LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 30703/19 proposto da:
-) A.K., elettivamente domiciliato a Milano, via Lamarmora n. 42, presso l’avvocato Giacinto Corace, che lo difende in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
-) Ministero dell’Interno;
– resistente –
avverso il decreto del Tribunale di Milano 10 settembre 2019 n. 7217;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27 aprile 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.
FATTI DI CAUSA
1. A.K., cittadino *****, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:
(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;
(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;
(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).
A fondamento della domanda dedusse di avere lasciato il proprio Paese in quanto, avendo all’età di 17 anni generato tre figli con tre donne coniugate, temeva sia la vendetta dei rispettivi mariti, sia una condanna a morte che, “anche se non sancita da organi statali, è stabilita dalla norma religiosa” coranica.
La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.
2. Avverso tale provvedimento A.K. propose, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, ricorso dinanzi alla sezione specializzata, di cui al D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 1, comma 1, del Tribunale di Milano, che la rigettò con decreto 10.9.2019 n. 7217.
Il Tribunale ritenne che:
-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) non potessero essere concessi perché il racconto del richiedente era “del tutto inattendibile”;
-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) non potesse essere concessa, perché nel Paese di provenienza del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;
-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5 non potesse essere concessa in quanto il richiedente non era “persona vulnerabile”.
3. Tale decreto è stato impugnato per cassazione da A.K. con ricorso fondato su tre motivi.
Il Ministero dell’interno non ha notificato controricorso, ma solo chiesto di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato la sua domanda di protezione sussidiaria. Lamenta che il Tribunale non abbia accertato d’ufficio la capacità dello Stato di provenienza di tutelare l’odierno ricorrente dal rischio di persecuzioni.
1.1. Il motivo è infondato.
Il Tribunale, infatti, avendo reputato inattendibile il racconto del ricorrente, non aveva alcun obbligo di compiere accertamenti officiosi circa il livello di protezione offerto dagli organi statali ***** ai propri cittadini.
2. Il secondo ed il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente, perché pongono questioni tra loro connesse.
Con ambedue i suddetti motivi il ricorrente impugna il decreto del tribunale nella parte in cui ha rigettato la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta che il Tribunale non avrebbe approfondito, d’ufficio, la condizione di tutela dei diritti umani nel *****. Deduce che il Tribunale “si è limitato a fare un generico rinvio a quanto già esposto in punto di protezione internazionale. Rimando che, considerati i diversi presupposti che informano le due diverse forme di protezione previste dall’ordinamento nazionale, non è sufficiente a soddisfare la necessaria doverosa istruttoria sull’esistenza della possibilità di effettuare un rimpatrio in sicurezza”.
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta che il tribunale non avrebbe tenuto in debito conto la situazione di compromissione, al di sotto del nucleo irriducibile, della dignità umana nel paese di provenienza del richiedente.
2.1. Il secondo motivo è infondato con riferimento alla domanda di protezione sussidiaria, avendo il tribunale debitamente compiuto gli accertamenti necessari per i fini di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14.
Le censure sono invece fondate con riferimento alla domanda di protezione umanitaria, dal momento che il Tribunale ha trascurato di prendere in esame ex officio la sussistenza di condizioni oggettive di vulnerabilità, eventualmente derivanti dalla situazione di tutela dei diritti umani nel Paese di provenienza.
2.2. Giova ricordare a tal riguardo che le Sezioni Unite di questa Corte, chiamate a stabilire come debba interpretarsi la nozione di “vulnerabilità” che costituisce il fondamento del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (nella disciplina applicabile ratione temporis), hanno affermato che tale presupposto di fatto può ricorrere in due serie di ipotesi (Sez. U, Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062 – 02).
Giustifica il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, in primo luogo, la “vulnerabilità soggettiva”, e cioè quella dipendente dalle condizioni personali del richiedente (come nel caso, ad esempio, dei motivi di salute o di età).
Il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, tuttavia, può essere giustificato anche dalla “vulnerabilità oggettiva”: e cioè quella dipendente dalle condizioni del paese di provenienza del richiedente.
Sussiste, in particolare, una condizione di vulnerabilità oggettiva quando nel paese di provenienza del richiedente protezione sia a questi impedito l’esercizio dei diritti fondamentali della persona. Impedimento che non necessariamente deve essere di diritto, ma può essere anche soltanto di fatto.
2.3. Da ciò discende che la sussistenza delle condizioni di vulnerabilità oggettiva deve essere accertata d’ufficio, ricorrendo a fonti di informazione attendibili ed aggiornate sul paese di provenienza del richiedente (a meno che, ovviamente, il giudizio di inattendibilità non investa addirittura la provenienza stessa del richiedente).
2.4. Nel caso di specie, il Tribunale non si è attenuto a questi principi ormai consolidati nella giurisprudenza di legittimità.
Infatti il Tribunale ha correttamente accertato ex officio se in ***** sussista una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, ma altrettanto non ha fatto al fine di accertare se i diritti inviolabili della persona siano o non siano, nel paese di provenienza del richiedente, gravemente compromessi in modo intollerabile.
2.5. Il decreto va dunque cassato con rinvio al Tribunale di Milano, in differente composizione, il quale tornerà ad esaminare la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari indagando ex officio sulla esistenza o meno, in *****, di una grave compromissione dei diritti umani fondamentali, ed avvalendosi a tal fine di fonti attendibili ed aggiornate, con riferimento specifico alla persona ed alle condizioni del richiedente.
3. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
PQM
(-) rigetta il primo motivo di ricorso;
(-) accoglie il secondo del terzo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione motivi accolti e rinvia la causa al Tribunale di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 27 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2021