla procedura di amministrazione controllata, è improponibile dal contraente in bonis, dopo il fallimento della controparte, una domanda di risoluzione del contratto, ancorché con riguardo a pregresso inadempimento, stante l’indisponibilità dei beni già acquisiti al fallimento, a tutela della par condicio; B) Gama aveva dichiarato di non volere impugnare la sentenza del Tribunale in punto rilevabilità d’ufficio dell’eccezione sollevata dal Galliera nel corso del giudizio di primo grado e relativa alla cessione dei crediti derivanti dall’appalto di servizi effettuata da Gama ad una società di factoring; C) l’accordo concluso da Gama con la società Merchant Leasing & Factoring s.p.a. concerneva tutti i crediti derivanti dall’esecuzione del contratto stipulato con l’Ente Ospedaliero Galliera, come desumibile senza incertezze dal testo dell’accordo, sia nella parte in cui era definito l’oggetto della cessione, sia nelle singole clausole concernenti la riscossione, le garanzie, la documentazione probatoria; il chiaro tenore testuale dell’accordo non era interpretabile nel senso indicato dal Tribunale, sia perché l’art. 2 del contratto di factoring si limitava a prevedere la comunicazione delle cessioni al debitore ceduto, sia perché non poteva attribuirsi rilevanza ad atti di significazione e intimazione di pagamento notificati al Galliera, in quanto successivi alla stipulazione dell’accordo di cessione, ossia attinenti alla fase esecutiva del rapporto – già precedentemente perfezionatosi – e quindi inidonei ad incidere sul contenuto dell’accordo e sui suoi effetti; D) neppure argomenti interpretativi a sostegno della cessione solo parziale dei crediti potevano trarsi dalla lettera della Banca MPS, incorporante la società di factoring, nella quale l’Istituto dichiarava di essere creditore degli importi delle fatture ivi elencate, oggetto di cessione, e di non opporsi “al pagamento a Gama s.p.a. in A.S. e/o a terzi di fatture diverse da quelle sopra descritte”; in particolare si trattava di dichiarazione ambigua, palesando una mera convinzione di Banca MPS di non essere cessionaria di tutti i crediti derivanti dal rapporto negoziale col Galliera, inidonea a costituire un decisivo paramento interpretativo della volontà dei contraenti a fronte dell’inequivoco tenore testuale della cessione, e, in ogni caso, di dichiarazione priva di valore negoziale di rinuncia, in favore di Gama, dei crediti ceduti ipotesi peraltro neppure prospettata dall’appellata -, dovendo la rinuncia essere inequivoca e specifica, mentre nel caso di specie la dichiarazione era generica, non essendo indicati i crediti oggetto dell’ipotetica rinuncia.
4. Avverso questa sentenza, la Gama propone ricorso affidato a tre motivi, a cui resiste con controricorso il Galliera, proponendo ricorso incidentale condizionato. La Gama ha depositato controricorso avverso il ricorso incidentale condizionato.
5. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis.1 c.p.c.. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso principale la Gama denuncia la “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 1362,1363,2727 e 2729 c.c., con riferimento alla parte della sentenza impugnata che si limita a considerare il solo contenuto letterale dell’accordo di cessione dei crediti del 4.06.2002 stipulato tra Gama S.p.A. e Merchant Leasing & Factoring S.p.A. e non tiene conto né della condotta delle parti successive alla stipula dell’atto di cessione dei crediti né della produzione documentale di Gama S.p.A. in A.S.”. Lamenta che la Corte d’appello abbia fatto esclusivo riferimento al contenuto dell’art. 1 dell’Atto di Cessione dei Crediti, mentre le parti avevano successivamente posto in essere delle condotte precise e documentate, tali da superare la previsione contrattuale di cui all’art. 1 dell’Atto di Cessione dei Crediti e conformarsi, di fatto, al contenuto dell’art. 2 del Contratto di Factoring. Deduce che nel caso di specie, come rilevato dal Tribunale, vi erano state cessioni di singoli crediti nascenti dal Contratto di Appalto (e non la cessione in massa di crediti) quali risultanti dalle fatture indicate nell’atto di significazione (cfr. doc. 32 Gama fascicolo I grado) notificato da Merchant Leasing & Factoring all’Ente Ospedaliero Galliera in data 12.6.2003, e le pretese relative a detti crediti non erano state, infatti, azionate monitariamente da Gama. La volontà delle parti si era tradotta, pertanto, nella cessione di singoli crediti (quelli appunto indicati nell’atto di significazione), e non nella cessione in massa di tutti i crediti vantati da Gama nei confronti del debitore Ospedale Galliera. Rileva che la dichiarazione di non opposizione del factor al pagamento a Gama di qualsiasi altra fattura diversa da quelle indicate nella comunicazione del 25.8.2008, come da doc. 8 prodotto, stava ad indicare in modo chiaro, da un lato, che il factor non era stato cessionario di alcun altro credito diverso da quelli indicati prima nell’atto di significazione e poi nella lettera di cui al citato doc. 8 e, dall’altro lato, che lo stesso factor non aveva alcun altra pretesa nei confronti dell’Ente Ospedaliero. Dunque, ad avviso della ricorrente principale, la Corte d’Appello ha errato nel ritenere “ambigua e comunque ininfluente” la dichiarazione del factor di cui alla lettera di data 25.08.2008, stante lo stretto collegamento tra la suddetta lettera e quanto risultante sia dagli atti negoziali, sia dalla condotta dalle parti, sia dagli atti giudiziari. Rimarca che le clausole del contratto devono interpretarsi le une per mezzo delle altre secondo il disposto dell’art. 1363 c.c., che il Contratto di Factoring e il successivo Atto di Cessione dei Crediti sono due atti funzionali l’uno all’altro e inquadrabili nella fattispecie dei contratti collegati e che la volontà delle parti avrebbe dovuto essere interpretata tenendo conto di entrambi gli atti negoziali. In particolare il contratto di Factoring prevedeva la cessione in massa di tutti i crediti futuri riferiti a ciascun debitore, ma anche singole cessioni relative a specifiche fatture, stabilendo che “il Fornitore, salvo diversi accordi, proporrà al Factor la cessione in massa di tutti i propri crediti nei confronti di ogni Debitore, ove si concordi di procedere con la cessione di ciascun singolo credito, il Fornitore proporrà tale cessione entro e non oltre 30 gg. dalla data di spedizione delle merci o prestazioni di servizi. Di ogni cessione accettata dal factor, salvo diversi accordi, sarà data comunicazione al Debitore a cura e spese del Fornitore, nelle forme più idonee, comunque indicate dal Factor. Il fornitore autorizza comunque sin d’ora il Factor ad effettuare egli stesso tale comunicazione al Debitore, sottoscrivendole in sua vece, il tutto con promessa di rato e valido.” Denuncia inoltre la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., in materia di presunzioni, per non avere la Corte di merito dato alcun rilievo alla lettera MPS del 25.08.2008, nel senso che i crediti ceduti al factor erano solo quelli di cui all’atto di significazione e, partendo da detti elementi noti, era dato desumere che ogni altro credito non oggetto dell’atto di significazione non era stato ceduto al factor.
2. Con il secondo motivo la Gama denuncia la “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per falsa/errata applicazione dell’art. 112 c.p.c., art. 113 c.p.c., comma 1, nella parte in cui la Corte d’Appello non ha pronunciato sulla eccepita inammissibilità ex art. 345 c.p.c., delle domande nuove formulate dall’Ente Ospedaliero”. Rileva che la Corte d’appello non si era pronunciata sulla eccepita inammissibilità ex art. 345 c.p.c., delle domande nuove formulate dall’Ente Ospedaliero, che non aveva mai chiesto in primo grado di accertarsi che nulla era dovuto alla Gama, riconoscendo, anzi, il Galliera il credito di quest’ultima, tanto da chiederne solo la compensazione con il controcredito azionato in via riconvenzionale. Ricorre, pertanto, ad avviso della ricorrente principale, la denunciata violazione dell’art. 112 c.p.c..
3. Con il terzo motivo denuncia la “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’applicazione dell’art. 112 c.p.c., art. 113 c.p.c., comma 1, nella parte in cui la Corte d’Appello respinge la domanda proposta da Gama sp.a. e dichiara inammissibile la domanda proposta dall’Edile Ospedaliero”. Lamenta l’incomprensibilità del dispositivo della sentenza impugnata, in quanto la Corte d’appello, da un lato, ha accolto tutte le domande svolte dalla convenuta appellata Gama con l’appello incidentale e, dall’altro, ha respinto la “domanda proposta da Gama” in via subordinata e dedotta solo nella denegata ipotesi di mancato accoglimento dell’appello incidentale (ossia quanto al pagamento della minor somma di Euro 1.104.382,78). Inoltre la Corte di merito, nel dichiarare inammissibile la domanda proposta dal Galliera, non ha considerato che l’Ente aveva formulato più di una domanda e più precisamente aveva chiesto: a) la conferma della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva dichiarato la risoluzione del contratto di appalto; b) l’accertamento che nulla era dovuto dal Galliera (contestata come domanda nuova e come tale inammissibile); c) la condanna di Gama a corrispondere la rivalutazione sulla somma di Euro 423.779,43 (contestata come domanda nuova e come tale inammissibile). Ad avviso di Gama, la dichiarata inammissibilità della domanda dell’Ente Ospedaliero da parte della Corte d’Appello rende incomprensibile il dispositivo della impugnata sentenza in quanto se la domanda formulata dall’appellante fosse stata dichiarata in toto inammissibile, nell’inammissibilità avrebbe dovuto comprendersi anche la domanda nuova e l’Ente Ospedaliero sarebbe tenuto a corrispondere a Gama l’intero credito preteso pari ad Euro 1.528.162,07, oltre accessori, come richiesto in via di appello incidentale da Gama. Ove, invece, dovesse ritenersi che l’inammissibilità abbia riguardato solo la domanda di conferma della sentenza di primo grado nella parte in cui ha accertato la risoluzione del Contratto di Appalto, permarrebbero l’omissione di pronuncia sull’eccepita inammissibilità ex art. 345 c.p.c., della domanda nuova dell’Ente e la totale incertezza sul capo di sentenza che disponeva il rigetto della domanda proposta da Gama.
4. Con unico motivo di ricorso incidentale condizionato, il Galliera si duole dell’erroneità della pronuncia di inammissibilità della domanda di accertamento della risoluzione del contratto, resa, secondo la prospettazione dell’Ente, in violazione della L. Fall., art. 52, in quanto il provvedimento di risoluzione del rapporto concessorio, disposto in autotutela, era intervenuto in data anteriore alla dichiarazione dello stato di insolvenza della Gama.
5. Il primo motivo del ricorso principale è in parte infondato e in parte inammissibile.
5.1. Secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità, nel giudizio di legittimità le censure relative all’interpretazione del contratto offerta dal giudice di merito possono essere prospettate solo in relazione al profilo della mancata osservanza dei criteri legali di ermeneutica contrattuale o della radicale inadeguatezza della motivazione, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, mentre la mera contrapposizione fra l’interpretazione proposta dal ricorrente e quella accolta dai giudici di merito non riveste alcuna utilità ai fini dell’annullamento della sentenza impugnata (Cass. n. 995/2021). Inoltre in tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo nell’ipotesi di violazione dei canoni legali d’interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e segg.. Ne consegue che il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai richiamati canoni legali (Cass. n. 27136/2017).
5.2. Nel caso di specie Gama ripropone la propria opzione interpretativa, senza specificamente confrontarsi, nel senso precisato, con quella accolta dalla Corte di merito, che ha compiutamente, in modo chiaro e coerente, esposto le ragioni del proprio convincimento, basato sul tenore letterale del contratto di cessione dei crediti, al quale ha dato prevalenza specificamente argomentando su ogni aspetto evidenziato da Gama per sostenere la tesi della parzialità della cessione (condotta successiva delle parti, atti di significazione, tenore della lettera del 2008, che non è stata ritenuta qualificabile come rinuncia alla cessione degli altri crediti, e quest’ultimo importante passaggio motivazionale della sentenza non è specificamente censurato da Gama). In particolare la Corte d’appello: i) ha valorizzato il chiaro e testuale tenore dell’accordo concluso da Gama con la società Merchant Leasing & Factoring s.p.a., concernente tutti i crediti derivanti dall’esecuzione del contratto stipulato con l’Ente Ospedaliero Galliera, come inequivocabilmente risultava sia nella parte in cui era definito l’oggetto della cessione, sia nelle singole clausole concernenti la riscossione, le garanzie, la documentazione probatoria; ii) ha precisato che il chiaro tenore testuale dell’accordo non era interpretabile nel senso indicato dal Tribunale, sia perché l’art. 2 del contratto di factoring si limitava a prevedere la comunicazione delle cessioni al debitore ceduto, sia perché non poteva attribuirsi rilevanza ad atti di significazione e intimazione di pagamento notificati al Galliera, in quanto atti successivi alla stipulazione dell’accordo di cessione, ossia attinenti alla fase esecutiva del rapporto – già precedentemente perfezionatosi – e quindi inidonei ad incidere sul contenuto dell’accordo e sui suoi effetti; iii) ha aggiunto che neppure argomenti interpretativi a sostegno della cessione solo parziale dei crediti potevano trarsi dalla lettera della Banca MPS, incorporante la società di factoring, nella quale l’Istituto dichiarava di essere creditore degli importi delle fatture ivi elencate, oggetto di cessione, e di non opporsi “al pagamento a Gama s.p.a. in A.S. e/o a terzi di fatture diverse da quelle sopra descritte”, e ciò in quanto si trattava di dichiarazione ambigua, espressione di una mera convinzione di Banca MPS di non essere cessionaria di tutti i crediti derivanti dal rapporto negoziale col Galliera, inidonea a costituire un decisivo paramento interpretativo della volontà dei contraenti a fronte dell’inequivoco tenore testuale della cessione, e, soprattutto, di dichiarazione priva di valore negoziale di rinuncia, a favore di Gama, dei crediti ceduti – ipotesi peraltro neppure prospettata dalla suddetta ultima parte -, dovendo la rinuncia essere inequivoca e specifica, mentre nel caso di specie la dichiarazione era generica, in assenza di puntuale indicazione dei crediti oggetto dell’ipotetica rinuncia.
A fronte di tale puntuale percorso argomentativo, per un verso è priva di fondamento la doglianza relativa all’inosservanza dei criteri legali di ermeneutica contrattuale, non ravvisandosi affatto sussistenti le violazioni di legge denunciate, e per altro verso la censura è inammissibile nella parte in cui, anche con riferimento alla lamentata erroneità di valutazione degli elementi probatori acquisiti, si risolve in una sostanziale richiesta di rivisitazione del merito, mediante la mera riproposizione di un’opzione interpretativa diversa da quella accolta, con motivazione più che adeguata, dai giudici di merito.
6. I motivi secondo e terzo, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione in quanto concernenti entrambi censure sull’individuazione dell’esatto contenuto del decisum, sono infondati.
6.1. Secondo il costante orientamento di questa Corte, non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte (cfr. tra le tante Cass. n. 20718/2018). Inoltre nell’ordinario giudizio di cognizione, l’esatto contenuto della sentenza va individuato non alla stregua del solo dispositivo, bensì integrando questo con la motivazione, nella parte in cui la medesima riveli l’effettiva volontà del giudice. Ne consegue che va ritenuta prevalente la parte del provvedimento maggiormente attendibile e capace di fornire una giustificazione del dictum giudiziale (Cass. n. 17910/2015 e Cass. n. 24600/2017).
6.2. La Corte di merito ha affermato che Gama aveva dichiarato di non volere impugnare la sentenza del Tribunale in punto rilevabilità d’ufficio dell’eccezione, sollevata dal Galliera nel corso del giudizio di primo grado, relativa alla cessione integrale, da parte di Gama, dei crediti relativi all’appalto di servizi oggetto del contendere ad una società di factoring. Pertanto era stata introdotta nel giudizio di primo grado in modo rituale, come definitivamente accertato nel giudizio di secondo grado stante l’assenza di appello sul punto da parte di Gama, la questione della cessione dei diritti di credito da parte di quest’ultima, ossia quella della mancanza di titolarità in capo a Gama dei diritti creditori azionati per inesistenza degli stessi, in ragione del fatto estintivo costituito dalla cessione di quei crediti al factor. In altri termini, si è formato il giudicato interno sulla tempestività dell’eccezione (rectius allegazione di fatto estintivo) sollevata dal Galliera circa l’avvenuta cessione dei crediti azionati da Gama, che ne aveva eccepito in primo grado la tardività, ma in appello aveva prestato acquiescenza alla statuizione resa sul punto del Tribunale, che aveva ritenuto trattarsi di eccezione rilevabile d’ufficio.
Ciò posto, l’eccezione di novità ex art. 345 c.p.c., della domanda dell’Ente, che chiedeva “accertarsi che nulla è dovuto” a Gama, è stata implicitamente rigettata dalla Corte d’appello, dato che detta implicita statuizione è inequivocabilmente sottesa all’esplicita statuizione di rigetto delle pretese creditorie di Gama. Nella memoria illustrativa la stessa Gama afferma che la cessione del credito si configura come fatto estintivo della pretesa di cui il giudice può valutare la portata, a prescindere dalla tempestività dell’allegazione, riconosce anche di aver fatto acquiescenza sul punto, ma assume che la domanda del Galliera sia nuova perché amplia il perimetro di indagine, che sarebbe più ampio, per effetto della domanda così come formulata (“accertarsi che nulla è dovuto”), richiamando la differenza tra eccezione riconvenzionale e domanda riconvenzionale (pag. 14 e ss. memoria Gama).
Non si è verificato, invece, alcun ampliamento del perimetro della domanda svolta dall’Ente, il quale, con la locuzione “accertarsi che nulla è dovuto”, non aveva affatto chiesto un provvedimento positivo che andasse oltre il rigetto della domanda monitoria di Gama. Come si è detto, quest’ultima, in base a quanto accertato in fatto dalla Corte di merito, non era titolare dei diritti di credito monitariamente azionati nei confronti del Galliera, per averli integralmente ceduti al factor, sicché la pretesa monitoria non poteva essere esercitata e nulla era dovuto a Gama dal Galliera in relazione a quei crediti (corrispettivi per il servizio di fornitura dei pasti espletato dal settembre 2002 all’agosto 2003).
Parimenti infondata è la doglianza di contraddittorietà ed incomprensibilità del dispositivo, atteso che l’esatto contenuto decisorio della sentenza impugnata risulta chiaramente individuabile integrando il dispositivo con la motivazione. In particolare è lineare, logico e pienamente comprensibile il percorso argomentativo espresso in motivazione dalla Corte di merito, che ha rigettato la domanda di Gama, una volta accertato che non era titolare dei crediti monitoriamente azionati per averli tutti ceduti alla società di factoring, ed ha dichiarato inammissibile, in virtù del disposto della L. Fall., art. 52, la domanda proposta dal Galliera, così riferendosi, all’evidenza, sia a quella di risoluzione del contratto di appalto sia a quella consequenziale di risarcimento del danno.
7. Resta assorbito il ricorso incidentale condizionato proposto dal Galliera.
8. In conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato, aassprbito l’incidentale, e le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).
PQM
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiarato assorbito quello incidentale, e condanna la ricorrente principale alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 15.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso spese generali ed accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 10 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2021