LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6024/2013 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
Autodistribuzione s.r.l. unipersonale, cancellata dal registro delle imprese, in persona del già liquidatore, amministratore e socio unico B.G.;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto n. 65/21/2012, depositata il 9 luglio 2012.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 dicembre 2019 dal Consigliere Marco Dinapoli.
FATTI DI CAUSA
B.G., già liquidatore della Autodistribuzione s.r.l. unipersonale, impugnava in primo grado l’avviso di accertamento n. *****, notificatogli presso il suo domicilio, con cui venivano recuperate a tassazione per l’anno di imposta 2004 le imposte Irpeg, Irap, Iva, oltre sanzioni, trattandosi a detta dell’Amministrazione finanziaria di società fittizia creata dal B. (insieme ad altre analoghe) per realizzare frodi intracomunitarie (c.d. “frode carosello”).
La Commissione tributaria provinciale di Verona accoglieva il ricorso (con sentenza n. 12/03/2011) ritenendo la notifica dell’avviso di accertamento inesistente perché al momento la società era estinta e cancellata dal registro delle imprese. Appellava l’Agenzia delle entrate.
La Commissione tributaria regionale del Veneto respingeva l’appello affermando che la società era estinta anche in presenza di crediti insoddisfatti e che l’atto impositivo avrebbe potuto essere notificato alla società estinta presso l’ultima sede entro un anno dall’estinzione ai sensi dell’art. 2495 c.c., comma 2, mentre nel caso in esame era stato notificato ben oltre tale termine. Aggiungeva poi che i soci o i liquidatori di una società estinta possono ricorrere contro l’atto impositivo perché l’estinzione non fa venire meno il loro potere di rappresentanza.
Ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate con 4 motivi.
L’intimato non si costituisce in giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il primo motivo di ricorso denunzia nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per ultrapetizione perché la sentenza impugnata ha ritenuto che l’avviso fosse intestato alla società estinta, mentre invece era intestato al B., ed era stato allo stesso notificato presso il suo domicilio.
2.- Il secondo motivo denunzia violazione dell’art. 2495 c.p.c., comma 2 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) che prevede che la notifica possa essere effettuata entro l’anno presso la sede legale della società estinta, ma non esclude che, scaduto il termine, la notifica possa essere fatta presso altro luogo, come avvenuto nel caso in esame.
3.- Il terzo motivo denunzia violazione degli artt. 81 e 100 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) perché ove la società fosse estinta, e l’atto impositivo ad essa diretto, il ricorrente sarebbe privo di legittimazione e di interesse ad agire;
4.- Il quarto motivo denunzia contraddittorietà della motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perché se la società era estinta il B. non avrebbe avuto legittimazione processuale a ricorrere nel suo interesse, non avendone più la rappresentanza, ma solo in proprio.
5.- Rileva preliminarmente la Corte che, in applicazione del principio della “ragione più liquida” desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. (Cass. Sez. U. 8 maggio 2014 n. 9936; Cass. 18 novembre 2016 n. 23531; Cass. 17 marzo 2015 n. 5264) sia opportuno privilegiare la trattazione delle questioni di più agevole soluzione, idonee a definire il giudizio, nel caso di specie quelle proposte con il terzo motivo di ricorso.
6.- Il motivo è fondato. Erroneamente e contraddittoriamente la sentenza impugnata ha ritenuto che, pur essendo estinta la società, permanesse il potere di rappresentarla in capo all’ex liquidatore, legittimato perciò ad impugnare in primo grado l’avviso di accertamento. Al contrario, in conformità al consolidato orientamento di questa Corte, la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della sua capacità processuale ed il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicché eliminandosi ogni possibilità di prosecuzione dell’azione, consegue l’annullamento senza rinvio, ex art. 382 c.p.c., della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, ricorrendo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito (Cass. n. 16546 del 20 giugno 2019; Cass. n. 21125 del 24/8/2018), trattandosi di impugnazione improponibile ed essendo l’inesistenza del ricorrente rilevabile anche d’ufficio (Cass. n. 5736 del 23/3/2016; Cass. n. 20252 del 9/10/2015).
6.1- Nel caso in esame l’avviso di accertamento originario (prodotto in copia in questa sede) era intestato alla società, nei cui confronti gli accertatori affermavano di “aver proceduto al controllo della posizione fiscale di Autodistribuzione s.r.l. unipersonale in liquidazione”; le sentenze di merito sono state rese nei confronti della società, ed anche il ricorso per cassazione è stato proposto nei confronti della società. D’altro canto, è pacifico in causa che l’avviso di accertamento originario fu notificato successivamente alla estinzione della società, per cui questa, in applicazione dei principi di diritto di cui sopra, aveva perso la capacità processuale e, conseguentemente, l’ex liquidatore aveva perso il potere di rappresentanza.
6.2- Ricorre pertanto nella fattispecie un vizio insanabile del ricorso originario, che avrebbe dovuto essere rilevato nel giudizio di merito, e che è rilevabile d’ufficio in questa sede, preliminarmente rispetto agli altri motivi di ricorso, con conseguente cassazione senza rinvio della sentenza impugnata, e senza pronunzia sulle spese processuali, poiché la parte intimata non ha resistito nel presente giudizio.
PQM
La Corte accoglie il ricorso e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 18 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2021
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