LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 31198/19 proposto da:
-) E.C., elettivamente domiciliato a Milano, via Fontana n. 3, presso l’avvocato Giuseppina Marciano, che lo difende in virtù
di procura speciale apposta in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
-) Ministero dell’Interno;
– resistente –
avverso il decreto del Tribunale di Milano 21 settembre 2019 n. 7563;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27 aprile 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.
FATTI DI CAUSA
1. E.C., cittadino *****, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:
(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;
(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;
(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).
A fondamento della domanda dedusse di avere lasciato il proprio Paese per sfuggire alle persecuzioni degli adepti ad una setta, i quali pretendevano che egli prendesse il posto all’interno di essa in precedenza occupato dal proprio defunto padre.
La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.
2. Avverso tale provvedimento E.C. propose, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, ricorso dinanzi alla sezione specializzata, di cui al D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 1, comma 1, del Tribunale di Milano, che la rigettò con decreto 21.9.2019 n. 7563.
Il Tribunale ritenne che:
-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) non potessero essere concessi perché il racconto del richiedente era inattendibile;
-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) non potesse essere concessa, perché nel Paese di provenienza del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;
-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5 non potesse essere concessa in quanto il richiedente non era “persona vulnerabile”.
3. Tale decreto è stato impugnato per cassazione da E.C. con ricorso fondato su tre motivi.
Il Ministero dell’interno non ha notificato controricorso, ma solo chiesto di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, formalmente richiamando l’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 14 e 35 bis.
Allega che il procedimento di primo grado e il decreto che lo ha concluso sarebbero nulli perché il Tribunale, nonostante l’assenza della videoregistrazione del colloquio reso dal richiedente dinanzi alla commissione territoriale, non ha proceduto ad una nuova audizione del richiedente asilo.
1.1. Il motivo è inammissibile alla luce del principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui “nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile” (Sez. 1 -, Sentenza n. 21584 del 07/10/2020, Rv. 658982 – 01).
Nel caso di specie, in violazione dei suddetti oneri, il ricorso non contiene alcuna delle indicazioni appena elencate.
2. Col secondo motivo il ricorrente prospetta il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo, nonché di motivazione contraddittoria.
Nella illustrazione del motivo, al di là di tale intitolazione, si sostiene che il Tribunale avrebbe errato nel ritenere insussistente in ***** una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato.
2.1. Il motivo è manifestamente infondato.
Il Tribunale ha escluso la sussistenza in ***** di una situazione di violenza indiscriminata citando fonti attendibili ed aggiornate, non validamente confutate dal ricorrente.
3. Col terzo motivo il ricorrente prospetta il vizio di omesso esame di un fatto decisivo.
Il motivo censura il rigetto della domanda di protezione umanitaria.
Nella illustrazione del motivo si sostiene che il Tribunale “ha omesso di comparare la situazione individuale del richiedente con quella vissuta prima della partenza e cui si troverebbe esposto in conseguenza del rimpatrio”. L’illustrazione si conclude affermando che comunque il Tribunale ha violato il dovere di cooperazione istruttoria officiosa.
2.1. Va premesso che deve ritenersi un ininfluente lapsus calami l’affermazione, a pagina 11 del decreto impugnato, secondo cui il ricorrente (cittadino *****) avrebbe ancora la propria famiglia “in Cina”. Tale svista infatti non incide sul contenuto della decisione e non ne rende oscuro il significato.
2.2. Il decreto, tuttavia, contiene effettivamente l’errore denunciato dal ricorrente.
A pagina 10, ultimo capoverso, infatti, il Tribunale nega la sussistenza di condizioni oggettive di vulnerabilità del richiedente, affermando che in ***** non esiste una compromissione delle libertà democratiche sulla base degli elementi “già compiutamente analizzati in precedenza”.
Gli elementi “già compiutamente analizzati in precedenza”, tuttavia, sono rappresentati da due report dai quali il Tribunale ha tratto la conclusione della insussistenza in ***** di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato.
Da essi, tuttavia, quale che fosse l’effettivo contenuto, il Tribunale non ha tratto alcuna informazione, che sia stata esposta in motivazione, concernente la tutela dei diritti umani.
2.3. Ciò posto in punto di fatto, rileva il Collegio che le Sezioni Unite di questa Corte, chiamate a stabilire come debba interpretarsi la nozione di “vulnerabilità” che costituisce il fondamento del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (nella disciplina applicabile ratione temporis), hanno affermato che tale presupposto di fatto può ricorrere in due serie di ipotesi (Sez. U, Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062 – 02).
Giustifica il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, in primo luogo, la “vulnerabilità soggettiva”, e cioè quella dipendente dalle condizioni personali del richiedente (come nel caso, ad esempio, dei motivi di salute o di età).
Il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, tuttavia, può essere giustificato anche dalla “vulnerabilità oggettiva”: e cioè quella dipendente dalle condizioni del paese di provenienza del richiedente.
Sussiste, in particolare, una condizione di vulnerabilità oggettiva quando nel paese di provenienza del richiedente protezione sia a questi impedito l’esercizio dei diritti fondamentali della persona. Impedimento che non necessariamente deve essere di diritto, ma può essere anche soltanto di fatto.
2.4. Da ciò discende che anche la sussistenza delle condizioni di vulnerabilità oggettiva deve essere accertata d’ufficio, ricorrendo a fonti di informazione attendibili ed aggiornate sul paese di provenienza del richiedente: a meno che, ovviamente, il giudizio di inattendibilità non investa addirittura la provenienza stessa del richiedente.
2.5. Nel caso di specie, il Tribunale non si è attenuto a questi principi ormai consolidati nella giurisprudenza di legittimità.
Infatti il Tribunale ha correttamente accertato ex officio se in ***** sussista una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, ma altrettanto non ha fatto al fine di accertare se i diritti inviolabili della persona siano o non siano, nel paese di provenienza del richiedente, gravemente compromessi in modo intollerabile.
2.6. Il decreto va dunque cassato con rinvio al Tribunale di Milano, in differente composizione, il quale tornerà ad esaminare la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari indagando ex officio sulla esistenza o meno, in *****, di una grave compromissione dei diritti umani fondamentali, ed avvalendosi a tal fine di fonti attendibili ed aggiornate, con riferimento specifico alla persona ed alle condizioni del richiedente.
3. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
PQM
(-) rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso;
(-) accoglie il terzo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 27 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2021