LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20601/2012 R.G. proposto da:
Interni 70 s.a.s. di D.B.S. & C., D.B.S., V.E.C., tutti rappresentati e difesi dall’Avv. *****, presso il cui studio eleggono domicilio in Catania via Verona n. 612, giusta mandato in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 162/18/2011, depositata il 13 giugno 2011.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 dicembre 2019 dal Consigliere Marco Dinapoli.
FATTI DI CAUSA
Interni 70 s.a.s. di D.B.S. & C., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, impugnava in primo grado l’avviso di accertamento n. R3802A301726 emesso dall’Agenzia delle entrate di Catania, con cui venivano recuperate a tassazione maggiori imposte per l’anno 2002 accertate con metodo induttivo in base alla differenza fra le rimanenze finali al 31.12.2001 e quelle iniziali al 1.1.2012, presumendosi che la differenza fosse stata venduta “in nero” con la stessa percentuale di ricarico del 13% applicata dalla società l’anno precedente.
La Commissione tributaria provinciale di Catania accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo all’8 % la percentuale di ricarico e rigettando nel resto (sent. n. 597/12/2007). Appellava la contribuente.
La Commissione tributaria regionale della Sicilia rigettava l’appello con sentenza n. 162/18/11 depositata 13.6.2011.
Ricorrono per cassazione la società ed i due soci con 5 motivi e chiedono cassarsi la sentenza impugnata con ogni conseguente statuizione, anche in ordine alle spese.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso e chiede respingersi il ricorso avverso perché inammissibile e infondato; spese rifuse.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Parte convenuta ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità del ricorso avverso perché la società è stata cancellata dal registro delle imprese e conseguentemente gli organi sociali hanno perso il potere di rappresentarla in giudizio.
2.- L’eccezione è infondata. Infatti, trattandosi di società di persone, i rapporti obbligatori ad essa facenti capo si trasferiscono ai soci, i quali pertanto sono legittimati ad agire in proprio, nella duplice veste di coobbligati in solido e di successori ex lege della società (Cass., sez. un. 6070/13; Cass. 28 dicembre 2017, n. 31037).
3.- Il primo motivo di ricorso denunzia il vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, consistente nell’omesso esame dei vizi logici dell’accertamento evidenziati nel ricorso.
4.- Il motivo è inammissibile per mancanza di specificità; infatti non indica quali sono i vizi logici dell’accertamento, né specifica i modi ed i tempi con cui detti vizi siano stati denunziati nel giudizio di merito, inoltre non allega copia degli atti processuali in cui la questione è stata proposta, né li trascrive nella parte ritenuta rilevante, per cui il ricorso non possiede l’autonomia indispensabile per consentire alla Corte, senza il sussidio di altre fonti, l’immediata e pronta individuazione delle questioni proposte.
5.- Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per errata applicazione della presunzione di vendita a nero, che sarebbe impossibile a verificarsi in un solo giorno (il 1 gennaio) data la continuità contabile fra le scritture di fine anno e quelle di inizio del nuovo anno.
6.- Il motivo è inammissibile perché non contesta una violazione di legge ma formula una mera congettura in fatto.
7. Il terzo motivo denunzia il vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perché la sentenza, ritenendo corretta l’applicazione della percentuale di ricarico indicata dal primo giudice, ha contraddittoriamente richiamato la giurisprudenza della Corte sulla insufficienza di semplici indizi a fondare tale decisione e non ha tenuto conto delle peculiarità del caso concreto.
8.- Il motivo è inammissibile per difetto di specificità; indica infatti solo genericamente quale sia il punto decisivo che assume non essere stato valutato dal giudice a quo, senza precisare le modalità di tempo e di luogo della sua prospettazione in corso di causa; infine solleva una questione di fatto improponibile in questa sede, in quanto richiede una rivisitazione del materiale probatorio acquisito al processo; ad ogni modo, si trattava di un induttivo “puro”, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, con presunzione a favore dell’ufficio, per cui la prova contraria era a carico del contribuente.
9.- Il quarto motivo denunzia violazione dell’art. 113 c.p.c. e nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perché il giudice a quo avrebbe valutato equitativamente la percentuale di ricarico applicabile, fuori dei casi consentiti dalla legge.
10.- Il motivo è inammissibile per mancanza di interesse a proporlo, trattandosi di una decisione favorevole al contribuente. Infatti il giudice di primo grado ha ridotto dal 13% all’8% la percentuale di ricarico contestata nell’avviso di accertamento impugnato, mentre il giudice di appello si è limitato a confermare questa decisione; in realtà non c’e’ stato alcun giudizio equitativo, nessuna equità sostitutiva, bensì una valutazione estimativa, peraltro poggiata su un accertamento induttivo “puro” (Cass. 4442/10) I ricorrenti, per altro, non specificano se la questione fosse stata già proposta in sede di appello fra le censure avverso la sentenza di primo grado, violando in tal modo anche l’obbligo di completezza e di autosufficienza del ricorso.
11.- Il quinto motivo di ricorso denunzia violazione dell’art. 115 c.p.c., per mancata applicazione del principio di non contestazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – nullità della sentenza che non avrebbe ritenuto provata perché non contestata l’affermazione difensiva che le merci non rinvenute in magazzino erano state smaltite in discarica.
12.- Anche questo motivo è inammissibile per mancanza di specificità perché non precisa se la questione sia stata già proposta nel giudizio di merito, con quali atti processuali ed in quali termini, ed inoltre non specifica per quali motivi di fatto e di diritto dalla presunta violazione lamentata deriverebbe la nullità della sentenza.
13.- In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato, con aggravio per i soccombenti delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 4.100 (quattromilacento) oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 18 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2021
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