Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.24058 del 06/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21004/2020 proposto da:

S.I.D., quale madre del minore S.I.F., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dagli avvocati Ferro Carolina, Borrelli Giorgio, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.C., quale tutore provvisorio del minore S.I.F., elettivamente domiciliata in Roma, Via Agostino Richelmy n. 38, presso lo studio dell’avvocato Di Salvo Antonio, rappresentata e difesa dall’avvocato Giacomardo Lucio, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione;

– intimato –

avverso la sentenza n. 68/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 03/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/06/2021 dal cons. Dott. IOFRIDA GIULIA.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 68/2020, depositata in data 3/6/2020, – in controversia concernente lo stato di adottabilità del minore S.I.F., nato a *****, riconosciuto dalla sola madre, S.I.D., – ha confermato la decisione di primo grado, che aveva dichiarato l’adottabilità del minore.

In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto che il gravame, ai limiti dell’inammissibilità, era comunque infondato, atteso che la sentenza di primo grado era fondata sulle risultanze della CTU, che aveva accertato l’incapacità genitoriale della periziata:

“a) comportamento trascurante ed abbandonico della stessa che aveva causato un deficit evolutivo del minore, il quale, al momento dell’ingresso in casa famiglia, ad un anno e mezzo di età, non era in grado di deambulare, di pronunciare alcuna parola e di utilizzare le mani con funzioni prensili; b) soggetto affetto da deficit cognitivo, disorientamento e stato depressivo, del tutto incapace di instaurare una valida relazione di accudimento ed educazione con il figlio e la prognosi negativa sulle possibilità di recupero, valutazioni del tutto condivisibili anche in relazione alla grave situazione di deprivazione affettiva e confusione dei ruoli della famiglia d’origine (in particolare quello di S.F., “bisnonno/nonno/padre”); in conclusione, a giudizio della Corte di merito, la madre “a tutt’oggi non è in grado di formulare una prospettiva concreta di vita autonoma con il figlio e continua a vivere in un contesto in cui sostanzialmente risulta deresponsabilizzata da ogni forma di impegno domestico e lavorativo, con una completa delega, per tutte le decisioni relative alla sua vita, al nonno, presunto abusante dei bis nipoti, cugini del piccolo F.”.

Avverso la suddetta pronuncia, S.I.D., in qualità di madre del minore S.I.F., propone ricorso per cassazione, notificato il 3/7/2020, affidato ad un motivo, nei confronti di Avv. C.C., in qualità di tutore provvisorio del minore S.I.F. (che resiste con controricorso, notificato il 10/9/2020), e del Procuratore generale presso la Corte d’appello di Napoli e presso la Corte Suprema di Cassazione. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 184 del 1983, artt. 1 e 8 e art. 8 CEDU, per avere la Corte di merito dichiarato lo stato di abbandono del minore in assenza dei presupposti di legge e dei dovuti accertamenti, rilevando che il giudizio si sia svolto con particolare rapidità (tra l’aprile 2019 ed il gennaio 2020, di deposito della sentenza di primo grado, all’esito di CTU), con conseguente mancata verifica di una possibilità di recupero della capacità genitoriale del genitore con opportuni interventi di sostegno, neppure tentata.

2. Il controricorrente eccepisce l’improcedibilità del ricorso per suo tardivo deposito (avvenuto il 28/7/2020) oltre il termine di venti gg. dalla data di notifica del ricorso, nella specie avvenuta il 3/7/2020.

3. L’eccezione di improcedibilità del ricorso, sollevata dal controricorrente è infondata, atteso che il ricorso è stato depositato (con spedizione del plico postale) il 28/7/2020, nel termine di venti gg dall’ultima notificazione del ricorso, avvenuta, quanto al Procuratore Generale della Corte Suprema di Cassazione (parte controinteressata, cfr. Cass. 8031/1991), il 10/7/2020.

4. L’unica censura è inammissibile.

Invero, il ricorso non si confronta con la complessiva motivazione della decisione impugnata, che ha fatto invece corretta applicazione dei principi di diritto affermati da questa Corte nella materia, limitandosi la ricorrente a dolersi del mancato rispetto della prioritaria esigenza dei figli di vivere con i genitori.

In generale, questa Corte ha costantemente ribadito che il giudice di merito, nell’accertare lo stato di adottabilità di un minore, deve in primo luogo esprimere una prognosi sull’effettiva ed attuale possibilità di recupero, attraverso un percorso di crescita e sviluppo, delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento, in primo luogo, alla elaborazione, da parte dei genitori, di un progetto, anche futuro, di assunzione diretta della responsabilità genitoriale, caratterizzata da cura, accudimento, coabitazione con il minore, ancorché con l’aiuto di parenti o di terzi, ed avvalendosi dell’intervento dei servizi territoriali (Cass. n. 14436/2017).

Il diritto del minore di crescere nell’ambito della propria famiglia d’origine, considerata l’ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico, è tutelato dalla L. n. 184 del 1983, art. 1, ragione questa per cui il giudice di merito deve, prioritariamente, tentare un intervento di sostegno diretto a rimuovere situazioni di difficoltà o disagio familiare e, solo quando, a seguito del fallimento del tentativo, risulti impossibile prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di vivere in uno stabile contesto familiare, è legittima la dichiarazione dello stato di adottabilità (Cass. 22589/2017; Cass. 6137/2015).

Da ultimo, questa Corte ha chiarito che “in tema di adozione di minori d’età, sussiste la situazione d’abbandono, non solo nei casi di rifiuto intenzionale dell’adempimento dei doveri genitoriali, ma anche qualora la situazione familiare sia tale da compromettere in modo grave e irreversibile un armonico sviluppo psico-fisico del bambino, considerato in concreto, ossia in relazione al suo vissuto, alle sue caratteristiche fisiche e psicologiche, alla sua età, al suo grado di sviluppo e alle sue potenzialità; ne consegue l’irrilevanza della mera espressione di volontà dei genitori di accudire il minore in assenza di concreti riscontri” (Cass. 4097/2018; conf. Cass. 26624/2018, in ordine alla irrilevanza della disponibilità, meramente dichiarata, a prendersi cura dei figli minori, che non si concretizzi in atti o comportamenti giudizialmente controllabili, tali da escludere la possibilità di un successivo abbandono).

Ora, il giudizio di malattia strutturata della madre e di conseguente inabilità al ruolo genitoriale è stato formulato non in maniera frettolosa, come adombrato, prima, in appello ed ora in ricorso per cassazione, ma attraverso una scrupolosa ed attenta consulenza tecnica, basata su ripetuti colloqui clinici ed esame delle relazioni ed interazioni madre-figlio nonché del contesto familiare di origine della stessa madre.

Inoltre, in difetto di violazione di legge, la valutazione delle risultanze delle prove, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili (Cass. 11511/2014). Le censure poste a fondamento del ricorso si risolvono nella sollecitazione di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito (Cass. 7972/2007; Cass. 25332/2014).

Anche in questa sede, la ricorrente si limita, del tutto genericamente, ad invocare la frettolosità della decisione di merito e la mancata adozione di interventi di sostegno, non confrontandosi con la complessiva valutazione espressa dalla Corte di merito, atteso che, a fronte della prognosi negativa in ordine ad un possibile recupero futuro delle capacità genitoriali, ogni intervento di supporto sarebbe non utilmente praticabile.

5. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso.

Ricorrono giusti motivi, considerate tutte le peculiarità della concreta vicenda, per compensare integralmente tra tutte le parti le spese processuali.

Essendo il procedimento esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Dichiara le spese del presente giudizio di legittimità integralmente compensate tra le parti.

Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2021

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