LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26930-2019 proposto da:
B.A.Z., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv.to DANIELA CONSOLI, presso il cui indirizzo PEC intende ricevere le comunicazioni;
– ricorrente –
nonché contro MINISTERO DELL’INTERNO, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso la sentenza n. 1998/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 07/08/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/04/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.
RILEVATO
CHE:
1. La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza pubblicata il 7 agosto 2019, respingeva il ricorso proposto da B.A.Z., cittadino del *****, avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Firenze aveva rigettato l’opposizione avverso la decisione della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che, a sua volta, aveva rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).
2. Il richiedente aveva raccontato di essere musulmano sunnita e di aver partecipato a una carovana di studenti e insegnanti partiti dal proprio villaggio per conoscere i luoghi religiosi del *****, vicino ***** e di essersi accorto, giunto a destinazione, che si trattava di un campo militare dove si incitava alla guerra santa e alla violenza facendo addestrare anche i bambini con le armi. Vista la sua opposizione a questo tipo di preghiera aveva chiesto di lasciare il campo ma gli era stato impedito ed era stato trattenuto e legato ed era riuscito a scappare fortunosamente; tornato a casa aveva ricevuto una visita minacciosa e allora era scappato definitivamente.
La Corte d’Appello reputava generica e non credibile la narrazione effettuata dal richiedente. Di conseguenza il collegio giudicante rigettava la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato. Del pari, doveva essere rigettata la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. a) e b), per la non verosimiglianza del racconto sui motivi dell’espatrio.
Il ***** non era soggetto una situazione di indiscriminata violenza derivante da un conflitto armato (come risultante dal sito *****) e i siti citati nell’appello non descrivevano una situazione riconducibile al conflitto armato.
Infine, quanto alla richiesta di concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari era meritevole di conferma la decisione del Tribunale secondo cui non si poteva considerare la integrazione successiva alla domanda.
3. B.A.Z. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi di ricorso.
4. Il Ministero dell’interno si è costituito tardivamente al solo fine di partecipare all’eventuale discussione.
CONSIDERATO
CHE:
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio per la mancanza assoluta della motivazione o per motivazione apparente ed incomprensibili riferimento alla valutazione di credibilità e attendibilità del richiedente; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio per la mancanza assoluta di motivazione in ordine al giudizio di non credibilità, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3, lett. b).
La censura attiene alla ritenuta non credibilità delle dichiarazioni del ricorrente sulla base di una motivazione apparente senza esame delle dichiarazioni in conformità con i criteri legali e senza soddisfare il dovere di cooperazione istruttoria. Il ricorrente richiama alcuni rapporti EASO che confermerebbero il racconto.
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli art. 1 della convenzione di Ginevra del 1951, art. 2, lett. e), e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 11 in ordine all’accertamento della condizione di rifugiato, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 8, comma 1, lett. d), in ordine alla corretta individuazione del motivo di persecuzione derivante dall’appartenenza ad un particolare gruppo sociale.
La Corte d’Appello non avrebbe indicato i motivi specifici per cui coloro che si sono sottratti al reclutamento forzato da parte di gruppi terroristici non possono costituire un gruppo socialmente riconoscibile a rischio persecuzione nel caso del ***** le fonti disponibili indicano come giovani studenti siano adescati e indottrinati forzatamente alla lotta terroristica e coloro che si rifiutano sono esposti al rischio di subire ritorsioni.
3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 2, lett. g), art. 3, art. 5, comma 1, lett. c) e art. 14 in ordine all’accertamento della condizione di beneficiario della protezione sussidiaria.
Il giudice d’appello non avrebbe indagato sulla situazione generale del ***** in particolare sulla capacità di offrire adeguata protezione alla popolazione civile. In particolare, il rapporto di Amnesty International 2017-2018 sottolinea la generale situazione di impunità del paese a causa dello stretto coinvolgimento delle autorità di polizia e sicurezza con i gruppi terroristici allo stesso modo il rapporto Easo 2017.
4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), in ordine all’accertamento della condizione di beneficiario della protezione sussidiaria. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 6, comma 1. Omesso esame circa un fatto decisivo con riferimento al contesto sociopolitico esistente nel paese di origine.
La Corte d’Appello di Firenze avrebbe omesso di valutare in modo adeguato e completo il contesto sociopolitico del paese di origine, assumendo in maniera parziale il contenuto di una sola fonte di informazione, omettendo di valutare le altre messe a disposizione dal ricorrente. Nel caso di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), la protezione dipende da una condizione oggettiva indipendentemente dalla situazione personale del richiedente.
5. Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, nel testo previgente la I.n. 132 del 2018, del combinato disposto del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, comma 1, e D.P.R. n. 394 del 1999, art. 28. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti riferimento al riconoscimento della situazione di una situazione di vulnerabilità del ricorrente. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 Cost., violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 14 Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Violazione dell’art. 3 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del Patto Internazionale sui diritti civili e politici e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.
La motivazione della Corte d’Appello di rigetto della protezione umanitaria è priva di fondamento in quanto il profilo del regime transitorio non comporta che l’accertamento sia cronologicamente limitato ai fatti e alle circostanze esistenti al momento dell’arrivo del richiedente e che gli avvenimenti successivi sono da considerarsi giuridicamente rilevante. Deve infatti verificarsi di integrazione sociale può essere successiva alla domanda.
6. I motivi di ricorso terzo e quarto, che possono essere esaminati congiuntamente stante la loro evidente connessione, sono fondati e il loro accoglimento determina l’assorbimento dei restanti.
Deve premettersi che la protezione sussidiaria, disciplinata dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), ha come presupposto la presenza, nel Paese di origine, di una minaccia grave e individuale alla persona, derivante da violenza indiscriminata in una situazione di conflitto armato, il cui accertamento, condotto d’ufficio dal giudice in adempimento dell’obbligo di cooperazione istruttoria, deve precedere, e non seguire, qualsiasi valutazione sulla credibilità del richiedente, salvo che il giudizio di non credibilità non riguardi le affermazioni circa lo Stato di provenienza le quali, ove risultassero false, renderebbero inutile tale accertamento” (Sez. 1, Ord. n. 14283 del 2019).
Inoltre costituisce indirizzo consolidato quello secondo il quale: “Nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicché il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente” (Sez. 1, Ord. n. 13897 del 2019).
Il giudice deve adempiere all’obbligo di cooperazione istruttoria officiosa allo scopo di escludere l’esistenza nel paese di origine del richiedente di una condizione di tensione interna derivante da conflitti armati di tale virulenza da esporre ad un danno grave la vita di chiunque per il solo fatto della presenza in quel luogo mediante fonti di conoscenza sul paese d’origine del richiedente figuranti tra quelle che, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3 possono essere prese in considerazione dalla Commissione Nazionale sul diritto di asilo allo scopo di elaborare le informazioni da mettere a disposizione delle Commissioni territoriali e dell’Autorità giudiziaria.
Nel caso di specie la Corte d’Appello di Firenze nel compiere il suddetto accertamento ha esaminato la situazione del ***** alla luce di una sola fonte costituita da un sito Internet denominato (*****). Il suddetto sito internet non rientra tra le fonti che, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, possono essere prese in considerazione e, pertanto, il provvedimento impugnato non è conforme ai principi sopra enunciati.
6.1 Si impone dunque in accoglimento del terzo e quarto motivo di ricorso la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione che dovrà esaminare la situazione del ***** alla luce di fonti qualificate e aggiornate D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, ex art. 8, comma 3.
7. L’accoglimento dei motivi terzo e quarto determina l’assorbimento dei restanti.
8. Il Giudice del rinvio deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo e quarto motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 1 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2021